Omelia (27-01-2013) |
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COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Rocco Pezzimenti 1. A volte abbiamo la tentazione di pensare che quello che crediamo sia una bella favola, utile a farci stare sereni, un po' come le belle favole che si raccontano ai bambini per tenerli buoni o farli addormentare. Per questo, ogni tanto, siamo presi dal dubbio: "E... se non fosse così!. Non sarà tutto un'invenzione?". Questa preoccupazione - sarebbe meglio dire tentazione - era presente già tra i primi cristiani a conferma che il tentatore cerca sempre di insidiare la verità. Gli evangelisti lo sapevano bene e, per questo, vengono a sostenere la nostra fede, spesso troppo fragile, e per la quale raramente chiediamo "Signore, accresci la nostra fede". 2 Luca stesso cerca di confermare nella fede tutti i suoi interlocutori dicendo: "dopo aver accuratamente indagato ogni cosa fin dall'origine, mi sono deciso a scrivertene con ordine, egregio Teofilo". "Accuratamente" e "con ordine" sono termini che non lasciano dubbio sulla determinazione dell'evangelista di riferire la verità. Anche l'intento viene precisato: "affinché tu abbia esatta conoscenza di quelle cose intorno alla quali sei stato catechizzato", diremmo, oggi, affinché il tuo essere cristiano abbia un fondamento sul quale far maturare e accrescere la tua fede. Insomma, lo scopo è quello di essere un fedele maturo e responsabile di quello che crede. 3. Subito dopo è il Cristo stesso a darci un'ulteriore conferma della nostra fede. "Era sabato e, come al solito, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere". È importante che l'evangelista sottolinei quel "come al solito", che evidenzia la consuetudine del Signore a recarsi in sinagoga per leggere la parola. Anche su questa consuetudine ci sarebbe da meditare, ma non possiamo tralasciare il fatto che Gesù legge il libro del profeta Isaia e, dopo un raccoglimento al quale invita tutti i presenti, proclama senza esitazione: "Oggi per voi si è adempiuta questa scrittura che avete udito". Ecco un altro cardine della nostra fede: Colui di cui parlano i testi sacri è il Cristo Figlio di Dio. 4. Il Cristo si è incarnato per noi e ci chiama a partecipare alla vera vita. È per questo che Paolo ci parla nell'odierna lettura di corpo mistico, ricordandoci che la necessità della fede resta sterile se non subentra la carità. In questa nuova realtà entriamo a far parte tutti in quanto "battezzati tutti in un solo Spirito per formare un corpo solo". Qui le differenze umane spariscono: essere liberi o schiavi, giudei o greci, non ha più senso. 5. San Paolo è chiarissimo nel presentare il nuovo spirito di carità che anima questa nuova dimensione alla quale l'umanità tutta è chiamata. In questo nuovo corpo tutti hanno dignità, quella di essere figli di Dio. Ecco perciò che "l'occhio non può dire alla mano: non ho bisogno di te; né la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Ché, anzi, quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie". Dalla carità si ritorna alla fede perché, certo, questo non è lo spirito del mondo, ma quello di Dio, di cui abbiamo bisogno. |