Omelia (01-01-2013) |
don Alberto Brignoli |
Se anche noi costruissimo Pace... Ogni anno, in occasione proprio dell'inizio di un nuovo anno, da quasi mezzo secolo ci ritroviamo per innalzare a Dio la nostra preghiera perché il mondo possa iniziare una nuova epoca in pace, senza conflitti sanguinari. E mai come oggi si fa attuale l'accorata preghiera mondiale per la pace. L'attualità, però, non è data solo dalle notizie provenienti dalla Siria, o dall'Egitto, o dall'India, o dal Congo, o dall'Afghanistan. I focolai di guerra e di violenza presenti attualmente nel mondo sono numerosissimi, oltre un centinaio, più della metà dei quali dimenticati perché fruttano poco nel business dei mezzi di comunicazione sociale. Sì, perché dobbiamo essere onesti nell'ammettere che uno dei motivi per i quali nel mondo non cessano mai episodi di guerra e di violenza tra diversi popoli o all'interno di una stessa nazione è proprio quello dell'incredibile giro d'affari generato da una guerra: dal commercio delle armi all'aumento del consumo di carburante, dalla macchina produttrice di notizie alla speculazione sui titoli di borsa dei paesi belligeranti, c'è sempre moltissima gente che - consapevole o meno - vive sulla necessità che nel mondo alcuni uomini si odino tra di loro. E se qualcuno è portato spesso ad affermare che occorre essere realisti e considerare che non è possibile fare altrimenti, io sono certo che come cristiani - ma anche solo come uomini di buona volontà e di rette intenzioni - non possiamo in alcun modo cadere nella drammatica rassegnazione di dover chinare il nostro capo di fronte ad affermazioni "realistiche" di questo tipo. Mi piacerebbe poter continuare a pensare che potremo, un giorno, giungere ad essere realisti dicendo che la pace, e non la guerra, è una realtà necessaria allo sviluppo socio-economico del pianeta... Già, la pace dovrebbe essere un po' più scaltra, ed adottare una logica simile a quella adottata dalla guerra, ovvero agire nell'interesse economico di chi prevale sull'altro, di chi è più forte dell'altro, questa volta, però, ribaltando la bilancia a suo favore. Se nella guerra, la bilancia degli interessi economici pende a favore di chi prevale sull'altro perché militarmente ed economicamente più forte, in una logica di pace la bilancia dovrebbe pendere a favore di chi, in un contesto purtroppo ormai quasi normale di guerra, è costretto sempre e solo a soffrire soprusi di ogni tipo, e a vedersi così privato della possibilità di emergere dalla propria situazione di miseria. Ma purtroppo non è così, perché la guerra è sempre preceduta e seguita da momenti che, pur essendo privi di azioni belliche e quindi ufficialmente "pacifici", sono strapieni di ingiustizie che sono, appunto, al tempo stesso causa e conseguenza di altre azioni violente e ingiuste. Hanno un bel dire coloro che cercano di giustificare azioni militari o violente di qualsiasi tipo attraverso castelli di teorie che, sull'opinione pubblica, fanno grande presa, soprattutto quando si ha l'opportunità di essere padroni di diversi mass-media! Al punto che le guerre, per questi "signori" che le provocano, o che quantomeno le approvano, e che spesso le invocano come unica soluzione per la pace, sono motivate da cause a volte naturali, a volte un po' meno, ma comunque tanto evidenti quanto inevitabili: problemi di confini mai ben definiti tra nazioni vicine, abissali differenze razziali tra tribù contigue, motivazioni religiose diverse e così integraliste che impediscono qualsiasi pacifica convivenza, antiche questioni diplomatiche irrisolte, minacce terroristiche necessariamente da reprimere prima che avvenga qualcosa di peggio, e via di seguito. Poi però tutti ci chiediamo come mai questi problemi di confini tra nazioni vicine avvengano tra un paese del Continente Americano e un paese dell'Asia minore; o come mai problemi di convivenza fra tribù dell'Africa Equatoriale avvengano solo in quelle zone in cui alcune imprese straniere stanno estraendo diamanti e commerciando avorio; o perché il terrorismo internazionale ha sempre le sue cellule in paesi produttori di petrolio piuttosto che di ananas; o per quale motivo sono così conflittuali gli indios dell'Amazzonia che vivono nei pressi di riserve naturali di acqua dolce acquistate a prezzi ridicoli da una grande multinazionale delle bibite; o come mai certi contadini del Brasile si divertano a fare manifestazioni di protesta così violente in zone così pacifiche come le enormi estensioni latifondiste dei "fazenderos"; e perché mai le religioni si odiano tanto tra di loro se tutti siamo figli di un unico Dio... Se questo Dio che viene spesso tirato in ballo inutilmente come motivo di discordia tra gli uomini venisse coinvolto anche per ribadire, in suo nome, un "no" forte e deciso ad ogni forma di violenza; se la fede in questo Dio ci spingesse a dire apertamente che la violenza non fa altro che generare altra violenza; se il Dio della Pace fosse da noi più spesso invocato e adorato che il Dio delle Borse; se invece di chiedere a Dio solo il 1° gennaio di ogni anno di guardare con amore a questo mondo martoriato dalle guerre chiedessimo a noi stessi di prendere parte attiva ogni giorno nella costruzione di un altro mondo possibile basato su una cultura di pace; se invece di chiedere a Dio che faccia giustizia contro chi con una serie di bombe ammazza gratuitamente bambini, donne incinte e malati negli ospedali, cominciassimo a fare qualcosa di concreto perché siano i signori della guerra a provare ogni tanto la fame, negando loro il nostro appoggio commerciale; se invece di accusare Dio di essere ingiusto per le sofferenze ingiuste di tanti popoli ci adoperassimo, nel nostro piccolo, per fare in modo che soprattutto alle giovani generazioni di questi popoli venga assicurato un futuro migliore; se oltre a disgustarci per le immagini di violenza che i telegiornali ci sbattono in faccia durante l'ora di cena imparassimo a guardare programmi che parlano di cultura e di cose positive; se invece di rimanere delusi per le violenze domenicali negli stadi di serie A imparassimo a dire meno parolacce e bestemmie quando guardiamo i nostri figli mentre giocano nella squadra dell'oratorio; se insieme alla ferma condanna di ogni azione terroristica che stronca vite innocenti iniziassimo anche ad assumere atteggiamenti che favoriscano il dialogo tra i membri delle nostre famiglie che non si parlano più da tempo; se accanto al disappunto per l'orgoglio di presidenti di paesi in guerra tra di loro imparassimo pure noi ad abbassare un po' la testa quando qualcuno che la pensa diversamente da noi ci fa un'osservazione; se...ci mettiamo dentro tutto quello che vogliamo, purché facciamo anche noi la nostra parte.. allora, solo allora, forse, la Pace verrà! |