Omelia (06-01-2013)
Ileana Mortari - rito romano
I re magi tra storia, teologia e leggenda

Il celebre episodio della visita dei Magi a Gesù, narrato solo da Matteo, rientra nell'ambito dei cosiddetti "vangeli dell'infanzia" di Matteo e Luca, che costituiscono una rilettura teologica di fede dei primi episodi di vita del Messia, alla luce delle profezie anticotestamentarie. In essi il primo problema che si pone è il complesso rapporto storia-teologia, che esclude allo stesso modo sia una lettura dei fatti cronachistica, sia una "invenzione" di essi sulla base delle profezie e senza riscontri nella realtà. Occorre infatti ricordare che tutti i vangeli dell'infanzia hanno un'indiscutibile base storica, anche se non vanno presi alla lettera, perché la "storia" è stata in certo qual modo "rivestita" di aggiunte ed elaborazioni intese a raccordarla con gli antichi preannunci del Primo Testamento. E' quanto vedremo in questo commento, relativo all'affascinante episodio dei Re Magi.

Il vocabolo greco "magos" (derivato dal persiano antico "magu-mogu") ha un'ampia gamma di significati, con una duplice accezione, positiva e negativa: sacerdoti persiani, sapienti, astrologi nel primo caso; maghi, incantatori e ciarlatani (cfr. At.13,6.8) nel secondo. Nel testo di Matteo sembra giusto pensare a deisapienti, esperti di astronomia, "orientali", dunque babilonesi o arabi (dall'Arabia infatti provenivano i loro doni), o più probabilmente persiani, visto che le pitture antiche li presentano vestiti alla maniera dei persiani.

Quest'ultima ipotesi è avallata anche da alcuni padri della chiesa come ad esempio Clemente di Alessandria, che vedeva i magi come adepti di Zoroastro, e da alcuni vangeli apocrifi. Siamo a conoscenza tra l'altro di un'antica profezia in cui Zoroastro parla a suoi tre discepoli dicendo:«Intendo rivelarvi un prodigioso evento, che riguarda il re che deve venire al mondo. In verità alla fine dei tempi, e alla dissoluzione finale, un figlio sarà concepito da una vergine con tutte le sue membra, senza che uomo le si sia avvicinato. La sua nascita sarà segnalata dall'apparizione di un astro luminoso. Sarà simile ad un albero dai bei rami e carico di frutti, pure crescendo in un luogo arido. Ristabilirà il regno del bene e del male. Gli abitanti della terra si opporranno al suo sviluppo e tenteranno di sradicarlo, ma non vi riusciranno. Poi lo prenderanno e lo uccideranno sul legno: cielo e terra saranno in lutto». Secondo molti studiosi, tale profezia garantisce la storicità del racconto di Matteo 2,1-12, dimostrando come la nascita di un Salvatore era un evento atteso non solo dal popolo ebraico.

Inoltre R. Laurentin evidenzia diversi tratti storici contenuti nella pericope, come l'astuzia e la crudeltà di Erode oppure l'esistenza di astronomi viaggianti in Oriente.

Ancora: sul piano storico l'arrivo a Gerusalemme di dignitari pagani attratti dalla fede monoteistica del giudaismo o del cristianesimo trova riscontro nelle conversioni che si erano registrate nel passato (regina di Saba e regina di Adiabene) e nel presente.

SIGNIFICATO TEOLOGICO

Però, nella stesura del suo vangelo, Matteo non ha intenzioni storiche, ma evangelizzatrici; dunque è soprattutto il messaggio teologico che dobbiamo cercare nell'episodio dei Magi.

Il primo evangelista vuole insegnare una verità importante e precisamente che il Cristo non è venuto a salvare solo gli Ebrei, ma anche i popoli lontani, i pagani.

Agli Ebrei si rivela tramite la rivelazione profetica, ai gentili tramite l'astrologia che era molto coltivata tra quei popoli. Anche i pagani attendono il Salvatore e vi sono preparati, a loro modo, ad opera della natura.

Non a caso "l'orizzonte del racconto dei Magi è costruito sulla falsariga di un testo famoso del libro di Isaia (60,1-5), dove si descrive una processione dell'intera umanità che giunge a Gerusalemme.....Per Matteo la luce è Gesù, non più Gerusalemme, e i Magi sono l'avanguardia dei popoli pagani che camminano verso di lui. La venuta dei Magi, letta in questo contesto, assume una chiara dimensione universale, che va confrontata con la finale dell'intero vangelo: "Andate e fate discepole tutte le genti" (Mt.28,19). Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Gesù" (Maggioni, I personaggi della natività, Ancora, p.47

Inoltre Matteo, che scrive con molta probabilità il suo Vangelo per una comunità di giudeo-cristiani, sembra voler spalancare loro lo sguardo: il Messia è venuto ed è veramente il «desiderato dalle genti».

Ma, con grande meraviglia, egli deve appurare che tra i primi ad accogliere il Messia non ci fu il potente partito ebraico dei sadducei, né il sommo sacerdote, né i membri del sinedrio (cfr.2,3), ma proprio degli stranieri, pagani e incirconcisi.

Il rifiuto di riconoscere Gesù quale Messia da parte della nazione giudaica si vede già al momento della nascita, e culminerà più tardi sul Calvario. Matteo chiarisce subito, già nelle prime righe del suo scritto, che l'accoglienza che il popolo d'Israele ha riservato al suo Salvatore, non è stata per nulla trionfale, anzi... Questa indifferenza e disprezzo di molti ebrei nei confronti di Gesù andrà via via crescendo nel corso del suo vangelo: si vedano Matteo 8,12 («I figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti»), Matteo 21,33-44 (la parabola dei vignaioli omicidi), e Matteo 27,22 (dove tutto il popolo urla: «sia crocifisso!»).

UN MESSAGGIO PER L'OGGI

Sulla scorta del biblista M. Orsatti, in "Natale: la bella notizia", Ancora, pp.49 e ss., possiamo così delineare il messaggio per l'uomo d'oggi che emerge da questa bella pagina matteana.

"Cristo è il dono divino all'umanità. Lo si potrà incontrare solo all'incrocio di due forze concomitanti, l'iniziativa umana e la risposta dell'uomo. I Magi offrono uno spaccato della collaborazione umano-divina percorrendo le tappe di ogni uomo, dalla legge naturale alla Scrittura, fino all'incontro con Cristo, riconosciuto e adorato. Prima di rivelarsi nel suo Figlio, Dio si manifesta attraverso la mediazione della legge naturale e della Scrittura. Così, ecco anzitutto la stella, che, al pari di tutto il creato, è un messaggio di Dio all'uomo. I Magi si mettono in cammino sollecitati dalla stella, che rappresenta l'ordine naturale, il più semplice grado di comunicazione divina.

Ma con la sola natura l'uomo non arriva a Cristo, proprio come i Magi non pervengono al bambino. Occorre una mediazione importante e divina, la Scrittura ("Lampada per i miei passi è la tua parola" - Sal.118/9,105), che tuttavia rimane uno scrigno sigillato, se non trova l'interprete autorevole......Gli scribi giudei rendono ai Magi il prezioso e insostituibile servizio della esatta lettura della Scrittura. Questa appiana la strada che conduce a Cristo."

Inoltre:

"Gli uomini di cui parla Matteo non erano soltanto astronomi. Erano "sapienti"; rappresentavano la dinamica dell'andare al di là di sé, intrinseca alle religioni - una dinamica che è ricerca della verità, ricerca del vero Dio e quindi anche "filosofia" nel senso originario della parola. Così la sapienza risana anche il messaggio della "scienza": la razionalità di questo messaggio non si fermava al solo sapere, ma cercava la comprensione del tutto, portando così la ragione alle sue possibilità più elevate............I sapienti dell'Oriente sono un inizio, rappresentano l'incamminarsi dell'umanità verso Cristo, inaugurano una processione che percorre l'intera storia. Non rappresentano soltanto le persone che hanno trovato la via fino a Cristo. Rappresentano l'attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo." (J. Ratzinger, L'infanzia di Gesù, Rizzoli 2012 pp.111-3)

TRADIZIONI E LEGGENDE

Come mai noi parliamo sempre di tre Re Magi, che invece Matteo cita solo come "magi"? Qui occorre riferirsi a tradizioni e leggende.

La tradizione popolare li considerò dei re, probabilmente per influsso del Salmo 72: «I re di Tarsis e delle isole offriranno tributi, i re di Saba e di Meroe gli presenteranno doni» (Sal 72, 10).

Quanto al loro numero, è stato variabile nel corso dei secoli (da 2 a 12!). Oltre ad Origene (183-254 d. Cr.), è nel V° secolo che il "Vangelo armeno dell'infanzia" li limita a tre, basandosi certamente sui tre doni: oro, incenso e mirra. Nel medesimo apocrifo i tre magi ricevono un nome: Melkon (o Melchiorre), re dei Persiani; Gasparre, re degli Indiani e Balthasar (Baldassarre), re degli Arabi, e la successiva fantasia popolare avrebbe attribuito loro una notevole longevità: rispettivamente 116 anni, 109 e 112. Secondo Agostino sarebbero pervenuti dalle tre parti del mondo allora noto: Africa, Europa e Asia; la posteriore fantasia popolare rappresenterebbe in loro le tre razze umane conosciute sin dall'antichità: la bianca, la gialla e la negra, che rendono omaggio al cristianesimo.

Infine la tradizione cristiana ha altresì colto il valore rivelativo dei doni. Per dirlo con S. Piero Crisologo, i Magi "con l'incenso riconoscono che Gesù è Dio, con l'oro lo accettano come re, con la mirra esprimono la loro fede in colui che doveva morire." Sono così richiamate in modo essenziale le verità di Gesù: la sua divinità, la sua predicazione del Regno, la sua redenzione salvifica.