Omelia (19-03-2004) |
Totustuus |
Commento Matteo 1,16.18-21.24 NESSO TRA LE LETTURE "Sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo". Un lettore privo fede sorriderebbe leggendo questa frase, apparentemente ingenua. Solo un uomo di fede smisurata poteva credere con semplicità in un mistero tanto superiore ai nostri umani concetti. E Giuseppe fu quell'uomo. Come Abramo, "ebbe fede sperando contro ogni speranza". Dio aveva garantito la promessa "per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi". Per la sua fede, Dio ha costituito Giuseppe, come prima Abramo, "padre di molti popoli", cioè patrono della Chiesa universale. Così si realizzava il piano tracciato da Dio fin dall'antichità, secondo la solenne promessa fatta al re David: "io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere". Era il piano tracciato da Dio per salvare l'umanità: "Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". MESSAGGIO DOTTRINALE 1. Giuseppe, l'uomo giusto. Della mirabile figura di Giuseppe possiamo risaltare due tratti. Innanzi tutto Giuseppe era un uomo "giusto", con un senso della giustizia assai superiore a quello dell'antica legge. Questa, infatti, riguardo all'adulterio di una promessa sposa ordinava quanto segue: "la faranno uscire all'ingresso della casa del padre e la gente della sua città la lapiderà, così che muoia, perché ha commesso un'infamia in Israele" (Dt 22,21). La giustizia di Giuseppe non era la fredda applicazione di una legge stabilita in passato, per educare il burbero popolo d'Israele ad un'elementare rettitudine. Qui abbiamo qualcosa di ben diverso: il totale sacrificio di sé per il bene dell'altro: la legge dell'amore, il nucleo del messaggio di Gesù. Giuseppe non comprendeva ciò che era accaduto a Maria, ma poteva leggere nei suoi occhi la sua innocenza, e non sopportava vederla oggetto degli scherni di tutta Nazaret per la sua gravidanza. Pensava di darle in segreto una nota di ripudio, per lasciarla libera dal vincolo che li univa, scostandosi così da quel mistero che intuiva senza comprendere, e andarsene via. Agli occhi degli uomini, però, questa fuga sarebbe apparsa come un'ammissione di colpa da parte sua, unita alla viltà di non volersi assumere le proprie responsabilità. Giuseppe, uomo straordinario, per amore stava per essere degno padre di Gesù. 2. Giuseppe, l'uomo umile. Ma il vangelo ci mostra anche la sorprendente umiltà di Giuseppe, visibile nell'obbedienza. Il testo sacro ci presenta il primo degli ordini che Dio dà a Giuseppe in sogno; ne seguiranno poi altri. Uomo pratico e silenzioso, Giuseppe non risponde con le parole, ma con i fatti, e lo fa immediatamente. È come quell'amministratore fedele di cui ci parla Gesù, uomo al quale il padrone può lasciare tranquillamente la gestione di tutti i suoi averi (cf. Lc 12,42). Perciò, al segnale inviatogli da Dio, lo vedremo più tardi lasciare la sua casa e le sue umane certezze per andare in Egitto, e poi ritornare quando forse aveva appena incominciato a trovare lì qualche lavoro interessante. Giuseppe non ha piani per sé, ma vive giorno per giorno, attento alla Volontà di Dio. Senza dire una parola, è l'umile servo del Signore. Giuseppe, uomo straordinario, per la sua obbedienza, stava per essere degno marito di Maria. SUGGERIMENTI PASTORALI 1. Fiducia nei piani divini. Sappiamo per esperienza che i piani divini sono molto più elevati dei nostri. Non è sempre facile accettarli. L'uomo tende a far conto solo sulle sue forze, e la volontà di Dio gli sembra ardua e difficile. Giuseppe ci insegna a porre i piani di Dio come programma della propria vita, con un'obbedienza semplice, pronta ed operante. L'abbandono alla volontà di Dio è, certamente, esigente, ma dà pace, serenità e fecondità spirituale. Impariamo a farci guidare non dall'opinione degli uomini, così fragile e mutevole, ma dall'opinione di Dio che è l'unica in grado di dar senso alla nostra vita. 2. La pazienza. La virtù della pazienza richiede una grande ascesi. È il prodotto di un sforzo interiore costante e di un grande dominio di sé. Oggi vediamo questa virtù in san Giuseppe: egli affronta con pazienza le diverse circostanze della sua vita, i momenti di gioia e quelli di turbamento, di dubbio, di persecuzione. L'uomo giusto è anche l'uomo paziente. Impariamo a sopportare con pazienza, come fece lui, quei dolori che la provvidenza permette nelle nostre vite. Sono molti i contrattempi, le difficoltà, le sofferenze che l'uomo deve affrontare, nel corso della vita. Anche il solo passar del tempo, con i suoi segni di usura e di sconfitta, richiede da parte nostra l'esercizio di una grande pazienza. Sia la pazienza il segno distintivo del nostro atteggiamento in famiglia, nelle relazioni coniugali, nell'educazione dei figli, nelle malattie e nelle sofferenze... Come fece con san Giuseppe, Dio non lascia mai da soli neanche noi, e sta sempre al nostro fianco per confortarci ed sostenerci, e darci perseveranza nelle buone opere. |