Omelia (23-12-2012)
Marco Pedron
Creature divine

E' la quarta domenica del tempo di Avvento e la domenica prima del Natale.
Il vangelo di questa domenica ci presenta l'incontro tra Maria ed Elisabetta, tra queste due donne che erano "parenti" non tanto di sangue, ma soprattutto per quello che stava capitando loro. E l'una e l'altra hanno gravidanze impossibili; e l'una e l'altra hanno mariti scettici; e l'una e l'altra hanno dei figli "particolari"; e l'una e l'altra sono madri di una novità che non sanno e che le supera. Si capiscono perché vivono cose simili.
Nella vita si capiscono gli altri per due ragioni.
Una è perché ti capitano le stesse cose. Allora dopo che ti sono successe tutto è diverso.
L'altra ragione è perché sai entrare nel cuore degli uomini: allora anche se non vivi quello che vivono loro sai comprendere e capirli. Si chiama compassione, cioè patire-soffrire insieme (con-passione). Quando hai la compassione sai entrare nel cuore di ogni uomo e capirlo dal suo punto di vista, dall'interno, come Gesù.
Chi ha compassione può capire ogni creatura perché può entrare nel suo cuore e capire il suo mondo dal suo interno e dal suo punto di vista, senza giudizio ma con la cura dell'amore. Diceva Dostoevskij: "La compassione è la più importante e forse l'unica legge di vita dell'umanità intera".

Il vangelo dice: "In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda" (Lc 1,39).
Quindi dal nord della Galilea Maria si mette in viaggio, in fretta, verso il sud della Giudea.
Pensateci un attimo: Maria intraprende da sola un viaggio di più giorni. Una donna a quel tempo da sola (!): poteva essere oggetto di tutto!
Dobbiamo anche ricordarci che per scendere dalla Galilea alla Giudea si allungava il viaggio di tre o quattro giorni evitando di passare per la Samaria, data la secolare inimicizia tra Giudei e Samaritani.
Vedete che donna Maria! A volte noi ce la immaginiamo come modello dell'umiltà, del silenzio, del nascondimento, di colei che ubbidisce e se ne sta zitta, tutta casa, madre e preghiera. Ma i vangeli non ci presentano affatto Maria così: era una donna decisa, forte, coraggiosa.
Che fiducia ci vuole per dire "sì" ad una maternità del genere? Ad affrontare Giuseppe e il giudizio della gente, dei familiari? Nella condizione, poi, di quel tempo! Che forza ci vuole per dire certe cose: "Dio rovescia i potenti... rimanda a mani vuote i ricchi... disperde i superbi...". E' una donna sovversiva! Che coraggio ci vuole per rischiare da sola un viaggio del genere? Che forza fisica ci vuole per andare fino a Betlemme, incinta e "avanti", su quelle strade?
Maria è una donna-coraggio, forte, decisa.

Il vangelo dice che Maria ha fretta (Lc 1,39) ma non dice il perché. Arrivata dove deve arrivare, osservate cosa dice il vangelo: "Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta" (Lc 1,40).
"Una viene a trovarmi e non mi saluta? E non saluta il padrone di casa?", avrà pensato Zaccaria. Forse che Maria è irrispettosa? Forse che non è gentile? Maleducata? O forse c'è dell'altro?
Cos'era successo? Zaccaria era rimasto muto (e sordo!) perché era stato refrattario all'annuncio di Dio. Zaccaria, sacerdote e religioso, aveva rifiutato lo Spirito Santo, aveva rifiutato l'annuncio di Dio.
Maria ed Elisabetta, invece, lo Spirito Santo lo avevano accolto. E questo Spirito le aveva riempite non solo di un figlio ma di una gioia, di una sensibilità, di una profondità che Zaccaria non ha.
Qui Lc vuol dire: solo chi è vivo può capire la vita; solo chi è innamorato può capire l'amore; solo chi ha la gioia può capire certi gesti.
Zaccaria non può capire; Zaccaria non può vibrare; Zaccaria non sa entusiasmarsi, non sa stupirsi, non sa meravigliarsi, non sa piangere, non sa rallegrarsi, non ha quel cuore che queste donne hanno.
Vi ricordate Gesù? Prima della sua passione una donna (Mc 14,3-9) venne e ruppe un vaso di alabastro preziosissimo (trecento denari=un anno di lavoro). E chi vedeva diceva: "Ma che spreco! Perché tutto questo olio profumato! Non si poteva benissimo vendere quest'olio per trecento denari e darli ai poveri!?". Ma Gesù: "Lasciatela fare! In tutto il mondo sarà ricordato il suo gesto".
Sono i gesti dell'amore, di chi ha il cuore vivo, di chi ha il cuore grande. Gli altri non possono capire perché sono legati alle logiche della mente, economiche, finanziarie, della paura.

Osserviamo cosa dice il vangelo: "Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò in grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo" (Lc 1,41).
1. Innanzitutto ciò che le madri dicono si riferisce ai loro figli. Il Battista, già dal ventre di Elisabetta riconosce Gesù nel ventre di Maria. Non per niente il Battista dirà di Gesù: "Costui vi battezzerà in Spirito Santo" (Lc 3,16). Il Battista riconoscerà l'attività di Gesù come quella di colui che immerge le persone non più nell'acqua come lui, ma nello Spirito.
Lc, allora, che sta facendo teologia e non storia, vuol dirci che il Battista riconosce fin dall'inizio l'opera e l'operato di Gesù: è proprio Lui Colui che deve venire.
2. Il saluto di Maria, che è piena di Spirito Santo (Lc 1,35), trasmette ad Elisabetta lo stesso Spirito.
Maria passa ad Elisabetta ciò che vive, che possiede, che ha. Maria è piena di Spirito e passa Spirito.
Si passa quello che si ha, quello che si è.
Cioè il loro saluto non è un: "Ciao, come stai? Tutto bene!? Come ti va?" ma è uno scambio, una comunicazione di percezioni, di energie vitali, di vibrazioni d'anima. E' quell'incontro dove, al di là delle parole, i cuori e le anime si sfiorano e si toccano.
Le parole di queste donne sono piene di significato, sono "pesanti", cioè profonde. Noi, invece, parliamo tanto proprio perché comunichiamo poco. Riempiamo di parole il vuoto di senso del nostro parlare.
Una delle esperienze "di Dio" è quando le anime si incontrano: il Dio-in-me incontra il Dio-in-te.
Un esercizio che possiamo fare è quello di prendere chi amiamo, di metterci uno di fronte all'altro e di guardarci negli occhi senza parlare per venti minuti. All'inizio è difficile ma poi ci si accorge che si scende e che ci si incontra ad un altro livello.

Il vangelo poi dice che "Elisabetta fu piena di Spirito Santo" (Lc 1,41). Lc è ironico: mentre suo marito, che era sacerdote, cioè religioso doc, ha visto l'angelo ma nessun Spirito, Elisabetta invece ce l'ha.
Lo Spirito non lo possiede il sacerdote (Zaccaria) ma chi accoglie Dio (Elisabetta). Maria è la prima profetessa; Elisabetta la seconda. Gli uomini in Lc, per ora, non pervenuti.
Poi Elisabetta dice: "Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,42-43).
Intanto osserviamo che lo Spirito cambia lo sguardo di Elisabetta: Maria adesso non è più tanto sua "parente" (Lc 1,36) ma la "madre del suo Signore", cioè del Messia atteso (Lc 1,43).
I legami di anima, per la fede, sono più importanti dei legami di sangue.
Poi Elisabetta continua: "Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo e beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,44-45).
La lode di Elisabetta a Maria è una disapprovazione verso il marito Zaccaria. Zaccaria, che doveva essere profeta, è muto; Maria, invece, che non era nessuno è piena di Spirito.
Maria è beata, "graziata" perché ha creduto alla parola del Signore; Zaccaria è "disgraziato" (=senza grazia) perché non ci ha creduto.
Maria ha creduto a qualcosa che non era mai accaduto nella storia di Israele e si è fidata. Zaccaria invece, il sacerdote, non ha creduto a qualcosa che era successo e capitato ben tante altre volte (la nascita di figli da donne sterili, come Sara o Rebecca).
Questa è la prima beatitudine del vangelo ("Beata colei che ha creduto") ed esalta non tanto la maternità di Maria ma la fede di Maria. Maria è grande per il vangelo non tanto per la maternità ma per la fede che ha avuto: ha creduto dove nessun altro lo ha fatto.

Poi il vangelo riporta le prime parole del Magnificat (1,46-48).
Il Magnificat è un breve ma denso riassunto teologico dove vengono collegati almeno una dozzina di testi dell'A.T. e formula quelle speranze di secoli del popolo d'Israele che verranno realizzate in Gesù, anche se in maniera diversa.
I riferimenti dell'A.T., sono chiari: 1. Sir 10,14: "Il Signore cha abbattuto il trono dei potenti, al loro posto ha fatto sedere gli umili"; 2. Gb 12,19: "Fa andare scalzi i sacerdoti e rovescia i potenti".

Cosa dice a me questo vangelo? Vorrei che ci fermassimo e ci facessimo alcune domande.
Questo vangelo a me dice: ciò che tu credi passa e trasforma l'altro (o ti trasforma).
Maria crede che suo figlio è "divino". Suo figlio sentirà la sua fiducia e lo diverrà. Elisabetta crede che suo figlio è "divino": suo figlio lo sentirà e diverrà l'annunciatore di Dio. Maria ed Elisabetta credono alla grandezza dei loro figli fin da bambini, appena concepiti e i loro figli percepiranno tutta questa fiducia, questa grandezza, questo valore negli occhi delle loro madri.
Davvero dovremmo trattare ogni figlio, ma anche ogni persona, come "venuto dal cielo", da Dio, divino.
Maria ed Elisabetta pensano ai loro figli come essere "divini, grandi, importanti": e i loro figli lo diverranno. I loro figli realizzeranno il valore che le loro madri gli avevano accreditato.

Penso a me come un essere divino? Ho per me quell'atteggiamento che Maria ed Elisabetta avevano per i loro figli: valore, stima, riconoscimento, amore, meraviglia, fiducia?
Cosa penso di chi amo? Penso a lui come un essere divino? Ho per lui quell'atteggiamento che Maria ed Elisabetta avevano per i loro figli: valore, stima, riconoscimento, amore, meraviglia, fiducia, ecc.?

Maria ed Elisabetta: la fede. Io, tu, ogni creatura è un essere divino. Fede è diventarlo.
Zaccaria: la paura. Sapere, aver letto, di essere divini ma non crederci.

Pensiero della Settimana

Sei ciò che è stato pensato.
Sarai ciò che pensi di te.