Omelia (10-02-2013)
mons. Gianfranco Poma
Non temere: da questo momento sarai pescatore di uomini

La Liturgia, nella V domenica del tempo ordinario, ci offre un brano molto ricco del Vangelo di Luca (5,1-11), che ci stimola ad una profonda revisione della nostra vita ecclesiale e personale.
Gli esegeti osservano che si tratta di un brano che risulta dalla combinazione di due episodi tradizionali: la pesca sovrabbondante che si trova in Giov.20,1-11 e la vocazione dei primi discepoli di Mc.1,16-20. La profonda rielaborazione di Luca ci invita a leggere questa pagina alla luce dell'esperienza che la comunità cristiana sta vivendo: essa trova la propria identità nella relazione di fede con il "Signore" e nell'ascolto della sua Parola, mentre sempre più precisa la propria struttura come "comunità" che si costruisce attorno a coloro che hanno lasciato tutto per seguire lui.
Troviamo quindi, in questa narrazione, tutti i grandi temi che reggono l'esperienza della fede cristiana: evidentemente la riflessione che Luca ne ha fatto è alla luce della risurrezione già accaduta e sperimentata in tutta la sua potenza da Paolo e dalle comunità che hanno accolto il suo annuncio. Chi è Gesù, ormai diventato il Signore, cosa significa ascoltare la sua Parola e credere in lui, chi sono e cosa sono chiamati a fare i suoi discepoli: sono queste le domande a cui Luca risponde con questa sua pagina, presentandoci un racconto nel quale l'esperienza dei primi discepoli diventa l' "oggi" della sua comunità.
In realtà, Luca sta narrando una storia che è tutta una manifestazione della potenza della Parola: è la storia nella quale il soggetto è la Parola di Dio. Attorno a sé, Luca vede tutto un fiorire di comunità generate dalla Parola. Negli Atti degli Apostoli si ripete come un ritornello che "la Parola cresceva e si moltiplicava il numero dei discepoli". Paolo conclude il suo discorso agli anziani di Efeso dicendo: "Ora vi affido a Dio e alla sua Parola che ha la potenza di edificare" (Atti 20,32). Il libro della Chiesa nascente ha come soggetto la Parola di Dio vivificata dallo Spirito di Cristo risorto, quella stessa Parola che Gesù annuncia con potenza, come narra Luca nel suo Vangelo. Ed è proprio nel contesto del brano che oggi leggiamo che l'evangelista nota: "Tutti furono presi da timore e si dicevano: Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?" (Lc.4,36). Luca continua a presentare Gesù come afferrato dalla passione incontenibile dell'annuncio della Parola, la lieta notizia del Regno di Dio, alla folla che gli si stringe attorno assetata dal desiderio di ascoltare.
E Luca costruisce il suo racconto, ricordo dell'esperienza dei primi discepoli e pure ricco di valore simbolico che permette di attualizzarlo continuamente: comincia la storia di un popolo che non ha più confini (la folla), che vive dell'ascolto della Parola che Gesù annuncia, che è lui stesso. Ed egli chiama con sé i discepoli che dovranno continuare la sua missione di rendere presente la sua Parola nella storia: ma perché la loro sia l'attualizzazione della sua missione, occorre che vivano l'esperienza di un incontro vero con lui, che li trasformi interiormente, in modo che in loro viva lui stesso.
Gesù stando presso il lago di Gennésaret, dove si svolge la vita, dove la folla gli fa ressa attorno per ascoltare la Parola di Dio, vede due barche accostate alla sponda, vuote perché i pescatori erano scesi e lavavano le reti. Gesù è profondamente attento alla realtà che lo circonda e con la sua presenza dà ad essa un senso nuovo: la pesca è la situazione nella quale trova queste persone, e le vede mentre stanno concludendo il loro lavoro.
Gesù sale su una delle barche che era di Simone e lo prega di lasciare la riva e di avanzare un po': tra le due barche, Gesù fa una scelta libera, sceglie quella di Simone. Gesù comincia ad amare Simone chiedendogli di entrare nel circolo del suo amore con un gesto concreto che lo coinvolge nel suo lavoro di pescatore: gli chiede di accoglierlo nella sua barca, di staccarsi dalla riva e di cominciare a spingere la barca.
Ormai il dialogo con Simone è iniziato: la sua barca che era legata alla sponda, ritornata nell'acqua, è diventata la cattedra dalla quale Gesù insegna alla folla. Luca non dice nulla del contenuto dell'insegnamento: Simone, per ora, è solo colui che ha permesso a Gesù di parlare alla folla.
Adesso proprio a Simone e ai suoi compagni è rivolta l'attenzione di Gesù: la loro relazione deve diventare più profonda, tutto deve diventare nuovo.
"Gesù dice a Simone: Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". Adesso Gesù dà un comando: a Simone chiede di portare al largo la barca e a tutti i suoi compagni di gettare le reti. Ma la parola di Gesù è sconvolgente: è fuori delle regole della pesca che Simone conosce bene. Difatti egli ribatte: "Maestro, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". A Gesù, chiamato ‘maestro', Simone manifesta la sua perplessità di pescatore deluso del fallimento della pesca condotta, di notte, secondo tutte le regole. Ma questo svela ancora di più il motivo della scelta di Gesù e il senso della sua Parola: si rivolge ad un uomo, pescatore, in un momento in cui fa l'esperienza della propria fragilità.
Ma proprio in questo momento si apre la novità della storia e nasce l'uomo nuovo. Simone aggiunge: "Ma sulla tua Parola getterò le reti". Ecco, l'ascolto della Parola di Gesù, la fiducia in lui diventa la regola nuova, sconvolgente, della vita di Simone.
E Luca narra: "Fecero così e presero una quantità enorme di pesci..." Simone, ‘uditore della Parola di Gesù', trascina i suoi compagni, anche quelli dell'altra barca, in una pesca dal risultato inimmaginabile.
Il realismo del racconto si apre sempre di più al suo valore simbolico: chiaramente è l'efficacia della Parola che la sovrabbondanza della pesca vuol significare.
Ma ormai è Simone che rinasce, in una percezione nuova di sé, nella relazione personale con Gesù, sperimentato nella sua piena verità.
"Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: ‘Signore, allontanati da me che sono un peccatore'..." Luca aggiunge: "lo stupore aveva invaso lui e quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto".
Per la prima volta nel Vangelo, un uomo chiama Gesù "Signore", un titolo che si applica a Dio e al suo Messia: per la prima volta Simone riconosce in Gesù l'icona di Dio, e lui diventa "Simon Pietro", la roccia, proprio nel momento nel quale sperimenta la sua fragilità.
Comincia il mistero di Pietro, il primo, e di tutti quelli che erano con lui, come Giacomo e Giovanni: sono fragili, peccatori, ma amati da Gesù, la cui Parola rimane fedele per sempre. Anche a Paolo Gesù dirà: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2Cor.12,9).
Qui a Simone Gesù dice: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini".
Comincia una storia nuova: la barca legata alla sponda ormai naviga al largo; il pescatore deluso è stupito per l'abbondanza della pesca. Ma questo non avviene per l'intelligenza e la perizia di Simone: avviene anzi quando ha abbandonato le sue logiche, per seguire Colui che gli chiede di fidarsi di lui, di ascoltare la sua Parola. E nasce la Chiesa, la barca condotta da Pietro, ma con la forza di Colui che la ama; che naviga sulle onde del mare perché gli uomini non siano travolti dalle onde del male. A Simon Pietro e ai suoi compagni Gesù continua a dire: "Non temere". La tentazione più pericolosa è la paura che paralizza e fa ricondurre la barca dentro la logica delle regole della razionalità umana.
"Tirate le barche a terra, laciarono tutto e lo seguirono": la logica nuova che dà senso alla storia sta proprio nel coraggio di lasciare "tutto" per seguire "lui". Sperimentare la forza che dà le vertigini della libertà che viene da Colui che ha annunciato al mondo l'infinita potenza della gratuità dell'Amore.