Omelia (20-01-2013) |
Gaetano Salvati |
Commento su Giovanni 2,1-12 "Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore". Il ritornello del Salmo ci fa comprendere che il Signore compie le promesse del profeta Isaia: Egli è il vero Sposo dell'uomo, Colui che raccoglie la creatura "Abbandonata" (Is 62,4) nell'ingiustizia del male, e la unisce (la sposa) a Dio (v.5). Meditiamo, allora, il racconto di san Giovanni, e lasciamo che il Maestro parli alla nostra mente e al nostro cuore. Gesù, come narra l'evangelista, "fu invitato alle nozze" a Cana di Galilea; con Lui "c'era la madre" e "i suoi discepoli" (Gv 2,1-2). Durante la festa, venne a mancare il vino (v.3); vale a dire, la grazia di riconoscere Dio nelle vicende quotidiane, ma soprattutto, la perdita della gioia (Is 62,4) a causa del peccato e l'allontanamento volontario dell'umanità da Dio e dalla vita eterna. Allora, la "madre di Gesù", accortasi dell'inconveniente, riferì il tutto al Figlio. Questi le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora" (Gv 2,3-4). Molti hanno attribuito a queste parole contenuti negativi: il Figlio non vuole che la Madre interponga la sua volontà a quella del Signore. In realtà, la risposta del Maestro, come l'affermazione successiva di Maria di Nazaret: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" (v.5), ribadiscono il senso del servizio della Madre. La missione della Vergine è rivolta a farci riflettere sulla capacità di rispondere alla libera iniziativa di Dio; per cui, il suo servizio è anche quello di condurci nelle mani dello Sposo, centro e inizio della vita nuova. Questa vita, redenta e trasformata dalla Sua presenza, viene presentata da san Giovanni con il segno dell'acqua "diventata vino" (v.9). Si è detto che non vi era più vino, la grazia sembrava sparita fra gli uomini. Eppure, il Signore disse loro (dice a noi): "riempite d'acqua le anfore" (v.7), cioè lasciatevi guidare dalla mia mano, e riceverete l'abbondanza e l'eccellenza del "vino buono" (v.10). L'abbondanza del vino crea gioia (v.9-10), e la gioia partecipazione. Si comprende, a questo punto, l'espressione del profeta: "sarai chiamata Mia Gioia" (Is 62,4). Ciò che il Maestro ha compiuto a Cana, infatti, è riportare l'umanità alla condivisione della gioia eterna; per questo non siamo più abbandonati ma sposati con la Trinità. Il vino nuovo, assaggiato dagli invitati, è, quindi, la pienezza della vita eterna ridata alla creatura da Gesù. Se siamo sposati con Dio, allora, abbiamo ricevuto il "diadema regale" (v.3), segno della vicinanza e della trasformazione nel nome di Cristo Signore. Tale diadema diviene per Paolo la grazia dei "diversi ministeri e carismi", che trovano origine nello Spirito (1Cor 12,4) e risplendono nel mistero della Chiesa, vera partecipazione alla bellezza della vita. È lo Spirito che unifica i singoli cristiani nella comunione e nel servizio: nella comunione, perché essi possano partecipare alla vita divina; nel servizio, perché nella sua comunione fraterna, la Chiesa renda visibile agli altri il segno dell'amore fontale. Ancora, lo Spirito guida e sostiene nel tempo la Chiesa mediante i sacramenti, che la rinnovano e la santificano. Nella comunione dei credenti, infine, in cui ognuno è chiamato ad annunciare il vangelo nei diversi ruoli stabiliti dallo Spirito, si esprime concretamente la vita nuova (il vino nuovo) realizzata per mezzo dell'incontro con il Signore Gesù. Amen. |