Omelia (23-12-2012)
mons. Gianfranco Poma
Beata colei che ha creduto

È una pagina splendida, tutta al femminile, quella di Luca (Lc.1,39-48) con la quale la Liturgia ci prepara al Natale: l'incontro di due donne incinte che portano la vita nel loro grembo, la più giovane che fa sussultare di gioia il bambino in grembo alla donna che tutti ritenevano sterile. È una pagina che solo la donna può gustare pienamente. Da una parte tutto è così umanamente normale eppure tutto è così straordinariamente divino. Maria, una giovane donna sorpresa dalla sua inattesa maternità che si allontana dal suo paese per andare ad incontrare la anziana cugina Elisabetta sconcertata per la sua maternità da tutti ritenuta impossibile.
In questa storia nella quale Maria, giovane donna ebrea, è la protagonista, si intrecciano tutti i sentimenti che accompagnano l'esperienza femminile chiamata a vivere la complessa ricchezza della vita umana: sorpresa, sgomento, meraviglia, solitudine, paura, desiderio di condivisione, gioia, ringraziamento... E in questa storia così fatta di carne, Maria ascolta nel profondo del suo cuore una Parola che ravviva, dà senso: Maria accoglie la Parola che diventa la sua carne e genera un Figlio che è Parola diventata carne e tutto ciò che è carne, ogni sentimento, ogni sussulto è ormai espressione della Parola incarnata. Tutto ciò che è umano, in Maria, accogliente della Parola di Dio, diventa una epifania, una impronta di Dio.
L'intenzione di Luca discepolo di Paolo, in tutto il suo Vangelo è di annunciare, in modo narrativo, la novità e la bellezza della fede in Gesù: nei primi capitoli Maria è la credente e l'annunciatrice della fede. Narrando l'esperienza di Maria, Luca introduce il suo lettore nella stessa esperienza: l'esperienza più personale che la persona umana possa fare. È l'esperienza credente di una giovane donna, che si chiama Maria, fidanzata con Giuseppe, che abita a Nazareth.
Tutto comincia da quelle parole che attraverso l'angelo Gabriele Dio ha rivolto a Maria: "Rallegrati, piena di grazia! Il Signore è con te." Sono parole così dense, in qualche modo intraducibili nelle nostre lingue, che sintetizzano l'esperienza di Dio di tutto il suo popolo, che adesso sono rivolte, imprevedibilmente, a lei, ragazza normale di Israele: è invitata a rallegrarsi, perché tutto il bene promesso al suo popolo, tutto l'amore di Dio, è per lei. L'angelo in nome di Dio ha parlato a Maria e l'ha chiamata: "Amore". Non può che rimanere turbata, Maria, e non può che cominciare un cammino interiore che non avrà più fine: "si domandava che senso avesse un saluto come questo". Tutto ciò che segue è il dialogo della fede di una ragazza con Dio: come lasciarsi amare da Dio? Come rispondere all'amore di Dio? Dio afferra totalmente Maria: in lei che si abbandona completamente in lui, il suo Spirito diventa operante. La donna, Maria, è la piena accoglienza di Dio nel mondo: non può non generare il Figlio di Dio la donna che ha accolto Dio con una tale pienezza che ormai esiste solo per Lui.
"Ecco la serva del Signore: avvenga a me secondo la tua parola!": Maria esprime tutta la libertà con la quale l'umanità e la creazione intera si affida all'Amore di Dio, e si lascia rigenerare dalla sua Parola. L'esperienza della fede di Maria è la realizzazione del desiderio di comunione di Dio che giunge sino ad incarnarsi. "Nulla è impossibile a Dio". L'onnipotenza di Dio è l'onnipotenza dell'Amore che ha bisogno della libertà di una giovane donna per incarnarsi ed essere generato da lei: Dio, il figlio, carne della sua carne credente,
Adesso Maria "alzatasi, partì verso la montagna, in fretta, verso una città di Giuda...": è bellissima questa descrizione di Maria, icona della comunità cristiana di Luca. Maria "alzatasi": è il verbo della risurrezione. La fede ha cambiato la vita alla piccola ragazza di Nazareth che da questo momento tutta la storia esalterà. Tutti gli schemi umani cominciano a saltare: "Dio ha fatto per me meraviglie...ha guardato al mio niente...". Questa ragazza ha sperimentato l'Amore: è piena di una gioia incontenibile. Porta con sé la vita, genera vita, e comincia a correre verso il mondo intero: nessuno più potrà fermarla.
"Entrò nella casa di Zaccaria": se il mondo intero è l'orizzonte verso cui è incamminata, Maria ormai vive concretamente la sua esperienza di credente: l'infinito di Dio sta nelle piccole cose della vita quotidiana. Maria corre verso una città di Giuda, ma non verso il Tempio dove Zaccaria sacerdote era stato chiamato da Gabriele, ma verso la sua casa: ormai Maria ha imparato lo stile di Dio, la sua ferialità.
"E salutò Elisabetta": Gabriele aveva salutato lei, perché aveva guardato alla piccolezza della serva di Dio". Adesso lei saluta Elisabetta, che tutti ritenevano sterile. Ma adesso Maria sa che Dio ama gli ultimi, i peccatori, le donne, ritenute giuridicamente ultime.
Non sappiamo come Maria abbia salutato Elisabetta: in tutta la scena Maria non parla. Eppure il gesto di Maria, la sua presenza, la grazia di cui è piena, la sua bellezza, l'amore di cui vive, fa sussultare di gioia il bambino nel grembo di Elisabetta.
"Quando udì il saluto di Maria Elisabetta, sussultò il bimbo nel suo grembo e fu riempito di Spirito santo Elisabetta"
Maria è testimone della fede, non con le parole, non con gesti singolari: "udì Elisabetta" c'è un modo nuovo di "ascoltare", è tutta la persona che si apre all'ascolto. Maria "parla" con il suo saluto, con la sua umanità così vera perché piena di Dio. Tutto è così normale in questo incontro di due donne incinte: eppure tutto diventa così nuovo, così intenso. Il figlio del suo Amore rende pieno di gioia il bambino nel grembo di Elisabetta che ancora prima di nascere, esulta perché tutto ormai è vita nuova.
"E fu piena di Spirito santo Elisabetta": l'incontro con Maria, la relazione con lei, la apre all'azione dello Spirito santo. Ormai lo Spirito è operante, riempie l'universo e trasforma la vita di ogni persona che si abbandona a Lui.
Il saluto di Maria, l'intensità dell'incontro, ha liberato la vita di Elisabetta che "si era nascosta per cinque mesi", e dalle sue labbra sgorga un inno di gioia: l'esperienza che le ha riaperto la vita, adesso, da lei stessa viene interpretata e proclamata, perché continui la catena delle donne che credendo, rigenerano la vita.
"Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!": adesso è finita la tristezza della donna che non aveva creduto all'amore di Dio, adesso il suo grembo è benedetto.
"A che debbo che la madre del mio Signore venga a me...?": Elisabetta è stupita per la meraviglia della gratuità della logica nuova di Dio che entra nel mondo, nella sua vita, nel frutto del suo ventre, incarnandosi nel ventre di una giovane donna.
"E beata colei che ha creduto che ci sarà compimento alle cose dette a lei da parte del Signore". In questa frase stupenda troviamo la più intensa definizione dell'esperienza della fede di Maria e la più completa interpretazione di Maria stessa, la donna credente, la donna felice.
Adesso anche le labbra di Maria si schiudono nel suo cantico: "Rende grande la mia anima il Signore ed esulta il mio spirito in Dio mio salvatore...". Tutto è così grande e tutto è così intimo. Tutta l'umanità di Maria è pervasa di Dio: la piccola ragazza di Nazareth esplode di gioia.
Tutto questo è per noi, perché noi pure viviamo la nostra esperienza della fede e gustiamo la gioia di Dio che ci è più intimo di quanto noi stessi possiamo essere intimi a noi stessi.