Omelia (21-03-2004) |
don Mario Campisi |
L'uomo storico nel compiersi della salvezza Proseguendo nella riflessione sul "cammino" quaresimale nelle sue componenti di fede e di conversione: oggi i testi biblici evidenziano che se all'inizio sta la misericordia di Dio, il traguardo può essere raggiunto soltanto mediante la collaborazione da parte del credente. Il quale vive l'equivocità di un cammino nel quale è possibile anche la "regressione", il ritorno all'indietro, ma anche la possibilità di una ripresa: nuovo è infatti il volto di Dio, e anche il volto dell'uomo. Le letture bibliche di oggi hanno tutte questo denominatore comune: il divenire dell'uomo nel compiersi della sua salvezza. Il nostro operare ha un suo sviluppo, che mostra la "storicità" dell'uomo, e perciò la presenza in lui del passato e la novità imprevista del futuro, la sua dipendenza e il suo protagonismo, il suo divenire nella libertà e la sua responsabilità. Nella prima lettura assistiamo al divenire nella vicenda di un popolo a compimento della promessa di Dio, che implica una novità nel comportamento di esso. Nella seconda lettura il divenire dell'uomo non è presentato nel semplice trasferimento da una terra ad un'altra, da una condizione di vita ad un'altra, ma nell'essere stesso dell'uomo, che da creatura "vecchia" diventa creatura "nuova"; e ciò si realizza in Cristo, trattato da Dio come fosse peccato, perché noi diventassimo giustizia di Dio. Nel Vangelo il divenire dell'uomo è rappresentato nella storia del rapporto di un figlio con suo padre: dal distacco per un sogno di libertà, al rientro per un incontro di riconciliazione. In queste tre pagine il motore primo della storicità dell'uomo nel suo cammino di salvezza si trova nell'amore, nella misericordia di Dio. Ciò significa che nel nostro divenire salvifico la misericordia di Dio è principio, guida, misura e ragione della nostra responsabilità. Tutto questo ha varie ripercussioni operative nel nostro comportamento. Ci ricorda anzitutto che la fedeltà a Dio ha varie forme espressive, a seconda delle contingenze storiche, per cui paradossalmente il "cambiamento" può essere espressione di fedeltà, mentre l'irrigidimento nei comportamenti può finire con il tradire la stessa parola di Dio. Così certe resistenze alle riforme conciliari, in nome della tradizione, che mette sullo stesso piano l'uomo e il divino, oscurano l'identità della Chiesa, invece di metterla in rilievo. La fedeltà a Dio si radica nello stesso divenire profondo del soggetto, che da ingiusto è fatto giusto, da perduto ritrovato, da "morto" "vivo". L'operare dell'uomo si fa', così, eco e frutto dell'operare di Dio in lui, segnando la sua storicità come "divenire" nella salvezza. Un divenire che può anche essere fatto di regressione. Come la fu l'uscita del figlio dalla casa del padre; come lo fu l'incomprensione del fratello maggiore nei riguardi della misericordia del padre. La vita umana di fronte alla misericordia di Dio può sempre correre il rischio della fuga, dell'incomprensione, del tradimento, come anche la possibilità del ritrovarsi, mettendosi in cammino verso la casa del padre. Tale condizione ci ricorda che dobbiamo essere sempre vigilanti di fronte alle possibilità e ai rischi della vita e nel contempo fiduciosi nel sorprendente amore del Padre, ripercorrendo la strada del nostro ritorno. La parola di Dio propone perciò all'uomo uno stile di agire che supera le sue capacità, ma nello stesso tempo gliene dà la forza. E' costante nella storia dell'insegnammento della Chiesa - eco di quello biblico - che la rivelazione di Dio non è solo "luce" per il cammino dell'uomo, ma anche sua "forza". Con questo martellante richiamo la liturgia di oggi vuole disporci alla comprensione del mistero pasquale: condivisione, esempio e novità di vita per ogni uomo. |