Omelia (28-03-2004) |
don Mario Campisi |
Il perdono che non condanna ma che impegna La parola di Dio di questa domenica ci offre spunti meravigliosi di meditazione per l'approfondimento del senso della Quaresima. Sulla soglia della conclusione cronologica del "cammino" quaresimale, oggi si ribadisce che esso può venir percorso proficuamente mediante l'impegno cristiano del discernimento: "...va' e d'ora in poi non peccare più" (v.11). Questo, però, ci pone di fronte ad alternative e quindi a scelte, le quali danno verismo alla manifestazione del peccato dell'uomo ma anche del perdono di Dio. E' questo il paradigma della realtà del cammino dell'uomo nel tempo: peccato-perdono. Nella "colletta" di oggi la Chiesa chiede a Dio l'aiuto perché "possiamo vivere ed agire sempre" secondo l'amore che spinse Cristo a dare la vita per noi. La Pasqua ormai prossima non va solo contemplata, ma anche imitata, condivisa. Il nostro impegno nella imitazione di Cristo, però, può sempre venire meno. Ogni giorno dobbiamo tornare a decidere, ogni giorno si frappongono tra noi e Cristo nuovi ostacoli e nuove possibilità; momenti di stanchezza si alternano a momenti di entusiasmo nella nostra vita. Certamente hanno un peso rilevante nella nostra vita le scelte fondamentali fatte nel passato. Queste, però, non ci sottraggono alla rimessa in questione dei comportamenti della nostra esistenza. Fanno parte perciò della "storicità" dell'uomo il ripetersi del peccato e della conversione per opera della misericordia di Dio come anche il dono imprevisto della grazia e il rischio della perdizione. Operare da cristiani significa anzitutto accogliere i doni di Dio, aiutarli a crescere, impegnarci nella "educazione" del bene che Dio fa germogliare nel cuore di ogni uomo. Discernere, accogliere, educare la potenzialità di bene che Dio pone in ciascuna persona costituisce uno dei compiti primari del cristiano: far diventare l'uomo secondo la grazia che Dio semina nel suo cuore. E serviamo Dio quando educhiamo e valorizziamo i suoi doni, quando li accogliamo e ne favoriamo la crescita. Spesso però corriamo il rischio di coltivare i nostri desideri, le nostre opere, e non i desideri e le opere di Dio. L'accoglienza dei doni di Dio ci mette molte volte di fronte a delle alternative, a delle scelte. San Paolo nella seconda lettura di oggi ci dice come egli pur di arrivare alla sublime conoscenza di Cristo ha considerate come spazzatura tutte le altre cose che possono danneggiare la vita del cristiano. Solo Cristo rimane la misura dell'accoglienza o del rifiuto, del sì o del no alle varie sollecitazioni che incrociano la nostra vita. E' vero che in Cristo e solo in Lui il cristiano trova il senso della sua vita, ma ciò non significa che non possa anche sperimentare la privazione. Privazione di un bene economico, di un piacere, di un posto di carriera, di un'amicizia, e perfino della vita stessa. Nel cammino proprio della storicità dell'uomo si presenta la possibilità del grave evento del peccato. Questi interrompe la strada dell'uomo verso Dio. Interruzione che solo Dio può riparare perché l'uomo con le sue sole forze diversamente non riuscirebbe. Nel Vangelo di oggi Gesù ci rivela questo potere che gli fu dato dal Padre e che scandalizza i suoi contemporanei: riallacciare un rapporto d'amore irreparabilmente troncato dal peccato dell'uomo. A nessun uomo dunque è tolta, in questa vita, la speranza della salvezza. Garantire la speranza a ciascun uomo significa garantire la ragione della vita. La Pasqua è questa garanzia di speranza. La Quaresima, cammino cristiano verso la Pasqua del Signore, tra la debolezza del suo peccato e la forza rinnovatrice della misericordia di Dio, si presenta in tal modo ai nostri occhi come il paradigma di ciò che sta al cuore di ogni cammino umano nel tempo. |