Omelia (14-03-2004)
don Romeo Maggioni
Conversione e pazienza di Dio - romano

per il rito romano

Il Mistero Liturgico che celebriamo è il luogo ogni anno in cui è reso presente l'evento di salvezza operata da Gesù, in annuncio e in gesto che ci tocca cuore e libertà per essere trasformati. Bisogna approfittarne, non perdere l'occasione, aprirci al nuovo passaggio di Cristo, ..in una parola: convertirci! Ogni richiamo è buono. Senza .. far perdere la pazienza a Dio! Scrive sant'Agostino: "Ho paura del Signore che passa...", e che forse non torna più indietro.

1) CONVERTITEVI, SE NO PERIRETE

Bisogna dirlo: Dio si serve proprio di tutto per richiamarci a conversione. Quando non con le buone, con le cattive. Anche il figlio prodigo – lo vedremo domenica prossima – s'è accorto dell'amore del padre solo quando ha pestato il naso e ha sofferto la fame del suo fallimento. L'esperienza del limite – e la coscienza del proprio peccato - è il punto di partenza per aprirsi alla salvezza. E a volte Dio deve usare mezzi drastici; ecco il senso delle disgrazie e delle prove. Ci fanno aprire gli occhi sulla nostra precarietà e insufficienza.
Da due episodi di cronaca nera Gesù non trae – come facciamo noi – la ricerca di responsabilità. Non è castigo di Dio, né peccato personale dei malcapitati ciò che ha provocato la strage. Le disgrazie hanno altre radici, o naturali, o per colpa della libertà umana mal usata. Ma non è questo il punto. Sono invece un richiamo al nostro limite, o alla nostra cattiva gestione della vita, personale e sociale. Quel che conta è prendere coscienza di questi limiti, scuoterci dalla nostre quiete coscienze, o scienze e calcoli o supponenze umane, e aprirci alla salvezza piena che ci può venire solo da Dio.

Convertirci significa credere che non è tutto da noi, che noi siamo solo un piccolo punto di un universo più grande; anzi che generalmente noi tendiamo a rovinare più che costruire questo mondo, che poi ci si rivolta contro. Che c'è quindi bisogno di un riferimento e di una salvezza che viene da fuori, da chi questo mondo ha costruito e dirige, e salva. Ecco: approfittiamo di questa nuova iniziativa di Cristo che si attualizza anche quest'anno nel Mistero Pasquale cui ci stiamo preparando in questa quaresima.

2) CONVERTITEVI, E' L'ULTIMA OCCASIONE

La parabola del fico è molto efficace. Tre anni senza frutti, tempo sciupato in cose frivole che non salvano per l'eternità; una umanità fallita, una esistenza – la nostra – sterile, che non produce frutti. O frutti attossicati. Si può dare un giudizio diverso della nostra realtà sociale così come si squaderna davanti a noi ogni sera al telegiornale? Fico senza frutto. Foglie. Chiacchiere. Quando non peggio.
Allora si tratta di muoversi, decidersi alla conversione. E' l'ultima chance che ci è data, quella che Cristo ci ha offerto con i suoi atti di redenzione e perdono e che ogni anno ci vengono riproposti nella Pasqua. Ancora una volta, ancora una occasione, ancora una quaresima; poi, se non rende, il fico viene tagliato. Il giudizio c'è; non è indifferente la vita. Non è lo stesso essere fecondi o sterili. Decidersi per adesso; è già tardi. Siamo già ai tempi supplementari. Il Signore non s'arrende e ci dà ancora una possibilità. Ma fino a quando?

Il cuore di Dio prolunga con pazienza il tempo ed è Lui a darsi da fare col concimare e zappare, cioè a sollecitare con tante grazie ed occasioni il nostro ravvedimento. Lui è il primo appassionato contadino del nostro sterile terreno. Quale degnazione e bontà! Ecco: forse sta proprio qui - più che sulla paura di un giudizio o di una condanna – il motivo che ci deve spingere alla conversione. Dio non rinuncia; Dio si dà da fare più di quello che non facciamo noi. Guai a rendere vano questo ulteriore interesse e questa sua passione per noi! Guai deludere una tanto immeritata fiducia e speranza.

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Si potrebbe riassumere il messaggio di oggi col dire che Dio fa sì giustizia, ma che scadenza questa sua giustizia al ritmo della sua misericordia, e intanto pazienta, attende il ritorno, anzi lo sollecita e lo promuove aiutandosi in tutti i modi per spaccare la corazza resistente della nostra ribelle volontà. Scoprire la premura di Dio forse è più efficace che temerne la condanna. Del resto è stile di Dio prendere per il cuore, non imporsi con la forza.