Omelia (25-12-2012) |
mons. Vincenzo Paglia |
Messa di Natale Care sorelle e cari fratelli, l'annuncio vero del Natale ce lo porta l'angelo in questa liturgia della notte di Natale che è quel coro di angeli che irruppe nel canto dei pastori e disse a quegli uomini che custodivano le greggi: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore. Andate a Betlemme e troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia". Questo è il Vangelo del Natale, parole che squarciano il buio di questo nostro mondo come è avvenuto per i pastori. Il buio non è solo quello della notte, ma quello che c'è in tanti paesi come il Medio Oriente rabbuiati dalle guerre e dagli eccidi; è il buio delle tante persone ovunque nel mondo che vivono sole; è il buio che sta anche dentro il cuore di ciascuno di noi quando la tristezza ci avvolge, quando la fatica ci sfianca e non siamo più capaci di guardare in alto il nostro futuro. Ma questa notte ci ha come travolti all'interno di questo coro degli angeli e ci inserisce nel mistero grande del Natale, perché abbiamo intuito che la vera luce è questa. Non siamo più abbandonati, non siamo più condannati alla solitudine, non siamo più schiavi della violenza e della morte. Il Natale è un bambino che nasce, non tra i grandi e sontuosi palazzi della Roma imperiale, ma in una oscura cittadina della periferia dell'Impero mentre era imperatore Cesare Augusto, anzi, neppure in una casa, ma in una stalla, fuori dell'abitato. Il Natale è questo, paradossale al punto che se non facciamo attenzione rischiamo di festeggiare il Natale senza sapere chi si festeggia. E questo lo constatiamo con tristezza. Tale è l'importanza di questo giorno che i nostri padri cambiarono il corso degli anni da prima e dopo Cristo, il tempo e la storia sono così diversi da allora. Abbiamo fatto bene a venire a questa celebrazione perché questo Bambino ci fa rinascere, cambia la vita, fa trovare una dimensione che magari abbiamo dimenticato o che non viviamo più con intensità. Non siamo qui semplicemente a festeggiare un compleanno, ma partecipiamo a questa celebrazione perché intuiamo che quel Bambino è davvero il Signore del mondo che può cambiare la vita. La nostra salvezza non è il successo, il denaro o una persona, o nell'avere tutto, nell'essere tranquilli e neppure nell'essere tristi o disperati. La nostra salvezza è solo in quel Bambino. Questo è il Natale, che ci deve toccare il cuore. Lasciamoci aiutare, lasciamoci amare, non ritiriamoci per paura, non chiudiamo le nostre porte per paura di essere amati da questo Bambino. Anche ai nostri cuori spesso manca l'amore. C'è la paura dell'amore, di essere abbracciati, di essere coinvolti, la paura di dovere credere che questo Bambino ci ruba qualcosa, quando al contrario ci dona tutto, ci dona l'amore che è quel che manca quando il nostro cuore ci porta solo a noi stessi, a pensare solo ai nostri interessi. Il Natale non è una parentesi per venire in chiesa, poi passati questi giorni tutto ritorna come prima. No, Gesù non è venuto come una sorta di anestetico, ma è venuto per cambiarci, come un potente che porta la salvezza per tutti, che cambia la storia. Accogliamo l'annuncio di questa notte come un annuncio di speranza; sì a Natale possiamo ripartire, possiamo rinascere, possiamo fronteggiare la crisi che è innanzi tutto una crisi interiore, una crisi di speranza, di rassegnazione di fronte a quanto sta accadendo attorno a noi. Questa notte è segno di rinascita che significa avere nel cuore una goccia dell'amore di quel Bambino, che è venuto per amarci senza tirarsi indietro di fronte all'indifferenza di chi non lo ha accolto o non ha trovato un posto per lui, come spesso oggi non c'è posto per gli stranieri nelle nostre città. Gesù è venuto per sciogliere questa freddezza, per donarci l'amore gratuito che non chiede reciprocità, che si contenta di una stalla pur di starci vicino. E' questo l'amore di cui abbiamo bisogno, questo nostro mondo ne ha bisogno. C'è bisogno di ripensare una maggiore sobrietà nella nostra vita, per dare più peso ai rapporti umani tra di noi, per essere più attenti ad una vita di amicizia, più saldi nel mantenere i rapporti tra noi, all'interno della famiglia, all'interno della città. Troppo spesso crediamo che i soldi siano tutto e che l'amore si compra, che stando soli e pensando solo a noi stessi siamo più felici, ma non è così. La felicità è quando una goccia dell'amore di quel Bambino nasce dentro il nostro cuore. Natale vuol dire che chiunque di noi, non importa gli anni e la condizione che ha, può rinascere con un po' più d'amore nel cuore. Allora gli anziani potranno gioire, i figli sognare, i giovani alzare di più la testa, le famiglie essere più serene. Un amore che ci fa capire che la felicità è pensare agli altri, andare incontro agli altri. E' questo quello di cui ha bisogno la nostra città, il nostro Paese, l'Europa. Il rischio che tutti stiamo correndo è quello di ripiegarsi su noi stessi, di chiudersi nei proprio interessi personali che è del resto la radice del male. Abbiamo bisogno di un amore più robusto, più generoso, che ci faccia stendere le braccia, che ci faccia aprire il cuore. Ecco perché domani qui in Cattedrale si apriranno le porte per accogliere alcune centinaia di poveri perché possano mangiare con letizia e vivere il loro Natale. E' un po' come un presepe alla rovescia: viene Gesù e noi gli diamo una stalla, Gesù da la Cattedrale ai poveri, la casa più bella che abbiamo. E' il ritrovarsi insieme, in famiglia, di tante persone che altrimenti trascorrerebbero il Natale da sole perché non hanno la possibilità di invitare nessuno o perché non hanno la famiglia con loro. Buon Natale a questa nostra città che ha bisogno che la frammentazione venga sconfitta, che ha bisogno di una solidarietà più evidente e più audace. |