Omelia (30-12-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
Un universo bellissimo da esplorare

Il Bambino divino entrato nel mondo ha raggiunto l'uomo sotto tutti i suoi aspetti. Ha assunto un'epoca contrassegnata, una dimensione sociale e un nucleo familiare e pertanto la prima dimensione che ha vissuto il Verbo Incarnato è pari a quella di tutti gli altri uomini, poiché essa riguarda vita familiare, il vissuto di sottomissione ai genitori, le ansie della crescita, le difficoltà dell'adolescienza e della prima giovinezza.
Oltre che un valore da salvaguardare e da difendere, la famiglia è anche un universo da esplorare. Non la si può interpretare unilateralmente o darvi una visione a senso unico, perché la sua realtà è molto dinamica e complessa. Molte volte l'atteggiamento di una persona rispecchia il proprio ambito familiare, altre volte se ne distacca. Nella maggior parte dei casi la timidezza è acquisita dall'ambiente in cui si vive (da famiglie chiuse o poco comunicative), mentre altri episodici fenomeni dimostrano che esser timidi e paurosi non corrisponde ad appartenere ad un nucleo familiare di tal fatta. Dalle famiglie umili e illetterate molto spesso sorgono talenti intellettuali, altre volte dai nuclei familiari elevasti per dottrina sorgono giovani votati allo sbando e al deperimento. Parecchie famiglie facoltose e benestanti possono vivere il dramma del figlio immaturo e viziato che precipita nel baratro della droga; parecchi nuclei semplici e dimessi partoriscono elementi virtuosi e apprezzabili.
Nella liturgia di oggi si riscontrano tipologie differenti di situazioni familiari, legate ad altrettanti problemi o situazioni contingenti. Per esempio, il caso di Anna, seconda moglie di Elkana accanto a Peninna (la poligamia era legittima e legale nel tempo in cui si scrive) è speculare del dramma di tante giovani coppie costrette ad rassegnarsi a non poter avere figli per ragioni di sterilità. Nei versi precedenti si descrive infatti il pianto di Anna che non ha potuto generare figli, la vana consolazione del marito e il premio del Signore che concede successivamente alla sterile moglie la possibilità di avere un bambino. Di conseguenza adesso Anna si impegna a mostrare riconoscenza a Dio consacrando il proprio figlio Samuele alla vita del tempio. E tuttavia per inciso si sottende ad un problema esacerbante per non poche famiglie appena formate: l'impossibilità di avere figli. Come vivono le aspiranti mamme una situazione del genere? Quali atteggiamenti assumono, come si comportano gli sposi che si ritrovano a dover soffrire l'impossibilità di mettere prole al mondo, dopo aver sognato per tanti anni il matrimonio e la vita familiare nella gioiosa compagnia dei figli? Da quello che personalmente ho riscontrato non è facile da parte loro accettare quella che ora - a ragione - definiscono una condanna, poiché riguarda la frantumazione di un intero progetto di vita agognato da tanti anni, comporta lo smorzamento di un grande entusiasmo coltivato da tempo, la rottura di una serenità che credevano di aver raggiunto almeno in parte. Non sono poche le turbative psicologiche alle quali si va incontro in circostanze come queste. Non sempre è facile consolare queste coppie (soprattutto le mamme) con discorsi relativi alla volontà divina orientata diversamente, in altre parole dicendo loro che forse il Signore ha impostato per essi un programma diverso da quello della prole, magari nella dedizione maggiore al coniuge o al volontariato.
Se è da una parte è aberrante notare che si ricorre con estrema facilità alla nefandezza dell'aborto, dall'altra è spiacevole fare esperienza di giovani mamme depresse e demoralizzate per aver subito aborti involontari mentre avrebbero preferito portare avanti la gravidanza. Senza contare il fatto che moltissimi aborti volontariamente portati a termine generano a lungo andare stati di smarrimento e di angoscia in chi li ha procurati, perché il sentire materno prima o poi, immancabilmente, emerge. Nelle circostanze suddette e in altre simili le coppie necessitano di continuo sostegno morale e materiale, si richiede che non siano lasciate sole e che a loro si conceda quanta più vicinanza e solidarietà; soprattutto perché determinate esperienze incidono nella visione pessimistica della vita sponsale e familiare e l'afflizione e lo scoramento che esse comportano non facilitano la crescita nella coppia. Nella famiglia occorre credere, anche se non poche esperienze minano la nostra fede in essa. Anche quando nel corso della vita di convivenza problemi suscitati dai ragazzi e dai giovani con le loro pretese a volte assurde ci destabilizzano; anche quando vi sono drastici incidenti di percorso quali la fuga di un giovane nella droga o nel furto o in altre alienazioni facili dovute molto spesso alla mancata incomprensione all'interno della propria casa. Anche quando la figlioletta improvvisamente per imprecisati motivi scappa di casa o a sorpresa fa trovare il proprio cadavere appeso ad una corda... Anche se molte volte il mancato dialogo con i genitori, le incomprensioni e le situazioni di contrasto e i dissapori tendono a disfare l'unione della famiglia. Anche se il salario non è sufficiente a garantire il sostentamento mensile di tutti, il costo della vita è sempre più insostenibile e la perdita dell'impiego dell'unico che porta i soldi a casa (generalmente il padre) induce a volte ad atti impropri di disperazione.
Occorre credervi sempre e comunque, ed eliminare tutto quello che possa ostacolare in noi la speranza e la certezza fondate sul nucleo familiare. Ma domandiamoci: quali sono le condizioni per perseverare in questa fede? Quale visione della famiglia può incoraggiarci in determinate occasioni aberranti? Rispondiamo: la famiglia sacrale fondata sul matrimonio, cioè sulla nostra fede di essere stati eletti da Dio che ci ha motivati e radicati nell'unità sacramentale. Nella misura in cui si concepisce la famiglia come vincolo sacramentale indissolubile voluto da Cristo, la stessa fede nel Signore ci induce a vivere anche l famiglia secondo la volontà del Signore e di conseguenza a coltivare fiducia, speranza, coraggio e determinazione nella prova e nel dolore.
La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria non era affatto differente dalle nostre quanto ai problemi e alle possibilità di tentennamento: le turbative di coscienza da parte di Giuseppe sono ben note quando questi sa di aver accolto nella propria casa una donna incinta non importa seppure per volontà e per intervento divino e in circostanze ostili e avverse come quelle dell'epoca la tentazione di dover abortire poteva anche esserci. Come pure in tempi di persecuzione erodiana poteva subentrare la volontà di disfare quel nucleo familiare che tanto costava a Giuseppe o ancora potevano ingenerarsi occasioni di attrito e di dissapore fra i due coniugi o fra questi e il figlioletto Gesù. E invece nella Santa famiglia di Nazaret la Scrittura e la Tradizione se da una parte enumerano i problemi e le difficoltà insormontabili, dall'altra ci parlano sempre di unità, di coesione e di concordia. E soprattutto ci raccontano della fede vissuta, condivisa e consolidata fra i tre membri, come nell'episodio dello smarrimento di Gesù e del suo ritrovamento al tempio dopo tre giorni. E' vero che Gesù avrebbe potuto avvertire i genitori della sua assenza sulla via del ritorno da Gerusalemme, è altrettanto vero che Maria e Giuseppe dovevano essersi angosciati e impauriti nel cercarlo per ogni dove, domandando in giro di lui e percorrendo trafelati la strada per la quale poteva essere passato nel tentativo di ritrovarlo. Tuttavia Gesù nella sua età predolesenziale (12 anni) era già in grado, secondo la cultura dell'epoca, di apprendere anche da solo la Legge, i Profeti e di entrare così in relazione con il mondo rabbinico e giudaico. Quello che aveva fatto era pertanto in un certo qual modo legittimo anche dal punto di vista legale e in ogni caso "Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?" La risposta sottende sia al fatto che Gesù doveva essere stato educato dai suoi in senso religioso, sia alla verità che lui stesso, Verbo Incarnato, stava ora educando i suoi stessi genitori in tal senso e che pertanto vi era un legame con i suoi intessuto sull'orlo della fede e della devozione alla Parola di Dio. E proprio questa fede animava ogni atto e ogni momento di convivenza di Maria, Giuseppe e di Gesù, consentendo il superamento ordinario degli immancabili assilli e delle difficoltà.
La famiglia matrimoniale, a differenza di tutti gli altri sistemi di convivenza non condivisibili, si fonda sulla fede incondizionata in Colui che ci ha amati e creati e che sa cosa fare di noi (S. Agostino) e comporta che nel suo nome si trovino soluzioni ai problemi e ragioni di speranza.