Omelia (27-01-2013) |
mons. Roberto Brunelli |
La domenica, festa degli amici di Dio Gerusalemme, anno 444 a.C.: avviata la faticosa ripresa della vita in patria da parte dei tornati dalla deportazione in Babilonia, il sacerdote Esdra e il governatore Neemia convocano l'assemblea del popolo, per rinverdire la fede comune alla luce della Parola di Dio. Comincia Esdra, che benedice il Signore, e tutti approvano rispondendo Amen; poi i leviti leggono il libro sacro a brani distinti spiegandone il senso. Tutti si commuovono sino alle lacrime: a confronto con la divina Parola, costatano di non averla osservata e si pentono. Conclude Neemia, invitando tutti a rallegrarsi con un buon banchetto e donare cibo a chi non ne ha, "perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza". Questo riferisce la prima lettura (Neemia 8,2-10), precorrendo lo schema delle nostre domeniche. Riuniti in assemblea per la Messa, i cristiani lodano Dio (in particolare col ‘Gloria' e gli ‘Amen' di consenso), ascoltano le letture con la relativa spiegazione; la confrontano con la propria vita, disposti se occorre a cambiarla; e poi fanno festa, a cominciare già nella stessa Messa con il banchetto eucaristico, senza dimenticare chi non ha. Riflessione, festa e carità: ecco la domenica, ecco come accogliere la vera gioia che solo Dio può dare. Si capisce perché i primi cristiani solevano dire: senza la domenica non possiamo vivere! La scelta di questo passo dell'Antico Testamento è dipesa, come sempre, dal suo collegamento con il vangelo, che oggi si compone di due brani distinti. Il primo (Luca 1,1-4) è l'esordio del vangelo prevalente quest'anno: Luca, prima di mettersi a riferire della vita terrena di Gesù, si cura di precisare che quanto scrive non è frutto di fantasia ma di "ricerche accurate su ogni circostanza". Segue la dedica e lo scopo del suo scritto: "Per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto". Chi sia questo Teòfilo non si sa; ma considerando il suo nome (che significa "amico di Dio") è verosimile indichi chiunque voglia essere appunto amico di Dio e perciò si preoccupi di conoscerlo meglio, per dare fondamento alla fede che professa. Il secondo brano (Luca 4,14-21) riguarda quanto accadde la prima volta che Gesù, dopo cominciata la sua vita pubblica, tornò a "Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere". Scelse dal libro di Isaia un passo che i presenti conoscevano bene, uno dei principali sui quali basavano la loro attesa del Messia: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l'anno di grazia del Signore". A quell'ennesima lettura del profeta i presenti si saranno aspettati un commento simile ad altri già sentiti: il nostro Dio non ci ha dimenticato, secondo la sua promessa manderà il suo Inviato, del quale dobbiamo restare in fiduciosa attesa. E invece, mentre "nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui", il commento di Gesù risuonò come una bomba. Disse infatti: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato"; vale a dire: la profezia sul Messia si realizza oggi, adesso, perché il Messia annunciato sono io! Gli abitanti di Nazaret, lo sentiremo domenica prossima, non gli credettero. Quelli che nei secoli gli credettero, quelli che tuttora lo riconoscono, prendono nome da lui (il termine ebraico Messia è, alla greca, Cristo, donde il nome dei cristiani) e, per riprendere quanto detto sopra, manifestano la loro fede in particolare la domenica, ascoltando la sua Parola, nutrendosi di lui, e traducendo nella propria vita il suo insegnamento e il suo esempio. Con gioia. |