Omelia (19-02-2013) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su Matteo 6, 14 "Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto." Is 55, 10 "Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe". Mt 6, 14 Come vivere questa parola? RITORNARE-PERDONARE Il movimento del ritorno è sullo sfondo di tutte e due le letture di oggi e ci immerge nel senso più profondo della quaresima: tornare in ebraico si esprime con il verbo shuv, un verbo che nei diversi contesti potrebbe significare ‘ritornare', ‘tornare indietro', ‘cambiar strada', ‘riparare', ‘respingere', ‘rivoltarsi', ‘rifiutare', ‘revocare'. In ogni ritorno sono sempre coinvolte due realtà: chi si allontana e chi è abbandonato e magari rimane in attesa o addirittura si mette in ricerca. Nella Bibbia, l'esperienza che riconduce le realtà a rincontrarsi si chiama teshuvà che è una "metanoia", un mutamento radicale del modo di pensare, di sentire, di essere, a seguito di un'esperienza trascendente. La liturgia di oggi guarda questo ritorno dal punto di vista di chi è stato abbandonato; nella prima lettura chi ritorna è la stessa Parola di Dio, che il deutero Isaia immagina come l'acqua che scende sulla terra, si muove tra gli uomini e torna a Dio, solo dopo aver lasciato la traccia feconda del suo passaggio. Un'immagine meravigliosa dell'efficacia della Parola, una profezia del passaggio vivificante del Figlio di Dio nella storia, della forza trasformante dell'Incarnazione, che permette la nuova creazione. Nel Vangelo, Matteo contrappone le tante parole sterili dei pagani a quelle consegnate da Gesù a chi gli chiedeva come pregare. Gesù è la realizzazione della profezia di Isaia: la Parola di Dio è scesa sulla terra e sta tornando a Dio, avendo realizzato tutto quello che Egli desiderava. Le parole che Gesù consegna ai suoi non sono suoni vuoti, non sono formule magiche. Ma sono pronunciabili solo se espressione di una vita che si trasforma, se sono il suono emesso da persone, da una comunità che torna a Dio, lo riconosce Signore, ama la sua volontà e desidera amare come Egli ama. Il perdono è un modo speciale di tornare: si tratta di voltarsi verso chi ci ha ferito, verso chi possiamo considerare il nostro nemico e accorciare la distanza che ci separa. Un movimento dettato unicamente dalla carità, dalla coscienza di essere tutti mancanti e di avere bisogno dello sguardo dell'altro per vivere. Il perdono è il frutto di quella parola scesa dal cielo e che torna verso Dio. Per questo che solo perdonando si potrà essere perdonati. Oggi, Signore, aiutami a perdonare, aiutami a penetrare questo dono soprattutto nell'esperienza di donarlo a chi non vorrei più guardare negli occhi. La voce della sapienza ebraica «Facci ritornare a te, o Signore, e noi ci convertiremo. Restaura i nostri giorni antichi. Benedetto sei tu che ti compiaci della penitenza». Dalle Diciotto benedizioni (quinta ) |