Omelia (16-01-2013)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Ebrei 2,16

Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura.
Eb 2,16


Come vivere questa Parola?

Abbiamo fatto talmente l'abitudine all'incarnazione passione-morte-resurrezione di Cristo, che non ci lasciamo più interpellare da realtà così sconvolgenti. È normale che ciò sia accaduto, che Dio si prenda cura di noi! Quasi quasi lo reputiamo un suo dovere.

L'autore della lettera agli Ebrei viene a scuoterci da questo insano torpore, obbligandoci a riflettere. Anche nel mondo angelico si è registrata una caduta che ha trascinato lontano da Dio parte degli angeli. Eppure Dio ha rivolto la sua attenzione non a loro, ma a noi, offrendoci la possibilità di una riabilitazione unica: possiamo rilanciare il disegno d'amore che lui ha su di noi fin dalla creazione del mondo. Possiamo chiamarlo "Padre!", e non in senso metaforico, ma reale, perché resi figli nel Figlio.

A questa altezza ci ha elevato Dio! Un dono offerto dalla sua munificenza che chiede solo di essere accolto con la stessa disponibilità di Abramo, cioè con fede.

Nelle lettere paoline troviamo esplicitato in che cosa consista essere stirpe di Abramo: non un legame di sangue che, quindi, prescinde dalla nostra libertà, ma un legame spirituale che accomuna a lui nel segno della fede. Chi condivide la solidità del suo ancoraggio in Dio, e come lui sa affrontare le incognite di un cammino fidando dell'autorevolezza della parola di chi glielo addita, è stirpe di Abramo. La solidarietà adamitica è superata in questo gesto di coraggioso abbandono e di fiducia incondizionata che permette a Dio di fare irruzione nella vita e riscattarla.

Due elementi che vengono a sottolineare la grandezza di questo piccolo ed effimero palpito di vita che è l'uomo: l'interesse di Dio per lui è tale da situarlo al di sopra degli angeli nel prendersi cura di lui, e il suo rispetto per la libertà di cui l'ha dotato ne attende il libero e responsabile inserimento nella stirpe di Abramo, per riversare su di lui la pienezza dei suoi doni.

Signore, veramente mi hai fatto come un prodigio chiamandomi alla vita, e te ne ringrazio. Ma ciò che maggiormente mi riempie di gioioso stupore è l'attenzione con cui tu segui questo piccolissimo frammento dell'universo che sono io: per te è come se fossi unico, tanto da valere la tua stessa vita. Dammi di penetrare sempre più nel mistero di questo amore che mi lancia verso orizzonti sempre più vasti.

La voce di un Dottore della Chiesa

È veramente grande e meraviglioso e pieno di stupore il fatto che la nostra carne si assiderà in alto e sarà adorata (nell'umanità di Cristo) dagli angeli e dagli arcangeli. Pensando spesso a questo, vado fuori di me, immaginando cose grandiose del genere umano
S.Giovanni Crisostomo