L'eternità della sua parola
"Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!" (Mc 13,31).
Questa domenica la Parola di Dio ci offre l'opportunità di guardare al Cristo come a Colui che è l'eterna Verità, la persona su cui si può fondare tutta l'esistenza.
Molte volte queste parole di Gesù sono state usate per incutere paura, per mettere le persone in uno stato di ansietà, per presentare un Dio che verrà per distruggere e condannare.
Il messaggio cristiano invece è speranza, confidenza, sicurezza in un Dio che si è messo dalla parte dell'umanità e che lotta per liberare i suoi figli da ogni genere di male affinché realizzino la loro vocazione: essere felici.
Questa è la vocazione del genere umano: creati perché potessero assaporare nel tempo la pienezza dell'essere divino che è gioia, e divenire causa di felicità per ogni persona.
Per questo il Figlio di Dio divenne parte della nostra natura umana, per questo Gesù Cristo verrà di nuovo, per darci la possibilità di essere pienamente gli eredi del suo essere felicità senza fine.
I suoi eletti saranno radunati dai quattro venti, dalle estremità della terra e del cielo, per poter ricevere il dono che egli portò con il suo divenire uno di noi: la vita sovrabbondante di gioia.
È bello sapere che Dio è dalla nostra parte, che gli elementi negativi da noi prodotti in questo mondo non l'avranno vinta.
Il sinodo dei vescovi, appena concluso, ha riflettuto sulla Nuova Evangelizzazione, sul come riproporre all'umanità del nostro tempo l'eterna Parola di salvezza.
Ci sono state molte proposte, tantissime strategie sono state elaborate, molti hanno cercato di essere innovatori mentre altri hanno tentato di restare fermi su vecchi metodi e passate esperienze.
A volte si dimentica che l'elemento portante dell'evangelizzazione è la Parola che non passerà, la Rivelazione di Dio che ci è stata offerta in maniera umana nella Scrittura e nella Tradizione, quella Parola che ha rispettato il nostro modo di concepire e descrivere le nostre esperienze di gioia e di dolore, di fatica e di speranza.
La Parola è diventata carne, ed è quella carne che deve essere il centro da cui partire per poter accostare il genere umano per farlo innamorare di Dio.
La sua Parola è diventata "noi", nostra carne tangibile, vedente, urlante, odorante, gustante, intuitiva; è divenuta sensitività umana.
La sua Parola non passerà perché il "noi" di Dio e il "noi" dell'umanità si sono uniti in una eternità d'amore che nulla potrà vincere.
Andando in Cina nel 1989 cercai di portare con me tante idee e tante cose da fare e da dire. La carnalità del popolo cinese mi insegnò a dimenticarmi per far posto alla Parola incarnata in quella terra, la sola capace di far sgorgare l'essere uscito dal cuore di Dio.
Non sono state molte le parole che ho dovuto usare per poter parlare di Cristo venuto nella nostra carne a parlarci dell'amore che il Padre ha per ogni persona, mi è bastato toccare la carne dell'umanità perché essa conoscesse la Parola che rende felici.
Credere è lasciarsi parlare, è ascoltare con amore, è trasmettere quello che si è sentito col cuore, è lasciare che la carne di Dio diventi eternità della nostra vita.
La promessa contenuta nelle parole del Vangelo di Marco di questa domenica deve divenire la forza e il coraggio che ci spingono ai confini della terra e del cielo perché tutti sappiano dell'amore venuto nella carne perché l'umanità sperimentasse la sua eternità.
Il filosofo e paleontologo p. Teilhard de Chardin ci ha insegnato che "noi siamo esseri divini che fanno un'esperienza umana e non essere umani che fanno un'esperienza divina". Questa è la verità insegnatoci dal Figlio di Dio venuto nella nostra esistenza perché noi ci rendessimo conto di essere fatti per l'eternità.
Gridare al mondo questa Verità deve divenire la missione della nostra vita.
Il commento al Vangelo di Marco 13,24-32 è di p.Ciro Biondi, missionario del PIME in Papua Nuova Guinea.
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