Omelia (18-11-2012)
padre Paul Devreux


Marco scrive questo capitolo in un momento di grande sofferenza per tutti, per via di guerre, persecuzioni e calamità, per cui i cristiani sono sconcertati e si domandano il senso di tutte queste sofferenze. Qualcuno si sta già allontanando.

Marco desidera rincuorarli. Scrive con il linguaggio apocalittico, che per i contemporanei era chiarissimo e non enigmatico come sembrerebbe a noi.

Ricorda che Gesù diceva che dopo le tribolazioni, o dolori, come dice nel testo che precede questo, il sole si oscurerà, etc...; significa che le divinità pagane cadranno, tutti vedranno che sono falsi dei. Ci sono momenti di dolore, purtroppo, prima di arrivare a questo, ma sono come i dolori del parto, che sono preludio ad una nuova nascita e una grande gioia, quella di vedere venire il Signore.

Egli manderà i suoi angeli, cioè i suoi discepoli più fedeli, per radunare i suoi eletti. Oggi succede uguale; siamo sconvolti dalla crisi, dalle calamità, da guerre infinite, ma il Signore ci chiama qui a pregare, e ognuno di noi è invitato a sollecitare i fratelli smarriti a tornare a pregare perché si riaccenda in loro il lumicino della speranza e la capacità di vedere i segni di una rinascita, come può essere semplicemente l'assemblea domenicale, che è un miracolo della provvidenza.

Vedendo questi segni possiamo dire che il Signore è vicino, alle porte.