Omelia (20-01-2013) |
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Commento su Giovanni 2,1-11 Che meraviglia, la pagina di Vangelo che abbiamo appena ascoltato! Questo brano dell'evangelista Giovanni è davvero specialissimo, infatti racchiude quattro particolarità: - ci presenta Gesù che partecipa ad una festa; - ci racconta il primo miracolo compiuto da Gesù; - racchiude le ultime parole che Maria pronuncia nei quattro Vangeli; - ci parla del miracolo più "inutile" tra quelli narrati dagli evangelisti. Come vedete, c'è veramente una ricchezza di spunti incredibile! Proviamo a soffermarci un briciolino su ognuno di questi aspetti. Per prima cosa, mi piace un sacco il fatto che Gesù sia presente a una festa, ad un matrimonio. Certe volte, quando ci parlano del Maestro e Signore, rischiano di farlo passare per un tipo serioso, disposto al sacrificio certo, ma non uno che racconta barzellette, mentre invece qui scopriamo il volto allegro di Dio. Alle feste per i matrimoni tra gli ebrei, si balla tutti insieme, quindi anche Gesù e Maria, sua madre, avranno ballato le danze tradizionali, il cerchio degli uomini e quello delle donne, muovendo i passi al ritmo della musica. Anche il nostro Maestro e Signore avrà brindato agli sposi, avrà riso delle battute degli amici, si sarà divertito nel vedere i giocolieri... Il cuore di Dio ama la festa. Non l'ubriachezza, l'essere sfrenati, il farsi del male, lo "sballare"... tutte quello che certe volte, purtroppo, viene spacciato per "festa". No! A Dio piace la gente serena, con il cuore limpido, che ride insieme, che danza, che si diverte in armonia ed in pace. Il nostro Dio è un Dio di gioia, perché il suo cuore trabocca d'amore e il frutto dell'amore è sempre la vera gioia. Proprio perché è contento di stare in mezzo a persone allegre, ecco che Gesù partecipa a un matrimonio, insieme a sua madre, Maria, e ad ai primi discepoli. Non sappiamo come si chiamassero gli sposi, se fossero dei parenti di Maria o di Giuseppe, magari dei cugini, o solo degli amici. Sappiamo che le nozze si svolgono a Cana, un paesino della Galilea, poco lontano da Nazareth. Ad un certo punto il vino finisce, quando la festa è proprio bel mezzo. Cosa serviranno adesso agli invitati? Solo dell'acqua? Che brutta figura per gli sposi! Cosa penseranno di loro, tutti gli invitati? La gente dirà che sono stati degli stupidi nell'organizzare la festa, sbagliando la quantità di vino necessaria? Oppure diranno che sono stati tirchi, dei veri avaracci, e pur di non spendere hanno preferito procurare soltanto pochissimo vino? Per il momento, gli invitati non si sono accorti di nulla, ma i servi sanno che il problema non può restare nascosto ancora per molto: come faranno? Si guardano tra loro con ansia. Tra gli invitati alla festa c'è però una persona che si è accorta della situazione: è Maria, la madre di Gesù. Sempre attenta a quello che le accade intorno, sempre sensibile nel notare la preoccupazione delle persone vicino a lei, si rende conto dell'agitazione che si sta creando nelle cucine e tra coloro che servono a tavola. Con molta semplicità, si rivolge a suo Figlio Gesù e gli dice: "Non hanno più vino". La risposta che le dà Gesù può sembrare persino sgarbata: "Che c'è fra me e te, o donna? L'ora mia non è ancora venuta". È come se le dicesse: - Cosa vuoi, da me? Non è ancora il tempo di far sapere al mondo chi sono - E guardate un po' come risponde Maria, che quasi non fa conto delle parole del Figlio, non si agita, non cambia per nulla il suo atteggiamento e si limita a dire a coloro che servono il vino: "Fate tutto quello che vi dirà". Cinque parole in tutto. Le ultime cinque parole che Maria pronuncia nei Vangeli. La incontreremo ancora in diverse occasioni, mescolata tra la folla che segue Gesù, fino ai piedi della Croce, ma nessun evangelista ci riferisce altre parole pronunciate da Maria. Queste sono le ultime che ci vengono riportate e sono una sorta di consegna, di testamento lasciato a noi. Il suo ultimo insegnamento, di cui fare tesoro, perché in qualche modo contiene la risposta a tutte le nostre domande. Non ci credete? Vogliamo provare? Se chiediamo alla Madonna: - Che cosa è veramente importante? Che cosa serve per essere felici? - Usando quelle cinque parole, lei ci risponde: "Fate tutto quello che vi dirà". Se invece le chiediamo: - Cosa è necessario per vivere secondo il Vangelo? - Lei, con quelle cinque parole, ci rispondesse: "Fate tutto quello che vi dirà". Infine se le domandiamo: - Cosa occorre per diventare santi? Per meritare il Paradiso? - Senza dubbio, con quelle cinque parole, ci garantisce: "Fate tutto quello che vi dirà". E potremmo andare avanti ancora con altri esempi, ma dobbiamo tornare agli sposi di Cana, che abbiamo lasciato nel bel mezzo del pranzo di nozze, con il problema del vino che sta finendo. Gesù si lascia convincere da sua madre e chiede ai servi di riempire delle grosse giare d'acqua e poi di servirne il contenuto. I servi gli obbediscono e quando assaggiano restano senza parole: l'acqua è diventata vino! E che vino! Il maestro di tavola, una sorta di maitre, afferma con stupore che quel vino è il più buono che sia stato servito fino a quel momento! Lui non sa da dove arriva quel vino così aromatico, ma lo sanno i servi, che hanno riempito di acqua le giare e ancora non credono a quanto è avvenuto sotto i loro occhi. La festa può continuare, tra la felicità di tutti. Però, nel corso del tempo, diverse persone hanno fatto notare che quello compiuto da Gesù a Cana, si può considerare un miracolo "inutile". Sembra un miracolo accettabile guarire gli ammalati, come i lebbrosi; va bene curare gli infermi, come il paralitico o il cieco nato; va bene pure moltiplicare il pane per la folla affamata; va benissimo ridare la vita alla figlia di Giairo o al ragazzo di Nain... Ma dare dell'altro vino a chi ne ha già bevuto tanto e sta facendo festa, a cosa serve? Non è una cosa necessaria, non è qualcosa che cambia la vita: è solo un po' di vino ad una festa! Perché, allora, Gesù sceglie di compiere un miracolo come questo? Prima di tutto, compiendo questo segno strabiliante sotto gli occhi dei suoi primi discepoli e dei servi a Cana, il giovane Rabbi di Nazareth dimostra di avere il potere di controllare tutta la Creazione, di poterla cambiare radicalmente, trasformando in un attimo l'acqua in vino. Questo gesto è un modo per dire: - Credete in me. Sono davvero inviato da Dio. Ha messo nelle mie mani il potere di trasformare la realtà, di cambiare la natura stessa delle cose. Se posso mutare l'acqua del pozzo in vino frizzante, provate a immaginare come posso cambiare un cuore, come posso convertire la vita delle persone! - D'altra parte, la scelta di un miracolo che può sembrare inutile o almeno non necessario, rivela una caratteristica del modo di amare di Dio: non si accontenta di darci solo l'indispensabile, quello che serve alla nostra sopravvivenza, ma gli piace coccolarci, darci anche il di più, regalarci la bellezza, la gioia, il piacere... Lo vediamo continuamente, anche nella creazione: guardate che trionfo di bellezza e varietà sono le piante e i fiori intorno a noi! Guardate che irripetibile meraviglia sono tutte le albe e i tramonti: luce e tenebre potevano alternarsi senza bisogno di uno splendore di bellezza come quello che ci viene regalato ogni giorno!... Ma Dio è così: ama in modo straordinario, ama senza misura, cura anche i particolari, ci coccola con tenerezza... E sceglie di cominciare la sua missione sulle strade delle Palestina con un miracolo che fa durare più a lungo una festa, con un miracolo che mette allegria, un miracolo che fa sorridere. Nella settimana che sta cominciando, proviamo ad avere occhi e cuore aperti per gustare tutta la bellezza che il Signore Dio ha profuso intorno a noi: ringraziamolo per i piccoli miracoli quotidiani che rendono così ricca la nostra vita. E se ci dovesse capitare di incontrare qualche difficoltà, sappiamo che possiamo fare come a Cana: chiediamo a Maria, la madre di Gesù, di intervenire, di aiutarci, di sistemare le cose. Disposti, da parte nostra, ad ascoltare l'invito che la sua voce di Madre rivolge ai cristiani di ogni tempo: "Fate tutto quello che vi dirà". Commento a cura di Daniela de Simeis |