Omelia (13-01-2013)
mons. Gianfranco Poma
Scese su di Lui lo Spirito Santo

Nella domenica dopo l'Epifania celebriamo il Battesimo del Signore: la Liturgia continua a farci vivere il mistero dell'incarnazione, a penetrarne i significati, a farcene gustare la pienezza e la bellezza, perché la nostra umanità sia resa partecipe della vita nuova del Figlio di Dio.
Il brano del Vangelo di Luca che oggi leggiamo (Lc.3,15-16.21-22), mette a confronto Giovanni il Battista e Gesù, la loro persona e il loro battesimo, per sottolineare la radicale novità del Figlio di Dio.
Certo nella situazione storica nella quale Luca scriveva, era vivace il confronto tra i discepoli di Giovanni e quelli di Gesù: chi dei due è più grande e merita di essere seguito? Chi è il Messia? Giovanni è il nuovo Elia, il profeta che con forza risveglia la coscienza del popolo di Dio, è il difensore integrale dei valori della Legge, è l'asceta che vive nel deserto, lontano dai centri del potere, con la nostalgia degli inizi, il tempo dell'ideale "fidanzamento" del popolo con Dio.
Gesù non grida forte, non denuncia, non fa il difensore della Legge, non vive nel deserto, non fa una vita ascetica, mangia e beve con i peccatori, non condanna le peccatrici, vive immerso nel mondo; invece di condannare, parla di perdono, di compassione, di amore, dona la vita. Chi è il più forte? Chi possiamo seguire? Chi è il Messia?
Se queste domande erano vive agli inizi della storia cristiana, conservano interamente la loro serietà anche oggi, anche per noi che rischiamo di dare per scontata la nostra adesione a Gesù, mentre dentro di noi rimane molto che ci fa essere piuttosto discepoli di Giovanni. Oggi, in particolare, tendiamo a trovare la nostra identità nell'adesione a valori morali che sono di derivazione razionale che ci accomunano a tutti gli uomini di buona volontà, mentre riduciamo la fede in Gesù Cristo ad un insignificante fatto individuale.
L'esperienza liturgica del Battesimo di Gesù, la lettura del Vangelo, interpella di nuovo anche noi: chi è Gesù? Chi è Gesù per noi?
Dopo averci presentato la persona e l'attività di Giovanni, Luca descrive la reazione da lui suscitata: "il popolo era in attesa e tutti in cuor loro si chiedevano se non fosse lui il Messia". Nello scorrere della storia cambiano i motivi, ma rimane sempre sostanzialmente identica l'attesa del popolo di qualcuno che migliori la situazione, l'utopia di poter identificare in qualche leader carismatico il messia risolutore dei problemi: in quel momento tutti speravano in cuor loro che Giovanni fosse il messia, capace di ridare forza al popolo stanco di essere oppresso.
Giovanni avrebbe potuto sfruttare il suo momento di popolarità. Con estrema chiarezza ed onestà egli invece proclama: "Io vi battezzo con acqua ma viene un altro più forte di me..." Giovanni esorta, invita alla conversione, alla solidarietà, alla giustizia, ma poi onestamente è cosciente del proprio limite: non è venditore di illusione.
Luca conclude la sua presentazione del Battista dicendo: "Con molte esortazioni annunciava la buona notizia". Per lui, la "buona notizia" è la speranza dell'intervento di Dio a favore del popolo che ascolta la sua Parola: egli non sa come, ma la fede gli dà la certezza che Dio rimane fedele alla sua promessa di amore per il suo popolo.
Ma immediatamente Luca avverte i suoi lettori (noi, oggi) che la "buona notizia" si è fatta nuova: in modo imprevedibile Dio è intervenuto a favore del suo popolo. Il suo intervento non è quello finale, risolutivo della storia: usando le parole degli antichi profeti che esprimevano il desiderio, l'attesa della venuta di Dio per la salvezza del suo popolo, Luca annuncia che è accaduto già un evento che ha dato risposta alla domanda dell'uomo che non accettando la sua finitezza, cerca sempre di salire verso l'infinito, di travalicare il suo limite, rendendo più drammatica la sua situazione: nello scorrere fragile del tempo, l'infinito di Dio è entrato nel finito del mondo.
"E avvenne: mentre tutto il popolo viene battezzato e pure Gesù viene battezzato e prega, fu aperto il cielo". Mentre descrive la fragile normalità dell'esistenza umana che sente il bisogno di essere purificata e alla quale Gesù partecipa, Luca sottolinea la novità con cui egli vive la debolezza: prega. Nel Vangelo di Luca la preghiera di Gesù ha un posto particolarmente rilevante. La sua ultima preghiera, sulla croce, sintetizza tutto il senso del suo pregare: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" (Lc.23,46). La preghiera di Gesù è l'espressione del suo vivere in dimensione filiale: egli accettando fino in fondo la fragilità, capovolge l'atteggiamento del primo Adamo; non si difende, non si ribella, non pretende, non vuole travalicare il limite. Gesù fa della fragilità il motivo del suo abbandono nelle braccia del Padre: l' accoglienza filiale della debolezza è la via per lasciare spazio all'infinito amore del Padre. La preghiera di Gesù è il momento nel quale lascia che ogni attimo della sua esistenza fragile si riempia dell'Amore infinito del Padre.
Per questo "mentre anche Gesù viene battezzato e prega, si apre il cielo e discende lo Spirito Santo su di lui". Luca ha già detto che Gesù è stato concepito perché una giovane donna ha creduto: l'evento che ha fatto nuova la storia è già accaduto. Il cielo si è aperto nel momento nel quale la donna, capovolgendo l'atteggiamento della prima donna, ha creduto l'Amore: "ha guardato la fragilità, il nulla della sua serva". Adesso l'uomo nuovo generato dalla donna che ha lasciato spazio all'infinito comincia il suo cammino nel mondo. Adesso, l'uomo che non pretende di salire, ma accetta di discendere pregando, lascia che il cielo si apra e lo Spirito scenda e crei l'uomo nuovo.
"Scese lo Spirito Santo in forma corporea, su di lui": in forma corporea, perché non è un'idea, ma un evento concreto. Nella storia è accaduto un evento impossibile per l'uomo: non è Giovanni con la sua tensione morale che lo realizza. L'uomo può solo "credere", aprirsi: è Dio che discende ed accade ben di più di ciò che egli desidera. Adesso l'uomo è nuovo: è questo mistero nel quale l'infinito e il finito si incontrano, il nulla e il tutto, in un infinito abbraccio di Amore.
"E dal cielo venne una voce: ‘Tu sei il Figlio mio, il diletto, in te mi sono compiaciuto'". Al Figlio in preghiera, il Padre risponde confermando che nel suo accettare di discendere, di svuotarsi totalmente di sé, si realizza la pienezza della loro relazione: il cielo aperto dà inzio ad una nuova comunicazione di vita, il Padre può donare pienamente se stesso al Figlio in una unità mirabile, impossibile per l'uomo, ma non per Colui per il quale tutto è possibile.
La Parola del Padre è rivolta al Figlio: "Tu sei il mio Figlio", la relazione nuova è la loro.
Ma Luca ha costruito accuratamente la scena: è per tutto il popolo che accade un evento. Lo Spirito è disceso su Gesù in forma corporea, come una colomba., perché tutti vedano. Ormai Gesù è l'uomo nuovo: la Pentecoste di Gesù inaugura una Pentecoste che sarà per tutti.
Nel momento nel quale Gesù discende-pregando: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito", Luca nota: "dicendo questo spirò". Il suo Spirito affidato al Padre è donato da lui al mondo intero, ad ogni uomo: chi come Gesù accetta il limite umano, la fragilità della creazione, è riempito del suo Spirito e comincia a gustare la vita nuova del Figlio di Dio.