Omelia (25-11-2012)
don Roberto Rossi
Festa di Cristo RE. Affidiamoci a Gesù, il Signore

Gesù si dichiara Re, Re della nostra vita, Re della nostra storia personale e umana. Un Re che non ci tiene sottomessi, ma ci libera. Ci libera da tutte le tentazioni e schiavitù mondane che ci fanno male, che fanno male a tutti. Lui è il liberatore, il Salvatore. Noi siamo felici di essere suoi, di essere figli di Dio, perché Lui è il Figlio.
Il Vangelo di oggi ci mostra una regalità speciale, una regalità contro corrente, una regalità alternativa. Gesù si proclama Re, non nel momento di massimo trionfo (dopo aver compiuto uno strepitoso miracolo, come la moltiplicazione dei pani, la risurrezione di Lazzaro...), ma proprio nel momento del suo massimo fallimento.
Non è seduto su di un trono, ma in piedi, con le braccia spalancate per abbracciare l'umanità intera che tutta gli appartiene; non porta vesti regali e preziose, è spogliato delle sue vesti, spogliato del suo mantello di porpora, è rivestito del suo sangue versato per la salvezza dell'umanità.
Ha anche lui una corona, ma la sua corona è di spine, le pietre preziose sono sostituite da rivoli di sangue sul volto, per lavare ogni volto deturpato dalle brutalità umane.
Non ha lo scettro: la sua forza è l'umiltà, l'abbandono fiducioso nelle mani del Padre; il suo potere gli viene dalla sua unità alla volontà del Padre.
La regalità di Gesù può sembrare un po' scomoda, non per nulla i discepoli lo abbandonano, non si credono capaci di accogliere una tale umile regalità; non desiderano essere sudditi di un Re fallito in partenza. Si attendevano il trionfo, vedono invece il massimo fallimento di colui al quale hanno consegnato la loro vita. Credere alle parole di Gesù, "io sono Re", può sembrare difficile.
Gesù dice ancora: "Il mio Regno non è di questo mondo." Il suo infatti, è un Regno che non ha confini, non ha fine, è eterno; non ha bisogno della luce del sole, né della luna, perché la gloria di Dio lo illumina. In esso non vi sarà morte, né lutto, né lamento, né affanno... Nessuno nel suo Regno avrà fame e sete... Nel suo Regno regnerà la Pace, perché Lui è il Principe della Pace. Per far parte del suo Regno non servono passaporti speciali o domande di cittadinanza particolari. Al buon ladrone, crocifisso con Gesù che gli chiede di essere ricordato quando sarà nel suo regno, Gesù dice: "Oggi stesso sarai con me in paradiso, nel mio regno". In fondo, un ladro ha capito questo segreto: ha saputo riconoscerlo Signore, Re, nonostante si mostrasse apparentemente un fallito.
Ci possiamo soffermare anche sulle ultime parole di Gesù: "Tu lo dici: io sono Re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce." Noi molte volte facciamo come Pilato: ascoltiamo tante verità, ma non la Verità: Gesù Cristo. Nella confusione attuale, c'è più che mai bisogno di ascoltare la Verità, cioè la rivelazione dell'amore del Padre
La regalità di Gesù si identifica con la sua missione rivelatrice e salvifica. Lui è Re perché comunica la vita divina all'umanità, la vita di amore del Padre. Ogni volta che facciamo un gesto di Amore, di Pace, di Giustizia, stiamo proclamando la Verità, perché Gesù è amore, pace e giustizia. Riconoscere Gesù Re, significa usare lo stesso scettro di perdono di fronte alla tentazione del potere e della vendetta; essere disposti a farci mettere la stessa corona quando qualcuno ci insulta o ci prende in giro senza motivo; cingerci della stessa veste, qualora fosse necessario testimoniare la nostra fede negli ambienti più difficili dove, come cristiani, siamo chiamati a vivere.
Il Papa ha indetto questo Anno speciale della Fede, proprio perché la Chiesa rinnovi l'entusiasmo di credere in Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ravvivi la gioia di camminare sulla via che ci ha indicato, e testimoni in modo concreto la forza trasformante della fede.