Omelia (08-12-2012)
don Alberto Brignoli
Assumiamoci le nostre responsabilità!

Uno degli atteggiamenti che mi pare abbastanza ricorrente nel nostro modo di fare è quello di evitare di assumerci le nostre responsabilità di fronte agli errori commessi o agli insuccessi nelle attività che svolgiamo. A volte non lo facciamo nemmeno con cattiveria: ci viene quasi spontaneo dire "Non c'entro io!", oppure "Non l'ho fatto apposta!". Quando addirittura non scarichiamo la responsabilità sugli altri, pur ammettendo di aver commesso un errore: "Sì, sono stato io, ma la colpa non è mia!".
Del resto, trovare una giustificazione a tutto, oppure una soluzione ai problemi in tempi brevi richiede una certa abilità, e ciò spesso è dettato dalla necessità di non perdere tempo e di continuare lungo la nostra strada a fare le cose che stavamo facendo. Sì, perché sbagliare ci fa perdere tempo, ed ammettere che si è sbagliato, ancor di più. Ti obbliga a fermarti, a rivedere quello che hai fatto, possibilmente a correggerlo; quando poi si tratta di scelte di vita, devi pure fare una revisione, rileggere la tua esistenza, e questo costa, fa male, vuole dire guardarsi allo specchio e dirsi con onestà cosa c'è che non va. Per cui, è molto più comodo sotterrare tutto, e dare la colpa agli altri, alle situazioni, ai condizionamenti della società, alla cattiva sorte... e avanti di questo passo.
Facendo così da sempre, l'umanità si è trascinata con sé lungo i secoli la propria colpevolezza, la perdita della propria naturale bontà e innocenza, da lei smarrita proprio il giorno in cui gettò su Dio la responsabilità delle proprie errate scelte, rinfacciandogli di avere una voce che incuteva terrore e dalla quale era bene nascondersi, e di avere creato un mondo fatto di amici che in fondo non lo erano, e di aiuti che in realtà si sono rivelati fastidi.
Insomma, tutta colpa di Dio, del suo Paradiso terrestre, degli alberi da frutto belli da vedere e buoni da mangiare, di un'ammaliatrice compagna di vita, del male intrigante che inganna spacciandosi per bene! Altro che "voler essere come Dio"! Ci sarebbe piaciuto essere immortali e impassibili, eterni giudici di un mondo che passa sotto le forche caudine delle nostre sentenze e che fa quello che diciamo noi! Poi, però, insieme agli onori ci vanno anche gli oneri; ed essere responsabili di un mondo del quale si è padroni, sinceramente, costa... Per cui, abbiamo riconsegnato questo mondo nelle mani del suo Creatore: senza prima, però, aver tralasciato di rovinare la cosa più bella che ci aveva dato, ovvero l'armonia delle relazioni tra di noi. Stavamo così bene, insieme, senza troppi problemi, in modo naturale e spontaneo, senza vergognarci di ciò che dicevamo e facevamo, liberi di pensare e di esprimerci secondo quanto la coscienza ci dettava...
Ma abbiamo voluto essere come Dio: e poiché non sapevamo che questo non era possibile, e avremmo dovuto solo basarci sulla fiducia delle cose detteci da Dio, allora abbiamo voluto sperimentare di testa nostra, sbatterci il naso, per poi aprire gli occhi ed accorgerci che l'altro era diverso, ci faceva quasi paura, ci faceva provare vergogna, e allora siamo scappati e ci siamo nascosti da lui, nascondendoci contemporaneamente anche da Dio. Di fronte al suo "Dove sei?", allora come oggi ci siamo nascosti per evitare che lui ci mettesse di fronte alle nostre responsabilità. Ma siccome ci ha scovati lo stesso, allora, avanti a gettare la colpa sugli altri e pure su di lui!
Non ne verremo mai a capo...a meno che qualcuno torni ad insegnarci a dire di sì. "Sì" non solo di fronte alla domanda di Dio: "Sei stato tu? Hai forse fatto ciò che ti avevo comandato di non fare?"; "Sì" anche di fronte alla sua eterna e mai esaurita proposta di ricominciare da capo. Qualcuno è tornato, per noi, a dire "Sì". Qualcuno di noi; una di noi. È tornata a dire - nonostante tutto - "Sì" alla Grazia di Dio, forse perché era la "piena di Grazia". Ha detto "Sì" alla volontà di Dio, anche se questa volontà costava e lasciava tutto sommato un po' perplessi. Ha detto "Sì" a una storia della salvezza la cui ultima parola non poteva certo essere la morte, né la perdita dello stato di Grazia originario, né tantomeno l'abbandono dell'uomo nel suo peccato da parte di Dio.
Maria ha detto "Sì" perché la Grazia è più grande del peccato, e perché nonostante l'umanità sia segnata - sin dal suo nascere - dalla colpa del peccato e dalla limitatezza del proprio esistere, lei è stata collocata da Dio come segno, nel cielo e sulla terra, di un'umanità che ce la può fare, se si lascia pervadere dalla Grazia di Dio.
A patto, però, che abbiamo il coraggio di assumerci le nostre responsabilità, nel bene e nel male, nel buon comportamento e nel momento dell'errore, nel dire di "Sì" attivamente a Dio e anche tutte le volte in cui a lui diciamo un sonoro "No". Perché il problema è tutto lì: la consapevolezza delle nostre responsabilità.
A nessuno di noi, cristiani e non solo, è chiesto di essere irreprensibili, santi e immacolati: Dio sa già che non lo saremo. Ci chiede - questo sì! - di essere responsabili delle nostre azioni, di assumerci con responsabilità l'impegno di cercare di essere buoni cristiani, di non esimerci dalle nostre responsabilità quando si tratta di riconoscere che siamo peccatori, limitati, mortali e incapaci di salvarci da soli.
Sbagliare, lo sappiamo, è umano. Ma non prenderci le nostre responsabilità di fronte all'errore, forse ci darà la possibilità di "farla franca", ma di certo non lascia margini di possibilità all'opera della Grazia di Dio in noi.
Maria si è presa la responsabilità di dire "Sì" alla Grazia di Dio che operava in lei, attivamente, per attuare il suo disegno di salvezza. A noi è chiesta la stessa responsabilità nel riconoscerci umilmente ancora in cammino su questa strada che lei, Immacolata Concezione, ha già percorso davanti a noi.