Perché si diventa maestri?
"In quel tempo le folle interrogavano Giovanni chiedendogli cosa dovevano fare". In questo
Vangelo il maestro è dunque Giovanni Battista. Maestro, lui che sicuramente non sapeva neppure
leggere e scrivere e viveva nel deserto. E sapete perché lo è? Perché dice di non esserlo, ma ne
indica un altro: "Viene Colui che è più forte di me..." E lo indica ai suoi stessi discepoli. Questa sì
che è vera "maestria": la maestria dell'umiltà: solo essendo umili si è maestri. Quale maestro
avrebbe accettato che i propri discepoli lo abbandonassero per seguire un altro maestro che,
oltretutto, aveva indicato lui stesso? Anche se, chiaramente, questo nuovo maestro era IL maestro
per eccellenza, il Figlio stesso di Dio. Fu così che i primi discepoli di Gesù furono Giovanni e
Andrea che, all'inizio, erano discepoli del Battista che era comunque un rabbi molto stimato (ce ne
fossero oggi di questi maestri!) e aveva i suoi discepoli .
- Come diventare maestri...
E questa "maestria" dobbiamo acquistarla pure noi. Ma l'otterremo nella misura in cui ci
convertiremo. Perché allora acquisteremo la maestria, non su una disciplina o su uno strumento, ma
sull'intera nostra persona che non correrà più dietro al male, ma sceglierà sempre il bene. Senza
fatica! Conversione dunque: ardua impresa che va affrontata ogni giorno. Ardua perché dentro di
noi ci sono fragilità e debolezze a senso alternato; e fuori ci sono tentazioni sempre fisse, oltre che
un ambiente che stuzzica continuamente più i vizi che le virtù. E siccome la spinta verso Dio c'è,
ma è debole, invece di convertirsi dal mondo a Dio si finisce per fare il contrario. Come rimediare?
Ricordandoci che il male fa male e che la conversione non è solo sforzo nostro ma anche una grazia
da chiedere. Ci convertiremo nella misura in cui capiremo il "nulla" delle cose e il "tutto" di Dio.
"Vanità delle vanità, tutto è vanità," affermava il Qohelet.
- Perché rincorrere il vento?
Perché rincorrere piaceri e onori mondani che si dileguano, come il vento della sera, in men che
non si dica? Convertirsi significa aver capito che vale la pena rinunciare a ciò che passa per
scegliere ciò che non passa: il mondo passa, Dio no! Capito questo non sarà più difficile staccarsi
dalle cose del mondo per aprirci a Dio e al prossimo. E per cominciare mettiamoci davanti a Lui
con le nostre povertà, fragilità e debolezze presentandogli tutto ciò che è da rinnovare e rettificare.
Al riguardo voglio raccontarvi questa storia di un povero paria. Sapete che in India ci sono le caste
sociali: i paria sono all'ultimo gradino, anzi sono addirittura i fuori casta: sono i più poveri e
disprezzati, assolutamente da evitare per non "contaminarsi", sono i cosiddetti intoccabili. Ebbene
sentite cos'è accaduto a un povero paria:
"Non sono che un povero paria, ma ascoltate la mia storia: è una storia incantata.
Un giorno Dio benedetto passò davanti alla mia casa: proprio la mia casa di povero barbiere paria.
Io corsi; Egli si voltò e mi attese: attese proprio me, povero barbiere paria.
Gli dissi tremando: posso parlarti Signore? Ed Egli mi rispose: parlami pure amico.
Gli chiesi: nel tuo Regno c'è un posto anche per me?
-Certo, c'è posto anche per te. Pensate, lo disse a me, povero barbiere paria. Gli domandai ancora:
-Signore posso seguirti anch'io? Certo, vieni!
Gli dissi infine: Signore posso restare sempre vicino a te? Mi rispose: "Senz'altro lo puoi perché ti
amo". Pensate, lo disse proprio a me, povero barbiere paria".