Omelia (18-11-2012)
padre Ermes Ronchi
Il tesoro di bontà del nostro tempo

Un Vangelo sulla crisi e contemporanea­mente sulla speran­za, che non profetizza la fi­ne del mondo, ma il signifi­cato del mondo.
La prima verità è che il mon­do è fragile: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo...
Non solo il sole, la luna, le stelle, ma anche le istituzio­ni, la società, l'economia, la famiglia e la nostra stessa vi­ta sono molto fragili.
Ma la seconda verità è che ogni giorno c'è un mondo che muore, ma ogni giorno c'è un mondo che nasce. Ca­dono molti punti di riferi­mento, vecchie cose vanno in frantumi: costumi, lin­guaggi, comportamenti, ma ci sono anche sentori di nuove primavere. La spe­ranza ha l'immagine della prima fogliolina di fico: Dal­la pianta di fico imparate: quando spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina.
Allora dentro la fragilità drammatica della storia possiamo intuire come le doglie di un parto, come il passaggio dall'inverno alla primavera, come un uscire dalla notte alla luce. Ben vengano certe scosse di pri­mavera a smantellare ciò che merita di essere cancel­lato.
Quanto morir perché la vita nasca (Clemente Rebo­ra). Ma dopo si tratta di ri­costruire, facendo leva su due punti di forza.
Il primo: quando vedrete ac­cadere queste cose sappiate che Egli è vicino, il Signore è alle porte. La nostra forza è che «Dio non ha chiuso il suo cuore e la sua strada passa ancora sul nostro ma­re d'Esodo, mare inquieto, mare profondo, anche se non ne vediamo le orme» (Salmo 77,20). A noi spetta assecondare la sua creazio­ne. Come una nave che non è in ansia per la rotta, per­ché ha su di sè il suo Vento di vita.
Il secondo punto di forza è la nostra stessa fragilità. Per la sua fragilità l'uomo cerca appoggi, cerca legami e a­more. Io sono tanto fragile da aver sempre bisogno de­gli altri. Ed è appoggiando una fragilità sull'altra che so­steniamo il mondo.
Dio è dentro la nostra ricer­ca di legami, viene attraver­so le persone che amiamo. «Ogni carne è intrisa d'ani­ma e umida di Dio» (Bastai­re). I nostri familiari sono il linguaggio di Dio, la sua quotidiana catechesi, il toc­co della sua presenza, sa­cramento della sua grazia.
Il profeta Daniele allarga la visione: «Uomini giusti e santi salgono nella casa del­le luci, dove risplenderanno come stelle», vicino a me, lontano da me, da mille luo­ghi salgono nella casa della luce: sono coloro che indu­cono me e tutto il mondo a essere più giusto, più libero e santo.
Sono come stelle, sono mol­ti. Guardiamo a loro, per non sprecare i giusti del nostro mondo, per non dissipare il tesoro di bontà del nostro tempo, quel tesoro che ger­mina anche, come fogliolina di primavera, in ciascuna delle nostre case.