Omelia (25-12-2012)
don Luciano Cantini
Luce - stalla - periferia

Un breve versetto del vangelo di Luca ci annuncia la gioia del Natale, ma è versetto denso di significati che vanno oltre le parole. Come sappiamo il racconto evangelico non ha preoccupazioni storiche - nel senso tecnico della parola - ma quelle di promuovere la fede in chi lo ascolta, di coinvolgerlo di farlo entrare in quella storia che è storia di salvezza.

Diede alla luce
Quante altre espressioni sono nel vocabolario che esprimono la nascita, eppure Luca sceglie proprio dare alla luce, perché Gesù è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Giovanni 1,9).
Zaccaria alla nascita di Giovanni aveva detto "Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte" (Lc 1,78-79). Il mistero di quella luce ci avvolge e ci coinvolge, non solo illumina "i nostri passi sulla via della pace" (Lc 1,79) ma ci rende noi stessi luce per il mondo (Mt 5,14). È necessario dunque che la luce che è in noi non sia tenebra, che il nostro corpo sia tutto luminoso, senza avere alcuna parte nelle tenebre e sarà tutto nella luce (cfr. Lc 11, 35-36). È favoloso come Luca parli di corpo luminoso, non di spirito o di anima, perché la testimonianza della luce non è un fatto interiore ed intimistico ma si manifesta nelle scelte concrete della vita nella società in cui viviamo.

Lo pose in una mangiatoia
La tradizione antichissima mette accanto a quella mangiatoia un bue e un asinello riprendendo una immagine del profeta Isaia (1,3) in cui il bue e l'asino riconoscono la mangiatoia del loro padrone al contrario del popolo d'Israele che non riconosce l'opera di Dio. Questa tradizione non ha concretezza storica ma l'immagina che Luca ci offre è sicuramente quella di una stalla ed il bambino fu posto nella mangiatoia per gli animali. L'immagine allegorica è estremamente forte: fin dalla nascita Gesù si offre come nutrimento. L'iconografia orientale va assai oltre trasformando la mangiatoia in un sepolcro per insegnarci a comprendere che il mistero del natale è il mistero del dono che il Signore fa di se stesso.
La stalla ci fa pensare alla paglia e al fieno e a quell'odore acre che tanto esprime la nostra piccolezza di fronte alla grandezza di Dio. Un Dio che non ha paura di farsi avvolgere da quegli odori e che accoglie ogni uomo nella sua debolezza e fragilità.

Non c'era posto
Quanta fatica per un alloggio! Quella stessa fatica che fu di Giuseppe e Maria, è adesso di tanti uomini e donne che non trovarono posto nel nostro mondo perché stranieri o disagiati. Sono coloro che dormono sulle panchine o nei vagoni del treno, ma anche quelli che per mantenersi un alloggio si accontentano di un lavoro al nero, sottopagato; sono quella vasta panoramica di persone che sembrano non contare ma che in fondo diventano utili a mantenere ricchezze e poteri altrui. Giuseppe e Maria andarono fuori, in periferia, lontano dagli sguardi dei ben pensanti e di chi prendeva decisioni. Ma gli angeli avvisarono i pastori che accorsero a vedere quel bambino e fare festa.

Anche noi vogliamo fare festa e che ogni nostra festa provi ad assomigliare a quella festa i cui uomini semplici si sono rallegrati con Giuseppe e Maria per la nascita di quel bambino che è venuto a rallegrare il mondo.