Omelia (25-11-2012)
Marco Pedron
La verità ti farà libero

Oggi la chiesa celebra la festa di Cristo Re. La parola "re" evoca re e regine, troni, potere, regge, servi, sfarzi, corone, oro, ecc. Ma il vangelo ci presenterà un altro re.

Il vangelo di oggi infatti ci propone un dialogo fra Gesù e Pilato durante la Passione di Gv. Che cosa sta succedendo? Gesù è stato arrestato (Gv 18,12) ed è stato portato prima da Anna, suocero di Caifa', e poi dallo stesso Caifa', sommo sacerdote (Gv 18,13.24).
Nel suo vangelo Gv è finemente ironico: l'unico legato, Gesù, è l'unico libero. Tutti quelli apparentemente "liberi", non legati, sono invece imprigionati dalle loro paure.

1. Le autorità religiose sono legate dalla paura di perdere i loro privilegi, la loro posizione. Anna e Caifa', le autorità religiose, sono terrorizzati dal potere di Gesù e dalla sua libertà.
In Gv 7,44-49 c'è un episodio eloquente. I sommi sacerdoti e i farisei mandano le guardie ad arrestare Gesù perché la gente iniziava a dire: "Gesù è un profeta! Gesù è il Cristo!" (Gv 7,41-43). Le guardie vanno ma tornano indietro dai sommi sacerdoti senza Gesù. Allora i sommi sacerdoti gli dicono: "E lui dov'è?" (Gv 7,45). E loro: "Mai un uomo ha parlato così!" (Gv 7,46). Anche le guardie si sono lasciate affascinare da Gesù.
Gesù è un uomo pericolosissimo perché fa ragionare perfino le guardie. E un uomo che fa ragionare le persone, un uomo libero, è pericoloso perché non è controllabile da niente. Per questo Gesù dev'essere assolutamente eliminato. E i sommi sacerdoti e i farisei, che cosa diranno alle guardie? "Maledetti! Ma forse che qualcuno dei capi o dei farisei gli ha creduto?" (Gv 7,48).
Questo è terribile: "Se noi non gli crediamo, lo fate voi?". Cioè: "Voi, sottomessi, non potete avere un'opinione diversa dalla nostra. Se i vostri capi credono così, anche voi dovete farlo".
Ogni potere si fonda sul fatto che chi sta sotto crede a chi sta sopra. Quando questo non succede più il potere di chi sta sopra crolla. Ora se chi sta sotto inizia a ragionare, a pensare diversamente, a vedere le cose da un altro punto di vista, questo mina il potere di chi sta sopra. Per questo Gesù è da eliminare.
La massima vittoria del potere è smettere di far pensare quelli che stanno sotto. Quando hai reso chi sta sotto degli ubbidienti, degli esecutori, dei burattini, tu puoi fare tutto.

2. Pietro è legato dalla paura di scegliere. Prima di questo brano per tre volte dicono a Pietro: "Ma non sei anche tu con Gesù?" (Gv 18,17.25.26) e per tre volte lui risponderà: "Non lo sono!". Ma il gallo cantò (Gv 18,27).
Il particolare del gallo non è folcloristico. A quel tempo vi erano una serie di animali demoniaci, tra cui il gallo. Si pensava che il gallo fosse il trombettiere, l'araldo di Satana. Ogni volta che il gallo cantava Satana aveva conseguito una vittoria. Per questo, dice il Talmud, a Gerusalemme, la città santa, era proibito l'allevamento dei galli.
Pietro ha paura di schierarsi, di prender una posizione chiara, di stare dalla parte "di Gesù". E in certe situazioni non schierarsi è condannare la verità.

3. Pilato è legato dalla paura dell'opinione, di: "Che cosa diranno gli altri?".
I capi religiosi portano Gesù nel pretorio, la sede di Pilato ma non entrano per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua (Gv 18,28). Pilato è un pagano e loro, bravi credenti, non ci entrano.
Gv mette in luce l'ipocrisia di questa gente: "Stanno per condannare Gesù ma non entrano nel pretorio per non contaminarsi!". "Attenti a quelli troppo devoti, troppo pii, a quelli che hanno troppa fede!": la troppa presenza ne rivela nient'altro che l'assenza e la mancanza.
Mt 23,24: "Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello". Il moscerino era l'animale più piccolo in Israele; il cammello quello più grande. Guardano la minuzia, la regola liturgica e tralasciano le cose veramente importanti (l'amore, la misericordia, l'esperienza di Dio, la tenerezza, la passione, la compassione, ecc.).

Quando gli portano Gesù Pilato dice loro: "Che accusa portate contro questo uomo?" (Gv 18,29). E loro si sentono offesi: "Se non fosse un malfattore non te l'avremmo consegnato" (Gv 18,30).
Le persone super-religiose non si sentono mai in discussione: gli altri sbagliano, gli altri fanno male, gli altri sono cattivi, ma loro mai. Questi qui vanno da Pilato e gli dicono: "Noi l'abbiamo già condannato!". Loro non possono sbagliare, loro sanno.
C'è un credere, come in questo caso, che rinforza la patologia e la malattia: invece di aiutare ad evolvere, a cambiare (=conversione), diventa rinforzo delle paure, dei blocchi e delle insicurezze.

Allora Pilato dice loro: "Prendetelo e giudicatelo secondo la vostra legge" (Gv 18,31). Pilato ricorda a questa gente che non si può accusare qualcuno senza prima averlo ascoltato. E questi gli rispondono: "A noi non è consentito di mettere a morte nessuno" (Gv 18,31-32). Eccoli qua! Non vanno da lui per processarlo ma per ammazzarlo. Del resto a loro non interessa.

Ed ecco il nostro vangelo: Pilato entra nel pretorio, chiama Gesù e gli dice: "Tu sei il re dei Giudei?" (Gv 18,33). Pilato sa già l'accusa dei capi religiosi: quella di essere un rivoluzionario. A quel tempo succedeva spesso che qualcuno cercasse di scacciare i Romani. E ogni volta la cosa finiva con un bagno di sangue (At 5,36-37: Teuda e Giuda il Galileo).
Capite la perfidia: lo portano da Pilato con la falsa accusa a cui lui era più sensibile e spietato.

Gesù ama tutti, anche Pilato, per questo gli chiede di ragionare con la sua testa: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?". Gesù gli dice: "Sei tu che pensi o sono gli altri che pensano in te? Ti fai influenzare dagli altri?".
E Pilato se la racconterà! Dirà: "Sono forse io Giudeo!". Cioè: "Io, caro, non penso come la tua gente". Ed era vero: non pensava come loro ma si lascerà condizionare da quel giudizio che nega. In Gv 19,8, quando le guardie e i sommi sacerdoti gli dicono: "Crocifiggilo, crocifiggilo!" (Gv 19,6) si dice che Pilato "ebbe ancor più paura". Può liberarlo ma ha paura di che cosa potrà pensare e fare la gente.
L'unico uomo che ha realmente potere, Pilato, è l'uomo più legato e imprigionato.

E qui c'è una frase tremenda: "La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me: che cosa hai fatto?" (Gv 18,35). Nel prologo Gv aveva detto: "Venne fra la sua gente ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11). Gesù è stato rifiutato da tutti, anche dalla sua gente.
Gesù portava un Dio diverso, nuovo. Per questo era pericoloso. Il vangelo, la buona novella, non è stata rifiutata perché era buona ma perché era nuova. Le persone preferivano credere al vecchio (anche se era disumano) ma certo piuttosto che accettare il nuovo cambiamento e la nuova immagine di Dio.

Allora Gesù chiarisce le cose: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù" (Gv 18,36).
Cosa gli dice Gesù? "Il mio regno non ha nulla a che vedere con i regni di quaggiù. I regni di quaggiù hanno soldati, servitori, armi e i potenti si fanno servire. Ma nel mio regno più uno è potente, grande e più lui si mette a servire e non a farsi servire" (Mc 10,41-45; Gv 13,1-16).
Nel regno umano la gente chiede: "Cosa tu fai per me?". In quello divino: "Cosa posso fare per te?".
Nel regno umano: "Mi ami? Mi vuoi bene? Perché non me lo dici mai?". In quello divino: "Io ti amo; io ti voglio bene; io ci sarò aldilà di tutti e di ogni cosa; da me potrai sempre venire".
Nel regno umano: "Mi aiuti? Perché non mi aiuti?". In quello divino: "In cosa ti posso essere di aiuto?".
Nel regno umano: "Non ci sei mai! Mi trascuri!". In quello divino: "Esci con me? Mi piacerebbe invitarti a mangiare con me. Ti va?".
Nel regno umano: "Tu non mi hai mai dato...". In quello divino: "Sento quanto mi ami; riconosco il tuo aiuto; grazie per ciò che hai fatto per me; sarò sempre grato per ciò che abbiamo condiviso".
Nel regno umano la gente chiede, pretende, vuole e si aspetta dagli altri. Nel regno divino, invece, la gente si propone, si offre e si mette a servizio.

Allora Pilato gli dice: "Dunque tu sei re?" (Gv 18,37). Sì che lo è, ma quale re?
Ecco la risposta di Gesù: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce" (Gv 18,37). Gesù è il re della verità, ma quale verità? La verità di Dio.
Gesù manifesta la verità di Dio: Dio non è colui che chiede, che vuole, che s'indigna o s'arrabbia, ma colui che si mette in ginocchio davanti agli uomini e lava loro i piedi. Dio non chiede, Dio dona. Dio non vuole l'amore ma viene a portare il suo.
Questo era inaccettabile per i religiosi del tempo: se l'uomo è amato da Dio a che cosa servono loro? Se l'uomo ha accesso direttamente all'amore di Dio, perché allora andare al tempio per il perdono dei peccati? Se Dio ti ama al di là di tutto, perché allora rispettare tutte le 613 regole religiose? Se è Dio che si fa vicino all'uomo, a che serve allora andare al tempio? Se Dio ama a che serve il culto?
Tutto questo non poteva essere accettato dai religiosi del tempo perché scardinava alla base le loro strutture che così perdevano di senso. Per questo Gesù dev'essere ucciso.

Gesù dice: "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Gv 18,37). Noi avremo detto il contrario: chi ascolta la voce di Gesù è nella verità. Ma Gesù, invece, dice il contrario. Perché?
Verità (aletheia) vuol dire togliere il velo. La verità è quella cosa che tu scopri: tiri su la coperta e vedi cosa c'è sotto. Magari non è come pensavi, magari non è come volevi, magari ti costringe a cambiare, magari ti sconvolge, magari è difficile da accettare, magari è dolorosa. E' la verità.
Per ascoltare Gesù, bisogna avere questa capacità, questa disposizione di non mettere filtri dicendo: "Questo no! Nessuno dice così! Si è sempre detto il contrario! E' difficile", ecc.
Per ascoltare Gesù, che porta la verità, bisogna avere il coraggio della verità, cioè di scoprire e di vedere ciò che c'è sotto la coperta qualunque cosa ci sia. Altrimenti si accetterà di Gesù solo ciò che si vorrà accettare, solo ciò che ci piacerà o ciò che è conforme alle nostre idee.
E nel versetto successivo Pilato dirà a Gesù: "Che cos'è la verità?" (Gv 18,38). Come a dire: "Non mi interessa questa cosa". E se ne laverà le mani. E Pilato agirà secondo il suo credo, che cioè non gli interessa della verità. Dopo questo dialogo per due volte dice: "Io non trovo in lui nessuna colpa" (Gv 18,38; 19,6) e cerca di liberarlo (Gv 19,12). Lui sa la verità: Gesù è innocente.
Ma quando i Giudei gli diranno: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare" (Gv 19,12), cioè: "Guarda che andiamo a dirlo all'imperatore se lo liberi", Pilato s'arrenderà e se ne fregherà della verità e lo consegnerà in mano ai Giudei.

Cosa dice a me questo vangelo? Gesù fu un uomo libero: se vuoi essere felice, sii libero anche tu.
Per molte persone, banalmente, la libertà è fare quello che si vuole.
Per altre è dire le cose in faccia: ma non sono liberi, sono solo aggressivi. Si giustificano con questa frase: "Io le cose le dico in faccia" per legittimarsi di ferire l'altro.
Ma per il vangelo la libertà è vivere nella verità: "La verità vi farà liberi" (Gv 8,32). Ciò vuol dire che si diventa liberi facendo verità su di sé (la libertà è un cammino, un processo). E più si diventa liberi e più si diventa re, sovrani, della propria vita. Gesù in croce è il re perché nessuno ha avuto potere su di lui: né i nemici esterni (scribi, farisei, ecc.), né quelli interni (paure, ecc.).
Ogni verità fa un po' più liberi e ogni libertà fa un po' più felici.


Pensiero della Settimana

La verità ti farà libero.