Omelia (24-02-2013)
padre Ermes Ronchi
L'incontro con il Padre ci illumina

Gesù è a una svolta del­la sua missione, ha messo i suoi discepoli davanti allo sconcerto del pri­mo annuncio della passione: il Figlio dell'uomo deve soffri­re molto, essere rifiutato, veni­re ucciso. E i dubbi sono le­gione, è tutto così difficile da capire e da vivere. E allora an­che lui si ferma, vuole veder­ci chiaro, ed è davanti al Padre che va per cogliere il senso profondo di ciò che sta per ac­cadere.
Nel contatto con il Padre an­che la nostra realtà si illumi­na, ciò che è nascosto appare in tutta la sua chiarezza ed e­videnza, come il volto di Ge­sù: Mentre pregava il suo vol­to cambiò di aspetto, si trasformò.
Pregare trasforma. Pregare ti cambia dentro, tu diventi ciò che contempli, ciò che ascol­ti, ciò che ami... Preghi e ti tra­sformi in Colui che preghi; en­tri in intimità con Dio, che ha un cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta. La pre­ghiera è mettersi in viaggio: destinazione Tabor, un batte­simo di luce e di silenzio; de­stinazione futuro, lampada ai tuoi passi è la Parola e il cuo­re di Dio.
Gesù sale su di un monte. I monti sono come indici pun­tati verso il cielo, verso il mi­stero di Dio, raccontano la vi­ta come una ascensione ver­so più luce e più cielo. Scrive­va il filosofo latino Seneca: fino a che sei all'osteria, puoi ne­gare Dio. Ma non è facile ne­garlo quando sei nel silenzio della tua camera o della na­tura.
Siamo mai saliti sul Tabor, toc­cati dalla gioia, dalla dolcezza di Dio? Vi è mai successo di dire come Pietro: Signore, che bello! Vorrei che questo mo­mento durasse per sempre. Facciamo qui tre tende...?
Si trattava di una luce, una bellezza, un amore che can­tavano dentro. E una voce di­ceva: è bello stare su questa terra, che è gravida di luce. È bello essere uomini, dentro u­na umanità che pian piano si libera, cresce, ascende. È bel­lo vivere. Perché tutto ha sen­so, un senso positivo, senso per sempre.
Il cristianesimo è proprio la religione della penitenza e della mortificazione, come molti pensano? Il Tabor dice «no». E che fare con le croci? Fissare gli occhi solo su di es­se o all'opposto ignorarle? Dio fa di più: ci regala quel volto che gronda luce, su cui tene­re fissi gli occhi per affronta­re il momento in cui la vita gronda sangue, come Gesù nell'orto degli ulivi.
Pietro fa l'esperienza che Dio è bello e lo annuncia. Noi in­vece abbiamo ridotto Dio in miseria, l'abbiamo mostrato pedante, pignolo, a rovistare nel passato e nel peccato.
Restituiamogli il suo volto so­lare: un Dio bello, grembo di fioriture, un Dio da gustare e da godere, come Francesco: «tu sei bellezza, tu sei bellez­za», come Agostino: tardi ti ho amato. Bellezza tanto antica e tanto nuova. Allora credere sarà come bere alle sorgenti della luce.