Omelia (13-01-2013)
Riccardo Ripoli
Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto

Quando nasciamo la gioia dei nostri genitori è al settimo cielo, si sentono felici per aver dato alla luce un bambino, un figlio nel quale compiacersi, ritrovare sé stessi, riporre le proprie speranze. Anche Dio si compiace di questa nuova creatura che è Suo figlio ancor prima che nostro. Ha grandi speranze su di lui, ma anche su di noi ai quali ha affidato Suo figlio, proprio come duemila anni fa affidò all'umanità il Suo Gesù. Ogni genitore è un genitore affidatario, non c'è distinzione se il bambino al quale diamo amore, principi, educazione, cultura, un futuro abbia il nostro stesso cognome, la pelle dello stesso colore, una fede diversa, sia nato dalla nostra pancia o da quella di un'altra donna, provenga da un paese straniero o dall'ospedale della nostra città, è e sempre sarà un figlio in affidamento. Che grande fiducia che ha Dio nei nostri confronti per affidarci tutti i suoi figli, così come un tempo ci affidò Gesù e nonostante il male che siamo riusciti a fare a Lui e a tanti altri nostri fratelli. Dio ci insegna l'accoglienza e ci mette in guardia che i figli che abbiamo non sono nostri, ma Suoi e Lui li lascia liberi di fare le proprie scelte, di seguire il proprio cuore o l'istinto, di amare oppure odiare, ma ha bisogno di noi per accudirli, allevarli fin tanto che non saranno in grado di volare da soli e nel frattempo imparare la differenza tra il bene ed il male. Tanti però sono i bambini che il Signore ha affidato ad altrettanti papà e mamme, ma molti hanno rifiutato l'incarico, ha detto di no a Dio che ha fatto loro questo grande dono. Avranno avuto le loro motivazioni, giuste o sbagliate, e non sta a noi giudicarli, ci penserà Dio, ma non possiamo lasciare che questi bimbi, rifiutati da chi il Signore aveva scelto per loro, giacciano per terra nel fango, nell'abuso, nella miseria, abbiamo il dovere di chinarci verso di loro, verso questi fratelli dei nostri figli, ed essere anche per loro genitori affidatari, al pari di quelli che Dio ci ha donato direttamente attraverso la nostra pancia.
Il Signore ci chiede di battezzare questi figli abbandonati con il nostro amore, di accoglierli nel nostro cuore, di donare loro le stesse possibilità che elargiamo ai bambini che abbiamo visto uscire dal nostro ventre. Consideriamo il mondo come una grande famiglia, come potreste preferire un figlio ad un altro, al punto da lasciarne morire uno di fame e donando all'altro tutti i vostri beni? Non fatelo con i vostri figli che ancora non conoscete, ma che sono per la strada, abbandonati da altri, ma che il Signore vuole affidare a voi.