Omelia (27-01-2013) |
padre Gian Franco Scarpitta |
A chi dire il nostro "amen" "Amen, amen". Questa espressione vuol dire letteralmente "Certamente", "E' vero", "In verità" che per esteso può anche intendersi "Accetto" e che anche Gesù, in un certo qual modo, utilizza in tante sue espressioni: "In verità, in verità vi dico..." Il popolo di Israele, rientrato dall'esilio di Babilonia dopo l'editto di Ciro, esclama questa frase dopo aver ascoltato la lettura del libro della Legge proclamato dal profeta Esdra e afferma la disponibilità degli Israeliti ad accogliere per certo quello che viene loro proposto come parola del Signore, distinguendo un messaggio strettamente umano e sociologico da un monito di provenienza divina. Quest'ultimo ha importanza fondamentale, il primo invece può avere la sua corrispondenza lecita, come pure essere rigettato, secondo il contenuto di cui è latore. Quando si intende dire che l'attenzione va rivolta alla Parola di Dio, ci si riferisce effettivamente alla Parola in quanto tale, demitizzata ed epurata dalla volontà dell'uomo, sulla quale nessuna autorità umana può intervenire se non per porsi al suo servizio e per esserne latrice ad altri. In senso cattolico, la vera Parola del Signore è quella affinata alla Tradizione orale e sulla quale vigila la Chiesa, colonna e fondamento della verità (1Tm 3, 15); la Chiesa stessa tuttavia si sente in dovere di fare in modo che ogni messaggio corrisponda alla verità divina e non al libero arbitrio dell'uomo. Nella vita della Chiesa, un ministro va seguito non perché sia lui, non in ragione della sua persona o del suo carisma, ma perché latore della Parola di Dio, oppure perché svolge una funzione vicaria a quella di Cristo. Quando un ministro abusa del proprio potere, comunica o insegna un messaggio suo personale per nulla conforme a quello del Vangelo o esulando dall'insegnamento ufficiale della Chiesa, questi non va seguito, fosse pure un sacerdote, un vescovo, o addirittura un angelo (Gal 1, 8). Nel suo magistero ordinario (quando cioè non parla ex chatedra, in modo solenne e definitivo) anche il papa ha delle limitazioni nel suo insegnamento, che lo rendono inferiore alla Parola di Dio e alla dottrina della Chiesa. Anche lui infatti ne è soggetto. Insomma, occorre sempre distinguere un messaggio di scaturigine divina da un altro di umana provenienza, ma tantissime volte più che al Signore il nostro "amen" viene indirizzato ad illusorie mistificazioni di varia provenienza, a sedicenti profeti carismatici in realtà fautori di culti o movimenti abusanti, a subdoli e ingannevoli fenomeni di visioni e di apparizioni molto spesso frutto di gratuite fantasie o forzature psicologiche... E non di rado anche all'interno della comunità ecclesiale si è soliti rivolgere il nostro "amen" ad altre preferenze soggettive, di fronte alle quali Gesù passa in secondo piano o addirittura passa inosservato. Non di rado nei confronti della Parola di Dio, ci si comporta come se Essa fosse nient'altro che parola dell'uomo, ossia comunicazione sterile e inopportuna. A volte si è disposti ad accettarla come Parola divina solo quando offre garanzie o vantaggi e non quando richiede impegno e sacrificio. Paolo distingue nettamente fra la parola degli uomini e la parola di Dio, rilevando come questa abbia sempre la prevalenza per la nostra edificazione e per implicito aggiungendo anche quanto pronta e responsabile debba essere la nostra attenzione nei Suoi confronti: "Avendo ricevuto da noi la Parola di Dio, l'avete accolta non come parola di uomini, ma com'è veramente, quale Parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete" (1Ts 2, 13). Luca, come per inciso farà anche Pietro nella sua Lettera, nell'esordio del suo componimento evangelico si preoccupa di chiarire che le sue intenzioni sono quelle di "fare ricerche accurate su ogni circostanza e di farne un resoconto accurato", sulla scia di quanti avevano recato ad altri il contenuto di "testimonianze oculari" e con questa precisazione mostra interesse a che i suoi interlocutori non parlino di fatti inventati o di leggende, ma comunichino avvenimenti reali e fondati, che costituiranno l'oggetto del messaggio di salvezza. Insomma il nostro apostolo, che non fu discepolo diretto di Gesù (era approdato al Vangelo grazie a Paolo) si premura di recare a tutti quella che realmente è da intendersi la Parola del Signore. Sempre Luca ci descrive tuttavia quanto sia difficile accogliere La Parola, cioè il verbo di Dio Incarnato: quando Gesù legge il libro del profeta Isaia gli occhi di tutti i presenti nella sinagoga sono fissi su di lui, lo guardano cioè con attenzione, si aspettano un commento esaltante simile a quello dei rabbini ebraici, non differente dalle loro aspettative... Ma ecco la sorpresa, egli annuncia Se stesso come l'adempimento delle Scrittura appena declamate e questo susciterà lo stupore e lo sdegno degli astanti. Se l'ascolto della Parola del Signore non è per niente facile, neppure il suo annuncio lo è mai stato: non sono rare le circostanze in cui il ministro di Dio, il profeta, l'apostolo, cade vittima dello scoraggiamento e della frustrazione per non essere compreso o riconosciuto nella sua funzione e non di rado lo smarrimento conducono alla resa. Molte volte ci si domanda a che cosa valga proferire un messaggio quando non si è ascoltati, quali vantaggi comportino tante opere di bene e tante attività missionarie e di annuncio quando poi non si trova corrispondenza presso il popolo... Non è affatto semplice la missione di chi annuncia un messaggio di provenienza divina o svolge un ministero con la forza ricevuta da Dio (1Pt 4, 10 - 11). Certo è però che la Parola non si arrende e non deroga al fatto di dover comunicare se stessa: alla fine trionferà su tutto e apporterà i suoi frutti tanto attesi e sospirati. Vale la pena allora di trovare sostegno nelle parole che Dio rivolge al suo profeta Ezechiele: "Ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro"(Ez 2, 5). I profeti e gli annunciatori non possono non proferire quindi loro per primi il loro"amen" a quanto essi stessi stanno annunciando, perché è innanzitutto a loro che la Parola di Dio viene rivolta; a loro è dato di assimilarla e di farne tesoro ancor prima di esserne latori agli altri e questo ridurrà non poco il loro disorientamento e il loro disanimo. Al contempo però è indispensabile che da parte di ciascuno si dica il proprio "amen" non ad un qualsiasi annuncio fittizio e irragionevole, ma a quanto davvero è Parola di Dio per l'edificazione dell'uomo. Amen, accoglienza e fedeltà devono essere la risposta genuina dell'uomo di fede che ha percepito la verità della salvezza a lui rivolta e che se ne è entusiasmato al punto da esserne ora zelante comunicatore oltre che fedele assimilatore. |