Omelia (25-02-2004) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Come quando si smette di fumare Esattamente il mese scorso mi è capitato di soffermarmi attentamente, come mai avevo fatto, sul quantitativo di sigarette che ero solito fumare... un pacchetto al giorno; a volte anche due! Poi, anche se ancora non so spiegarmi come mi sia venuta questa idea (ma io credo nello Spirito Santo), ho preso in mano una calcolatrice per verificare l'ammontare delle spese che il tabacco mensilmente faceva affrontare.... Un intero capitale! Quindi ho fatto anche il calcolo di quante altre cose utili avrei potuto acquistare, anche in merito ad hobby o altro con il denaro risparmiato sulla nicotina... Parecchia roba! Quindi ho valutato altresì il motivo per cui stavo affrontando tutte quelle spese, il perché di tutto quello spreco di denaro, insomma se vi fosse una qualsivoglia ragione plausibile per poter fumare... Nessuna. Anzi, le spese andavano sempre più aumentando per affinarsi a non pochi disturbi fisici quali difficoltà di respirazione, torpore intenso, apnea e a volte dolori pettorali... Basta! Era ora di finirla. Ho deciso quindi di buttare via tutti i pacchi di sigarette che ancora conservavo, di eliminare i posacenere e gli accendini tenendomi alla larga tutti i giorni dai fumatori, distanziandomi dalle tabaccherie e recando con me pochi spiccioli quando uscivo di casa (per evitare la tentazione di...) Smettendo così di fumare. Nonostante le crisi di astinenza dei primi due - tre giorni, che affrontavo orientando il pensiero su altre cose, come appunto la cura del mio hobby (canzoni anni 60-70), i respiri profondi, sorsi d'acqua ecc, non ho tardato ad accorgermi di quanto numerosi e proficui siano i vantaggi della mancata dipendenza dalla nicotina, soprattutto quando li si equipara ai danni che ci si procura da fumatori: non soltanto ho potuto evitare un vero e proprio salasso economico, ma la mancata sindrome di dipendenza mi ha reso poco alla volta più disinvolto nei movimenti, recandomi maggiore ottimismo e serenità, liberandomi dal continuo torpore che mia aveva interessato negli ultimi tempi e permettendomi anche di avvertire degli odori piacevoli che prima mi sfuggivano, come anche di gustare con più esaltazione i cibi e delle bevande. Tutti risultati sperimentati. Ma la cosa più interessante che ho constatato recentissimamente è che i soldi risparmiati sulla nicotina possono essere impiegati per piccole e grandi opere di bene, le quali in questa nuova dimensione vengono realizzati molto volentieri e senza correre il rischio di restare squattrinati!!! (Basterebbe infatti che ciascun fumatore rinunciasse anche ad una sola sigaretta al mese per favorire la raccolta di capitali in grado di sfamare interi paesi nel mondo!!! ) Con questo non si vuol dire (né si pensa!!) che i fumatori siano incapaci di opere buone e che il sottoscritto non avesse mai compiuto atti di bontà in precedenza, ma che l'eliminazione del vizio – almeno nella mia esperienza- offre una motivazione ulteriore per poter compiere del bene non soltanto in merito alla quantità economica ma anche al carattere qualitativo. Non si deve però pensare che per eliminare la dipendenza di tabacco sia sufficiente proporsi di rinunciare alla spesa in sigarette ai fini delle IMMEDIATE opere di carità... No! Le opere di carità (come anche le finalità culturali o religiose) costituiscono infatti pur sempre una motivazione "seria" che potrebbe certamente essere condotta a termine con ottimi risultati ma non garantirebbe la fine del vizio: una volta o l'altra si potrebbe anche essere tentati di pensare che per realizzarle non sia necessario smettere di fumare... Secondo la mia esperienza appena raccontata, direi invece che occorrerebbe essere motivati PRIMA da qualcosa di IMMEDIATO E PRATICO PER SE (l'economia) per CONVINCERSI SUCCESSIVAMENTE delle finalità serie... I lettori si staranno ponendo la legittima domanda su quale parte possa avere una tale argomentazione nel contesto del Mercoledì delle Ceneri e dell'inizio della Quaresima... Beh, sia pure sotto altri aspetti e in termini di concretezza, abbiamo appena parlato della CONVERSIONE, cioè della necessità del ritorno a Dio che ci chiama a sé e alla comunione di vita con Lui. E' Dio che ci convoca a sé indicandoci le motivazioni e le garanzie per le quali conviene sempre tornare a Lui abbandonando il peccato; tuttavia convertirsi non vuol dire operare un repentino passaggio dai peccati alla realizzazione di opere di bene, quasi come si fosse chiamati ad operare un'immediata svolta nelle azioni e nelle abitudini; il termie assume un significato profondo e vasto e implica un'iniziale ravvedimento: la conversione vuole infatti che anzitutto ci si CONVINCA dello stato di precarietà in cui noi ci si imbatte in tutte le occasioni di peccato e del carattere pernicioso e futile che questo comporta. In secondo luogo che si sperimentino i vantaggi e le convenienze di una vita secondo il Signore e che ci si renda conto che quella del Vangelo è la migliore via di realizzazione umana e spirituale... Di conseguenza ci si convincerà quasi automaticamente della soddisfazione e del senso di gioia che recano la carità e il donarsi agli altri, giacché la comunione con Dio e la fuga dal peccato ci avranno condotto intanto a ravvisare in noi stessi ottimismo e serenità di spirito. Prima di passare dalle cattiverie alle opere buone occorre quindi convincersi dell'assurdità delle prime e della grandezza delle seconde. Il cammino che stiamo intraprendendo, denominato Quaresima, non è altro che questo: un procedimento di penitenza =conversione radicale che si opera nella nostra vita analogamente che nell'eliminazione dal vizio del fumo, ossia in modo graduale e secondo determinate e tappe e prese di coscienza delle quali il digiuno e astinenza che oggi e il venerdì Santo compiremo sono solo una significazione esteriore, anche se necessaria. Il che otterrà immancabilmente i suoi risultati quando tale itinerario sia seguito con attenzione e perseveranza, senza che ci scoraggiamo nelle disfatte e ci lasciamo abbattere a seguito di eventuali "incidenti di percorso" cioè cadute nelle tentazioni. Occorre tener presente a noi stessi che noi siamo precari e provvisori, in pratica siamo CENERE e tale siamo destinati a tornare alla fine della nostra vita. ma ciò non toglie che nella conversione siamo assistiti... Dimenticavo infatti di aggiungere all'inizio che se pure il sottoscritto ha smesso di fumare da parecchio tempo non è giunto ancora a definirmi in pienezza un ex fumatore: così nella vita spirituale è sempre prudente e opportuno non giungere mai alla conclusione presuntiva di aver acquisito padronanza una volta per tutte, né si deve escludere la possibilità di poter cadere nuovamente nelle tentazioni. Ma casi come questi piuttosto che incutere scoraggiamento e inutili scrupoli legati al senso di colpa e di fallimento, saranno moniti alla perseveranza nella lotta e alla fiducia in Dio, nella ferma convinzione che (come più volte si è detto da parte nostra) è Lui a chiamarci per primo a conversione e per ciò stesso non omette mai di provvedere a fornirci i debiti strumenti della grazia per la realizzazione di tale progetto. |