Omelia (06-01-2013)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Marco Simeone

Da bambino ero convinto che l'Epifania fosse il nome complicato per dire che era la festa della befana (beh nella mia epoca andava molto più forte la befana di babbo natale...); ora sono cresciuto e so che non è così, però lo dico sempre per non perdere l'occasione.
L'epifania è la festa della manifestazione di Gesù alle genti, a tutti quei giusti che in ogni epoca hanno cercato Dio. Aggiungerei da subito che in fondo è tutta un questione di strade, ma questo lo vediamo dopo. Epifania significa "manifestazione", ed è il momento in cui Gesù, nato, viene riconosciuto e adorato, addirittura da persone che non erano credenti, questo indica che è una manifestazione piena, universale, che interpella ogni uomo. Fino a quel momento Giuseppe e Maria avevano avuto solo la visita dei pastori nella notte della nascita, ma qui è tutta un'altra storia.
Ci sono due personaggi e una strada che a volte si perde e a volte si ritrova, e qualche altra si cambia: da una parte i magi e dall'altra Erode. Sono costruiti come contraltare uno all'altro.
Erode è il faraone moderno, colui che detenendo il potere, crede di disporre della vita degli uomini. È un potere che sa di morte, non solo perché poi ucciderà gli innocenti, ma perché non aspetta nulla dalla vita (quando riceverà l'annuncio della nascita del Messia dovrà chiamare gli scribi di corte per recuperare il catechismo e informarsi...), è abbarbicato alla poltrona e guai a chi si prova a cambiare alcunché. Per correttezza la sua corona era quella di un re fantoccio perché tutto dipendeva da Roma, lui ritirava solo le tasse e poi spediva a Roma; ma proprio perché era una corona di cartapesta, ci si attaccava con ancora più disperazione. È un debole che non accetta la sua debolezza, ci si ostina e, alla fine, lo fa pagare agli altri.
Dall'altra i magi che sono le persone rette, il vangelo non ci dice che sono tre e nemmeno che sono re, semplicemente magi, cioè gli scienziati dell'epoca. Al contrario loro sono quelli che scrutano il cielo per capire, perché sanno che la verità sta tutta là e bisogna solo imparare a leggerla; non hanno poltrone da difendere e, quello che hanno, lo omaggiano con serenità al nuovo re.
Uno teme la verità e l'altro la cerca, uno sta chiuso, barricato nel suo castello e gli altri sono in movimento da terre lontane; uno non sa niente e quelli sono scienziati; uno sarebbe credente ed è penoso, gli altri sono dei pagani con un cuore retto, ecc. ecc.; tante sono le differenze, sembra quasi che Matteo abbia esagerato, ma a volte è la realtà ad essere esagerata.
In mezzo c'è la via con una "stella" molto speciale ad illuminarla: è la parabola della vita.
I magi guardavano il cielo e Dio proprio nel cielo gli manda il segno; se erano subacquei avrebbe mandato forse il pesce come a Giona o che ne so: certo che ha parlato la loro lingua, gli ha dato il segno che loro potevano capire. L'Incarnazione di Dio è proprio la scelta da parte Sua di prendere il nostro passo: non nascosto oltre le nubi ad aspettarci e darci voti per entrare in paradiso, asettico ed incapace di affetto. Al contrario, un Dio che non ci lascia soli, che ha così tanta pazienza di parlarci di sé e del paradiso "in comode rate giornaliere", che parla la nostra lingua, certo non rimane incollato lassù ad aspettare che noi parliamo la Sua, Lui ci conosce bene e sa quello che ci serve. La strada è lunga, dall'oriente (la terra mitica dei sapienti) passando per Gerusalemme fino a Betlemme; a volte la stella che brilla come un faro e a volte che stranamente si spegne. È il cammino che li trasforma da cercatori in annunciatori, perché la sosta da Erode serve alla Provvidenza di Dio per annunciare ad Erode che finalmente è arrivato il re vero, quello a cui sì che appartengono le genti, ma perché se ne sa prendere cura e dare il vero cibo, come dire: "grazie Erode di quello che hai fatto come supplente, ora però tranquillo che ci penso Io a guidare te e il popolo verso la vita vera, verso le acque tranquille". La verità, anche solo cercata, li ha trasformati in annunciatori, è la verità stessa che li guida, mentre la verità, ultima occasione per Erode, lo indurisce, diventa disumano, schiavo di se stesso, vittima e carceriere di se stesso. Doveva essere lui la stella "locale" per cercatori pagani, si rivela tenebra sconfinata. Ora, come prima, Dio si prende cura dei magi, se Erode gli ha detto solo Betlemme, per il resto c'è la stella ad indicarlo. E finalmente l'incontro con i doni.
Ora quanto assomigliamo all'uno o agli altri?
Ma certamente ai magi!!!
Sicuri?
Breve cartina di Tornasole: io sono stella o tenebra per chi intorno a me cerca Dio? Gioia o tristezza, aria pulita o puzza di muffa? Il mio cuore cerca o disperatamente sta arroccato? Cerca la verità tutta intera o sta arroccato nei propri castelli interiori, nei propri progetti? Aspetto Qualcuno o devo chiedere agli scribi per ricordarmi che aspetto Qualcuno? La lista si fa lunga: nel mio matrimonio io sono un "magio" o un Erode? Servo e cercatore della verità e dell'amore o tiranno feroce (certamente per ragioni così sacrosante che è lecito tutto)? Nel mondo del lavoro: io proteggo il bene, la giustizia e chi vi si adopera o metto tutto sotto un cumulo di "tanto va così"?
I magi incontrano Gesù, un incontro scritto in modo sintetico, ma così importante che gli fa cambiare la strada (aiutati dal sogno) e lasciano Erode a bocca asciutta.
Per questo prima dicevo che l'Epifania è questione di strade, vecchie o nuove, mie o di Dio.
Loro sono tornati per una strada nuova: anch'io sono chiamato ad incontrare Gesù, oggi, in questa messa che è come tutte le altre e come tutte è infinita e straordinaria, e ad aprirgli il cuore.
Ascolta questo invito e intraprendi questa strada nuova, incontrerai tanti fratelli, i giusti di Dio per i quali Lui gioisce e gli ha donato la pace.
Quindi anche per te!
Buona strada.