Omelia (16-12-2012)
Agenzia SIR
Commento su Lc 3,10-18

Le risposte di Giovanni ai suoi interlocutori (le folle, i pubblicani e i soldati) dicono, prima di tutto, che da qualunque condizione è possibile iniziare un cammino di salvezza. È la persona stessa di Giovanni a provocare domande; la gente è perfino convinta che sia lui il Cristo. Giovanni reagisce dicendo che la differenza fra lui e Gesù sarà data dal diverso battesimo affermando che la distanza tra lui e il Cristo è data dalla differenza fra l'acqua di penitenza del suo battesimo e la potenza del Battesimo di Spirito e fuoco donato da Gesù. Il primo riporta i figli d'Israele alla Legge e ai profeti. Il Battesimo di Gesù, in Spirito Santo e fuoco, dà la vita nuova di figli di Dio.

Giovanni prima rimprovera le folle ("Razza di vipere!"), poi le spinge a porre una domanda importante ("Che cosa dobbiamo fare?"), subito dopo viene rinchiuso in carcere dove sarà decapitato. Il Battista si annulla per far apparire Gesù e indirizza le persone perché vadano a Gesù. È il vero evangelizzatore.

Le tre risposte di Giovanni dicono che ogni tipo di lavoro non è di per sé un impedimento alla sequela di Gesù. A condizione che sia condivisione e non accaparramento; rispetto delle norme e non prevaricazione; giustizia e non violenza e saccheggio. Chi vive così è già in cammino verso l'incontro con Gesù, chiunque esso sia. I segni del cammino dicono che il popolo era in attesa, alla ricerca del Messia. Che non è Giovanni. Anzi, lui reagisce e nega con decisione.

La stessa domanda ("Che cosa dobbiamo fare?") riceve una doppia risposta. Giovanni orienta verso un rapporto di condivisione col fratello; Gesù invita a credere nel Padre che l'ha mandato. C'è un legame stretto fra la carità e la fede; la carità ha una funzione in relazione alla fede. Anche per l'antica alleanza (Deuteronomio) la felicità nasce dalla corrispondenza alla Parola di Dio. Che una vita è cambiata si vede nelle opere, nell'amore sincero del prossimo, nello spartire con gli altri quello che si ha. Questa è l'unica prova della conversione. Giovanni non pretende che si dia anche l'unica tunica posseduta, con gesto di eroismo, ma chiede la misericordia, un amore del prossimo che sia concreto. Dal posto che diamo agli altri si vede anche quello dato a Dio.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca