Omelia (30-12-2012)
don Alberto Brignoli
Una famiglia veramente "libera"

Quando devo fare qualche riflessione sulla vita di famiglia mi sento sempre un po' in difficoltà, perché mi sento inadeguato e incapace a parlare di qualcosa di cui, per la mia scelta di vita, non ho diretta esperienza. Temo perciò che i miei discorsi possano essere sempre banali, scontati, formali, e che non riescano a tener conto del vissuto reale e concreto della vita di ogni giorno.
Allora, quest'oggi, in questa festa della Santa Famiglia di Nazareth, più che dare dei consigli e delle esortazioni su come debba vivere una famiglia cristiana, vorrei lasciarmi interrogare un po' dalle letture di questa domenica, in modo particolare dal vangelo, per cercare di capire quale luce riesca a gettare sul concetto di famiglia così come lo sperimentiamo ogni giorno.
Parto dalla domanda che Maria rivolge a suo figlio Gesù che, da buon adolescente, cerca di prendersi i suoi spazi e la sua autonomia e mette in apprensione il papà e la mamma, perdendosi addirittura per tre giorni a Gerusalemme.
"Perché ci hai fatto questo?": quante volte domande simili a queste vengono rivolte dai genitori a figli che hanno comportamenti forse non del tutto confacenti a ciò che essi si aspettano da loro? A questa domanda, in realtà, si possono dare diverse accezioni: può essere una semplice richiesta di chiarimento (a volte detta con calma, a volte magari anche con un po' di nervosismo) su qualche cosa che i figli hanno commesso e che non è del tutto garbato ai genitori; oppure può essere un grido angosciato di fronte a sciagure o a fatti incresciosi commessi dai figli; o ancora, un modo molto esplicito di rinfacciare il bene fatto a loro, un bene a volto ripagato con il male o con atteggiamenti a dir poco scortesi.
In definitiva, questa espressione angosciata di Maria sta a significare come si investe sempre molto sui figli e sul loro futuro, ma spesso le loro scelte e i loro comportamenti ce li rivelano diversi da come noi li vorremmo. Penso che il nocciolo della questione, per un genitore (e nel caso nostro specifico per un genitore credente), stia proprio qui: i figli e le loro scelte di vita sono il risultato, il frutto della nostra educazione oppure con loro c'è di mezzo un Dio che li deve "occupare nelle sue cose" come è stato per Gesù sin da fanciullo? Dobbiamo indirizzare i figli verso scelte di vita che a noi paiono adeguate per loro oppure dobbiamo impostare le nostre scelte educative e quindi la vita di famiglia su un'idea di libertà per cui ognuno in famiglia sceglie le proprie inclinazioni, giuste o sbagliate che esse si rivelino?
Cosa ci sta dietro al concetto di "famiglia aperta e libera" presente nella mentalità della società corrente? A me pare che oggi il concetto di libertà nella vita di famiglia venga concepito dalla società in tre modi:
• scegliersi i "propri modelli affettivi". Oggi ne esistono veramente un'infinità, alternativi e non al concetto classico di "uomo + donna + figli", e non mi sento nemmeno di elencarli;
• scegliersi i "propri tempi", quelli per cui le relazioni si vivono a tempo determinato (solitamente finché dura...) o quelli per cui ognuno in famiglia si gestisce i propri tempi indipendentemente dagli altri. Pensate anche solo quanto sia diventato difficile riuscire a trovarci tutti insieme seduti attorno ad un tavolo a mangiare nello stesso momento;
• scegliersi i "propri spazi", ossia gestirsi momenti e luoghi "propri" in cui l'altro, con il quale ho fatto una scelta di vita, comunque non deve entrare perché "ho bisogno dei miei spazi". Non dico che non sia lecito pensarla così, ma mi pare che a volte nella vita di coppia si tenda a ribadire con una certa forza delle posizioni individualiste che rischiano spesso di diventare eccessive (della serie "non mi devi toccare la mia serata libera settimanale per uscire con gli amici o le amiche o per dedicarmi ai miei interessi").
L'idea di famiglia libera che emerge dallo stile di vita della famiglia di Nazareth è invece un altro, e si basa sull'idea che i singoli membri di una famiglia e le loro scelte di vita vanno certamente lasciati liberi, ma perché in fondo non ci appartengono, non sono nostri, ma di Dio, ed è lui che dispone, secondo il suo disegno, della vita di ognuno. Accettato e compreso questo concetto di fondo, ne viene di conseguenza pure l'accettazione di quello che dalle letture di oggi ci viene proposto come modello di vita familiare:
• i figli sono "offerti al Signore" (così come si esprime Anna nella prima lettura) per ciò a cui lui li chiama, perché essi non appartengono ai loro genitori, ma sono dei doni ricevuti da Dio e come tali non dobbiamo appropriarcene avidamente, ma ringraziare Dio per le scelte di vita a cui lui li vorrà chiamare. E le scelte a cui Dio chiama non possono essere cose "strampalate", avulse dalla normalità o contro natura: per cui, se i figli fanno scelte che non stravolgono la natura delle cose, la difesa della vita e i valori e i principi a cui li abbiamo educati, vanno assecondati nelle loro scelte, anche se a noi possono risultare poco comprensibili;
• i genitori devono essere messi nella possibilità di comprendere "perché i figli ci hanno fatto questo", quando li interrogano al riguardo. Gesù ha risposto a sua madre motivando la sua scelta di rimanere nel tempio: per cui, è doveroso che i figli sappiano entrare in dialogo con i genitori motivando il perché di scelte che a loro possano sembrare strane, fosse anche solo per riconoscere di fronte ai genitori "sì, ho sbagliato e chiedo scusa". La cosa peggiore è fare scelte di qualsiasi tipo in silenzio, di nascosto, senza mai motivare nulla in casa, pensando spesso di farla franca. Si fa solo del male ai propri cari...;
• i genitori rimangono comunque dei punti di riferimento a cui "stare sottomessi", per poter crescere in "età, sapienza e grazia". "Stare sottomessi" non è un invito alla schiavitù o alla padronanza, ma è la presa di coscienza che chi ha più anni di noi è come chi sta su una collina in un punto più in alto di noi: vede meglio di noi il panorama della vita, perché quella strada, lui, l'ha già percorsa, capendone i limiti e valorizzandone gli elementi positivi;
• infine, la vita va vissuta come faceva Maria, "meditando in silenzio queste cose nel suo cuore". Significa che non sempre nella vita di famiglia riusciamo a capire i pensieri degli altri, le loro scelte, i loro comportamenti, le loro inclinazioni, spesso nemmeno i loro sentimenti: ma la vita va vissuta lo stesso con intensità e fiducia negli altri, certi che Dio ci aiuta, poco a poco, a farci comprendere quale disegno ha su coloro che condividono con noi un pezzo di questo sentiero della vita.