Omelia (21-03-2004)
don Romeo Maggioni
Sono andato, mi sono lavato, e ora ci vedo - ambrosiano

per il rito Ambrosiano Es 34,28-35 – 2Cor 3,7-13.17-18 – Gv 9,1-41


Ancora un fatto compiuto da Gesù che suscita una discussione, e quindi delle prese di posizione nei confronti di Lui. Da una parte il cieco guarito che crede, dall'altra i giudei che si chiudono sempre più nella loro incredulità.
Un fatto che è un segno di tutta l'opera di Gesù, "luce del mondo", e che riguarda oggi anche ognuno di noi per quell'illuminazione che riceviamo nel battesimo.
Aprirsi alla luce di Cristo con la fede è appunto l'impegno che ci viene richiesto nel rinnovare ogni anno il nostro itinerario battesimale di quaresima verso la Pasqua.

1) IL FATTO

Il fatto è un gesto ben concreto: un cieco dalla nascita è guarito. Ed è inviato a lavarsi alla piscina di Siloe. Siloe significa: Inviato, cioè Messia. Il fatto allora è un segno: di Gesù che è luce del mondo, quel Verbo "che è la luce vera che illumina ogni uomo e che viene in questo mondo; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Gv 1). Luce come rivelazione piena di Dio; luce che è la vita divina: "a quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli i Dio" (Gv 1,12). Accogliere Gesù - via per la quale Dio giunge a noi - è arrivare alla verità e alla vita: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).
Il cieco nato, uomo sincero e realista s'arrende all'evidenza del fatto e cammina verso il riconoscimento del segno, passando dalla luce degli occhi alla luce della fede. Il suo ragionamento è semplice: "Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". E passa gradualmente da saperlo "un uomo che si chiama Gesù", a riconoscerlo "un profeta", cioè "uno che viene da Dio", e alla fine lo proclama "Signore", cioè il Figlio dell'uomo che è il Dio venuto tra noi. A tale riconoscimento della divinità di Gesù approda appunto la fede battesimale.

All'opposto sta l'indurimento del cuore dei farisei di fronte a Gesù che non vogliono accettare il fatto per pregiudizio contro il segno, cioè perché non vogliono riconoscere il divino che c'è in Gesù, riconoscerlo cioè Messia. Fino a meritare il giudizio tremendo finale: "Se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dice: noi vediamo, il vostro peccato rimane". Ma dietro i farisei ci sta poi la folla che si perde in chiacchiere, si ferma alla pura curiosità: è lui il mendicante cieco, ..non è lui? Non prende posizione, non gli interessa più di tanto quel che è capitato...: come avviene per chi del fatto religioso si informi solo alla tv. Per i genitori del cieco poi è questione di paura: è troppo compromettente e rischioso credere in Cristo! E noi? Quale posizione prendiamo di fronte a Gesù? Quella aperta e leale del cieco? O quella supponente dei farisei "che sanno"? O quella indifferente della folla? O quella minimalista dei genitori che non vogliono compromettersi con Cristo?

2) IL SEGNO

Il prefazio di oggi così ci fa pregare: "Nel mendicante guarito è raffigurato il genere umano prima nella cecità della sua origine e poi nella splendida illuminazione che nel fonte battesimale gli viene donata". E' il segno attualizzato per noi nel battesimo. L'umanità nasce cieca perché riceve una eredità di peccato da Adamo che ci rende privi della vita divina e come feriti nelle nostre più autentiche capacità umane, sull'immagine del malcapitato della parabola del Buon Samaritano, bisognoso che Dio si chini su di lui per salvarlo.
Ora Gesù ripete a quest'uomo che siamo noi destinati alla morte: "Va' a lavarti alla piscina di Siloe, che significa Inviato". Va' a lavarti nella piscina che è il tuo battesimo e ne uscirai illuminato dalla grazia di Cristo, riconciliato con Dio, partecipe ancora della vita divina, rafforzato dallo Spirito Santo che ti rende capace - come dice S. Paolo - di "resistere al male che non vuoi e fare il bene che vuoi" (Rm 7,18-19). Il battesimo è il dono e la segnalazione d'una nuova identità e di un nuovo destino che trova in Cristo la sorgente e l'immagine riuscita cui far riferimento nel cammino della nostra realizzazione come uomini.

La vita cristiana è come una graduale trasfigurazione - ci dice S. Paolo nella seconda lettura - che "riflettendo a viso scoperto come in uno specchio la gloria (cioè la vita divina di cui anche noi siamo partecipi) del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, secondo l'azione dello Spirito". E' cioè una progressiva conformazione a Cristo, primogenito e modello dell'uomo nuovo che dal battesimo cammina fino a divenire alla fine "simile a Dio". Sull'esempio di Mosè che ad ogni incontro con Dio usciva sempre più raggiante in volto (cfr prima lettura).

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Grande è la nuova dignità dei figli di Dio nati dal battesimo, "molto più gloriosa" rispetto all'antica Alleanza. E grande è la libertà che ci deriva dal riconoscimento di un solo Signore Gesù Cristo. "Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà". Allora "forti di tale speranza - cioè orgogliosi di tale fortuna -, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto" (sec. lettura). Noi siamo cioè chiamati a testimoniare agli altri questa nuova identità che il battesimo ci assicura, e divenire così, come ci dice Gesù, sale, luce, lievito per tutti i nostri fratelli.