Omelia (13-01-2013) |
Ileana Mortari - rito romano |
Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco I primi due capitoli del vangelo di Luca hanno tradizioni proprie del terzo evangelista; invece, a partire dal cap.3°, il redattore segue lo stesso schema narrativo di Marco e Matteo, che poneva l'inizio del ministero di Gesù a partire dal battesimo di Giovanni nel Giordano. Dunque la prima immagine pubblica di Gesù consegnataci dai quattro vangeli è quella del Nazareno che, pur essendo del tutto senza peccato (cfr. Eb.4,15), si mette in fila con i peccatori, per ricevere il battesimo. Partecipando al movimento di rinnovamento e conversione suscitato dal Battista nel suo popolo, Gesù mostra di concepire la sua missione come una forma di solidarietà nei confronti degli uomini, in particolare dei deboli e dei peccatori, anticipando una costante del suo comportamento, fino a che, nel momento della sua passione e morte, "verranno crocefissi con lui due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra" (Lc.23,33). Il battesimo di Gesù è accompagnato da una "visione interpretativa", cioè da una grandiosa teofania (=manifestazione divina), la cui funzione è di chiarire che Gesù - quantunque venuto a farsi battezzare insieme alla folla - è assai diverso da essa: la sua identità e la sua missione vengono direttamente dall'alto. Mentre Gesù pregava, "il cielo si aprì" (v.21) L'espressione è comune anche agli altri sinottici e appartiene al linguaggio tradizionale delle teofanie, cioè delle manifestazioni solenni di Dio. Il cielo è il simbolo stesso del mondo divino e indica la trascendenza inaccessibile. La rimozione di quel velo opaco che, secondo la concezione del tempo, divide il cielo dalla terra, simbolicamente significa che è rimosso ogni ostacolo alla separazione di Dio e degli uomini. Quindi l'apertura del cielo è sinonimo di rivelazione divina. Ora Dio e l'uomo stanno incontrandosi, nella persona di Gesù. Se infatti il Battista aveva esaltato la messianicità del Nazareno, ora Dio lo definisce suo Figlio "prediletto", "Unigenito", sede di una presenza divina suprema. Il battesimo è la solenne presentazione di Lui al mondo. E' come se il Padre volesse dire: "Non cercatemi in alto, nei cieli. Chi mi rappresenta è in mezzo a voi, è uno di voi. Luca descrive l'esperienza di Gesù come certezza di essere il Figlio amato. Da quell'esperienza nascono gli atteggiamenti che lo accompagneranno tutta la vita, soprattutto la fiducia assoluta nel Padre e il desiderio di fare sempre la sua volontà. Per aver provato che cosa significa essere Figlio amato, Egli si abbandona senza calcoli e chiede ai suoi discepoli e a noi di confidare senza limiti nel Padre. "Non vi preoccupate......vostro Padre sa ciò di cui avete bisogno" (Lc.12,22-30). v.22"Discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba". Per Luca, Gesù è colmo di Spirito Santo; dal momento in cui lo Spirito (simboleggiato dalla colomba che plana dolcemente) è sceso su di lui nel Battesimo, Cristo è posseduto, guidato e animato dallo Spirito Santo. Così, pieno di Spirito, si allontana dal Giordano e dallo stesso Spirito viene condotto nel deserto (Lc.4,1); ancora, con la potenza dello Spirito ritorna in Galilea (Lc.4,14); e nella sinagoga di Nazaret dichiara che "lo Spirito del Signore è sopra di lui" per consacrarlo Messia dei poveri e dei peccatori (Lc.4,18 ss) Dunque per Luca il Cristo è davvero l'uomo dello Spirito, il modello di docilità allo Spirito. v.22 "Venne una voce dal cielo....." E' vero che tutti vengono a conoscenza di questo fatto attraverso la lettura evangelica, ma l'evento in sé è un'esperienza profonda vissuta da Gesù, che prende piena consapevolezza del suo essere Figlio di Dio e riceve l'investitura carismatica di Messia. In Lui convergono i tratti del Messia intronizzato (cfr. Sal.2,7) e quelli del servo fedele (cfr. Is.42,1). Questa proclamazione divina assumerà un significato pieno quando sarà compiuto il vero battesimo di Gesù: la sua immersione nella morte (cfr. Lc.12,50), come ultimo gesto di fedeltà. Possiamo cercare di esplicitare il senso del v.22 nel modo seguente: "Tu sei il Figlio mio, l'amato", proprio perché ti preoccupi anche di chi vive in una situazione peggiore della tua. "In te ho posto il mio compiacimento", perché tu non pensi unicamente a te stesso, non ti preoccupi di essere contagiato dai peccati altrui, non te ne stai nella torre d'avorio della tua santità, ma ti affianchi a quelli che arrancano nella fede e che chissà da quanto tempo non vivono più da figli miei." v.15: "Tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo....." Riguardo ai vv.15-16, occorre dire che Luca è il solo, fra i sinottici, a riferire una notizia forse in giro nella sua epoca: certi ambienti riconoscono Giovanni come il Messia. Luca sembra anche a conoscenza di gruppi di discepoli del Battista (cfr. At.18,25; 19,1-3) e pure l'evangelista Giovanni riferisce di una simile credenza (Gv. capp.1 e 3) Il figlio di Zaccaria si guarda bene dall'approfittare della situazione, non lascia adito alle false attese, né si presta agli equivoci e dichiara recisamente a tutti che non è lui il Messia. Parla di uno "più forte". Il Battista non nomina esplicitamente Gesù, ma lo indica in modo inequivocabile. Infatti l'aggettivo "forte" lo applica già il profeta Isaia al re-Messia, "forte, potente come Dio" (Is.9,5). Nell'A.T. esso è uno degli attributi del Creatore ("Il Signore....si cinge di forza" (Sal.93,1) e, più in generale, indica Dio (Ger.32.18; Dan.9,4). Gesù infatti si rivelerà più potente di Giovanni nel respingere e vincere la forza diabolica del male (cfr. Lc.11,22). Inoltre il Battista dinanzi al Messia che viene si sente meno di uno schiavo: "Io non sono degno di slegare i lacci dei suoi sandali" (v.16), espressione di grandissima umiltà e coscienza del proprio limite: il Battista si ritiene subordinato al Cristo più ancora che uno schiavo al suo padrone. Ma soprattutto diverso sarà il battesimo di Colui che sta per venire: non con acqua (l'immersione in essa era semplicemente un "segno" di conversione), ma "in Spirito Santo e fuoco", frase piuttosto enigmatica, che si può capire alla luce di altri passi della Scrittura. Gesù stesso, prima della sua ascensione, dirà: "Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito santo tra non molti giorni" (At.1,5; cfr.11,16); tale battesimo avrà luogo con la Pentecoste, quando sui discepoli che ricevono lo Spirito si poseranno "lingue come di fuoco" (At.2,1-13): il simbolismo del fuoco esprime l'effusione dello Spirito a Pentecoste. "Spirito Santo e fuoco" è forse un'endiadi per significare: nel fuoco dello Spirito Santo. Cioè: il Messia farà opera di purificazione effondendo lo Spirito, come era stato promesso (cfr. Ez.36,25-27); la sua azione sarà come quella del fuoco, elemento che nell'A.T. è sempre legato ad una funzione di purificazione (cfr. Is.1,25; Zacc.13,19; Ml.3,2-3), per distruggere ogni scoria negativa. Ma il fuoco è anche il simbolo biblico dell'amore di Dio che purifica da ogni peccato; e lo Spirito Santo è la salvezza e la vita divina che Gesù ci conferisce mediante la grazia. Quale distanza e quale ricchezza rispetto ad un semplice battesimo con acqua, "segno" di conversione! |