Omelia (25-11-2012)
mons. Antonio Riboldi
Un potere che si fa dono

La Chiesa chiude l'anno liturgico con la Solennità di Cristo Re. La storia della salvezza inizia con la venuta e presenza tra di noi del Figlio di Dio. sappiamo tutti che, dopo il peccato originale, l'uomo aveva escluso se stesso dalla partecipazione alla vita stessa di Dio. Con la scelta libera di voler 'essere come Dio' - tragico atto di superbia, istigato da satana, l'angelo ribelle; l'uomo si era privato del bene supremo, per se stesso e la propria eterna realizzazione: essere figlio del Padre, vivere a stretto contatto con Lui e poter un giorno ritornare alla Casa della sua origine.
Un assurdo atto di superbia, di pura arroganza, quello dell'uomo creatura, che si ribella al suo Creatore: una superbia che ancora oggi serpeggia - è proprio il termine giusto - in tanti, che antepongono se stessi, misere e limitate creature, al nostro Dio e Padre, negando anche la profonda nostalgia di infinito ed eterno che ci abita, come 'traccia' indelebile del nostro essere stati creati, non per la materia, ma per vivere nello Spirito, poiché: "fatti a Sua immagine e somiglianza".
Questo mondo terreno e questa vita limitata dal tempo e dallo spazio non possono essere la nostra Casa definitiva. Lo vogliamo o no, tutti sentiamo la nostalgia di una felicità piena, che solo l'Infinito e l'Eterno, Dio, possono donarci: è questo il nostro vero DNA!
Dall'errore iniziale passò un lungo tempo di attesa e di preparazione alla riconciliazione, voluta dal Padre, con l'umanità, con ciascuno di noi. È la storia narrata nel Vecchio Testamento.
Fino alla venuta del Figlio prediletto, tanto amato, l'Unico, che, facendosi uno di noi, assumendo tutto della nostra umanità, anche il peccato - causa della separazione - poteva annullarne le conseguenze - il dolore e la stessa morte - donando totalmente Se stesso, soffrendo e morendo sulla croce, per poi risorgere, perché anche noi potessimo 'rinascere a vita nuova'.
Durante l'anno liturgico la Chiesa, non solo ricorda, ma rinnova la storia di quegli anni di Gesù tra noi, fino al momento in cui, con la Risurrezione, ha spalancato per noi il Cielo, divenendo davvero il nostro Signore e Re. Ora sappiamo che Dio è Padre, Gesù il nostro Salvatore e Re e noi figli e fratelli, chiamati, dopo il Battesimo, a costruirci quella storia di santità, che ci dà diritto al Cielo.
Da qui la solennità della Regalità di Gesù, che la Chiesa oggi celebra.
È dunque giusto chiederci se la nostra vita è davvero un cammino verso il Cielo o non è spesso quasi un vagabondare senza meta. Davvero Gesù è il Re e Signore della nostra vita o, più per ignoranza, forse, che per cattiveria, percorriamo altre vie, che non portano al Regno di Dio?
Abbastanza facilmente ci definiamo cristiani, ma la nostra vita è davvero un camminare seriamente e consapevolmente sulle orme di Cristo, seguendo il Suo esempio di vita, vivendo in comunione di sentimenti con Lui, operando sotto l'azione del Suo Spirito, o non rischia di essere spesso solo una formalità esteriore?
La Solennità di Cristo Re, il ripensare alla storia di Gesù tra noi, ci aiuta a riflettere e correggere, se necessario, l'orientamento della nostra esistenza. Gesù, Figlio di Dio, fatto uomo, pare quasi abbia scelto i momenti più drammatici della sua vita, per affermare le grandi verità del Cielo, così da escludere ogni possibilità di ombre o ambiguità nella loro comprensione da parte nostra.
Davanti a Pilato, che aveva il potere di giudicare e condannare Gesù, si deve difendere da una precisa accusa, che sicuramente agli occhi del governatore della Palestina doveva apparire grottesca: 'Tu dici di essere il re dei giude '. Era mai possibile essere re senza un territorio, senza potere né uomini né armi? Ben altro era Pilato, che rappresentava l'Impero Romano, pronto a mostrare la sua forza, che non guardava troppo per il sottile i diritti degli uomini, altro era Gesù, davanti a Pilato, solo, vilipeso da tutti, abbandonato anche dai suoi discepoli, impauriti e nascosti, dei 'poveracci' diremmo noi oggi: Gesù, con la sola forza di Figlio di un Dio, alieno da ogni esercizio di potenza umana, di violenza e sopruso, un Dio 'che ama il diritto e la giustizia... che consola gli orfani e le vedove... pieno di misericordia verso tutti gli uomin '.
La potenza di Dio, in Gesù, era ed è, anche oggi, l'Amore, unica ragione della sua presenza tra di noi.
E Gesù, sapendo di essere - come uomo e come Dio-Amore - totalmente nelle mani del mostruoso potere umano, avendolo liberamente accettato con la logica provvidenziale dell'Amore, che si fa dono, fino a donare la vita, essendo venuto tra di noi per farsi vittima agli occhi del Padre, per riscattare noi dalla colpa, all'accusa risponde con la disarmante chiarezza che è la caratteristica del suo essere la Verità: 'Tu lo dici: io sono re'. Davvero un Amore infinito e fedele che dovrebbe commuoverci e attrarci, ma che troppe volte dimentichiamo.
Contempliamo l'incontro di Gesù e Pilato nel Vangelo di Giovanni: "In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù Cristo: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». (Gv 18,33b-37)
Davvero due modi contrapposti di esercitare la regalità e il potere: il primo, di Pilato, del mondo, non è un servizio, ma solo l'affermazione di una supremazia, come se gli uomini fossero 'cosé e non meravigliosi figli del Padre; quello di Gesù, che, a differenza di noi, in quanto Figlio di Dio, il potere su di noi 'potrebbe' davvero esercitarlo, poiché 'da Lui, in Lui e per Lui noi siamo creat " sceglie invece 'il potere' dell'Amore che si fa dono per salvarci.
La regalità di Gesù non si impone, la si può anche rifiutare, anche se il nostro rifiuto è come oscurare il Sole, mettendoci le mani davanti agli occhi, come a voler dimostrare che non esiste la luce!
La regalità di Gesù altro non è che il Suo Amore per ciascuno di noi, un desiderio intenso di farci partecipare ai Suoi beni.
Da parte nostra non dovrebbe esserci che un fiducioso 'sì', un gioioso 'grazie', abbandonandoci tra le sue braccia, a volte distesi con Lui sulla croce, ma che è sempre riposare in un Dio che ci ama in totalità. Per questo è davvero bello fare festa oggi, celebrando la Regalità di Gesù: è sapere che siamo nelle sue mani e nel suo Cuore. E' un grandissimo dono sapere di appartenere a Gesù, nostro Dio e Signore ed è gioia profonda poter dire, nella fede certa: Gesù è il Re della mia vita.
Preghiamo che davvero Egli regni su di noi, a dispetto dei tanti Pilato, che continuano a pensare che il potere è quello che esercitano loro, senza rispetto della dignità altrui e perdendo anche la propria. Fermiamoci ancora un attimo a riflettere e pregare con le parole di Paolo VI.
"Ricordiamo... Cristo non è lontano nei secoli e nei luoghi propri della sua apparizione storica; Cristo è venuto nel mondo per vivere la sorte dell'intera umanità, per assorbire in sé quanto di umano possiede la stirpe di Adamo, all'infuori, s'intende, della macchia originata dal primo fallo; è venuto per riflettere ed emanare da sé sul mondo, quanto di umano e di divino egli ha destinato a nostro conforto, a nostro esempio, a nostra luce, a nostra salvezza. Cristo è vicino, Cristo è presente, Cristo è nostro, se lo sappiamo capire ed accogliere... Ma anche sappiamo che egli, il Viandante che si fa compagno al fianco dell'uomo, sia che questi corra nuove strade veloci, o sia che stenti nella stanchezza il suo arduo cammino, è stato dichiarato da tanti e tante estraneo, sconosciuto, inutile, quando addirittura non stato accusato di essere l'ostacolo, l'avversario, il nemico da crocifiggere ancora, oggi, come nel venerdì esecrando e santo di allora. «Chi è Cristo? A che cosa mi serve? Conosce lui i miei problemi? Come può lui aiutarmi a risolverli? E che relazione esiste tra lui e questo avvento del mondo nuovo?»: questioni queste, che sono in fondo all'anima di tanti, e che spesso vengono alle labbra senza trovare risposta. No, una risposta comincia ad essere formulata e pronunciata... E' Cristo, il Dio fatto uomo, che proclama la dignità della vita, e perciò il suo carattere sacro e supremo; è lui il liberatore dai confini, dai vincoli che costringono l'uomo nella statura inferiore delle sue espressioni materiali e animali, e l'innalza alla statura di Figlio di Dio; è lui che porta, con il dono di sé, l'amore al mondo e riannodando i rapporti dell'uomo con Dio, rapporti ineffabili di figli al Padre dei cieli, rende uguali e fratelli fra loro gli uomini; è lui che, facendosi nostra carne, santifica e benedice le cose della terra e della vita, e ci insegna a scoprirvi sapienza e bellezza, a goderne con temperanza, ad ordinarle alla conquista finale d'un bene trascendente ed eterno".
Davvero Cristo deve diventare il Re della nostra vita! Questa è la Grazia suprema, per noi.