Omelia (13-01-2013)
padre Gian Franco Scarpitta
Liberazione e gioia

Isaia annuncia il riscatto e la liberazione del popolo d'Israele dall'oppressione dei Babilonesi. Ma la promessa è rivolta a chiunque attende liberazione, non tuttavia nel senso che intenda liberarsi egli stesso, ma che aspetta qualcuno che venga a liberarlo. Nella Bibbia il liberatore dall'oppressione è sempre Dio, che con la sua affermazione decisionale e con la sua potenza interviene a favore dell'uomo sciogliendo il legame opprimente della schiavitù. Con la liberazione del popolo dall'esilio babilonese, che avverrà di fatto con l'editto di Ciro, Dio recupera il popolo alla libertà: il popolo potrà tornare in patria e godere dei vantaggi della nuova vita e pertanto può gioire e rallegrarsi. Quando si viene liberati dopo una lunghissima prigionia, è indescrivibile la sensazione di benessere e di gioia che si avverte, poiché si riscontra di poter tornare in grado di gestire le proprie azioni, ci si sente risollevati e leggeri avvertendo che il gravame che ci aveva assillati finora adesso è scomparso e ci si può gestire con autonomia. Ciò tuttavia non solamente quando cessa l'oppressione dopo un sequestro di persona, ma soprattutto quando ha termine un gravame di schiavitù al quale avevamo dato il nostro assenso pur constatando che ci consumava e che ci faceva soffrire. Cosa che avviene ad esempio quando un innamorato ha finalmente capito di essere sempre stato in realtà schiavo della propria ragazza e che questa lo vessava e lo tormentava con un amore subdolo che gli recava solo apprensione privandolo della personalità. Oppure quando finalmente ci si libera da un vincolo che si credeva prima indispensabile (la droga, il vino, il fumo) e ora che non ne siamo più avvinti comprendiamo quanto sia stato banale e melense esserne assuefatti. Di tante cose noi siamo certi di dover essere liberati eppure, come dice Oscar Wilde, tante cose noi non gettiamo via perché temiamo che altri le raccolgano... Insomma ci è piacevole quello che ci rende schiavi. E questa piacevolezza è causa di persistenza nel peccato.
La vera liberazione che Dio garantisce è proprio l'affrancamento dalla più orrenda delle schiavitù, cioè dal peccato e questo è il senso reale della rivelazione e delle varie alleanze, come pure questo è il significato fondamentale della liberazione del popolo dalla schiavitù opprimente di Babilonia.
Quando si è liberati da una situazione di schiavitù, ci si sente risollevati e si ha motivo di rallegrarsi e di esultare: gioia e gaudio perché finalmente il peso che prima ci opprimeva è stato debellato; quando ci si sente definitivamente liberi dal peccato e riscattati dalla schiavitù del maligno, la consolazione è ancora più profonda perché in quel caso acquistiamo la pace.
Come denuncia Isaia, il popolo di Israele avverte in tutti i tempi la necessità di essere liberato dal morbo maligno dell'allontanamento da Dio, che è il peccato, causa di ogni sorta di malessere nella vita individuale e collettiva, sicché Dio promette all'uomo che sarà riscattato e redento per la salvezza e la gioia e che il suo peccato sarà eliminato.
Dove avviene la nostra liberazione?
Eccoci all'episodio del Vangelo di Luca, nel quale si incontra il Figlio di Dio che "non aveva conosciuto peccato eppure Dio lo trattò da peccato a nostro favore"(2Cor 5, 21); nonostante non fosse mai stato peccatore, si dispone in fila davanti al Battista per condividere lo stato di debolezza morale di tutti i suoi contemporanei e per confessare il proprio stato di peccaminosità e di debolezza, anche se inesistente. Con la fuoriuscita dall'acqua Gesù ottiene il dono dello Spirito Santo simboleggiato metaforicamente dalla colomba (dolcezza, pace e gioia nella novità di vita) dell'avallo del Padre che lo proclama "Figlio suo prediletto". Il Battesimo predispone poi Gesù a vincere contro la tentazione demoniaca nel deserto pur essendo ad essa sottomesso e ad avere sempre la meglio sul maligno della sua opera di redenzione e di salvezza per cui il Padre lo ha mandato. Cos'è per noi il Battesimo? Non è certamente lo stesso impartito dal Battista che riguardava un solo segno esteriore attestante una realtà di conversione interiore già avvenuta: è il battesimo impartito dallo stesso Cristo nello Spirito Santo, che ha esso stesso l'efficacia del lavacro di rigenerazione che monda le nostre colpe. Esso è il primo Sacramento della vita cristiana e libera dal peccato per introdurci nella vita di grazia vincolandoci al Capo (Cristo) che è all'origine del Corpo (la Chiesa), sicché chi viene battezzato è affrancato dal peccato e introdotto nella vita della Chiesa essendo egli stesso membro dell'unico Corpo Ecclesiale nella compagine dei fratelli uniti a Cristo. Il solo termine Battesimo (Bautizo) è espressivo degli effetti di grazie che esso comporta nella nostra vita: vuol dire etimologicamente "lavacro", questo da intendersi nel duplice senso di lavacro di distruzione e debellamento e lavacro innovativo di rigenerazione. Nel primo caso si ha infatti che nel Battesimo si ottiene la liberazione dal peccato che è la radice di tutti i mali; nel secondo caso, una volta liberi e riscattati si rinasce a nuova vita e ci si dispone a camminare secondo nuova dignità di vita.
Quale effetto può mai avere il Battesimo se non quello della vita nuova, all'insegna della gioia? Chi è libero dal peccato non potrà che avvertire di essere stato mondato da un gravosissimo peso e da un malessere generale interiore dalla portata non indifferente e come sempre avviene in casi analoghi a questo avverte lo stato di ingenuità e di assurdità in cui si era trovato in precedenza; questo vuol dire che si prova gioia, letizia, gaudio da coltivare per se stessi e da condividere con gli altri ragion per cui il Battesimo è indice di vita nella comunione di amore anche con il prossimo.