Omelia (26-11-2012)
Riccardo Ripoli
Questa vedova, povera, ha messo più di tutti

Siamo abituati a giudicare gli altri in base alla macchina che guidano, alla posizione sociale che ricoprono, agli incarichi che svolgono, alla casa che abitano. Facciamo grandi inchini e riverenze, stringiamo le loro mani, chiediamo loro un autografo ed aneliamo ad avere un lembo dei loro vestiti. Ci immedesimiamo in loro, speriamo di avere un po' della loro gloria, denaro, ville, panfili, vacanze da sogno e non ci accorgiamo di quanto tutto questo sia effimero, volatile. Chi si ricorderà dei ricchi alla loro morte? Qualcuno prenderà il posto lasciato da loro, erediterà le immense fortune, solcherà i mari sui loro yacht e nessuno pregherà per loro, anzi qualcuno godrà anche della loro morte. Ed allora che senso ha tutto questo? Che significato riveste l'essere ricchi? Che idiozia è quella di guardare a queste persone come a dei scesi sulla terra? Se devo stringere una mano, cerco quella rugosa di una persona anziana; se devo abbracciare qualcuno, preferisco un bambino la cui famiglia non gli ha mai dato amore; se devo stare in compagnia di qualcuno, privilegio il barbone solo per la strada.
Devo? No, ed è proprio qui il bello. Non devo abbracciare nessuno, come spesso accade con i ricchi o i potenti della terra dai quali necessito un favore, ma voglio farlo perché quella persona, quel bambino ha bisogno di me. Non si va dalle persone per avere qualcosa, si va per dare, poco o tanto che abbiamo, ma semplicemente dare con amore tutto noi stessi con il cuore. Questa è l'essenza della vita, per questo voglio essere ricordato, fosse anche da una persona sola, quella alla quale ho stretto la mano per aiutarla a scendere dalle scale di una chiesa.