Omelia (16-03-2013)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Geremia 11,20

Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa.
Ger 11,20


Come vivere questa Parola?

Geremia si è fatto umilmente portavoce di Dio spendendosi senza riserve per il popolo, anzi intercedendo per esso. In cambio si vede esposto alle trame di quanti attentano alla sua vita.

Nel fallimento del profeta, la debolezza di una Parola che si presenta inerme: non si impone, ma si propone, esponendosi così alla possibilità del rifiuto, anzi della stessa reazione violenta.

E, in effetti, Geremia conoscerà la persecuzione e chiuderà i suoi giorni all'insegna del fallimento. Analoga sorte toccherà alla "Parola" fatta carne, a Gesù, rigettato non solo perché il suo messaggio è scomodo e viene ad intaccare un ordine prestabilito che garantisce privilegi a chi detiene il potere, ma anche per la difficoltà a liberarsi dai lacci del pregiudizio: " Studia e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta" (Gv 7,52). La conclusione logica è: costui non è un profeta, tanto meno il Messia. L'eliminarlo diventa così doveroso per difendere la purezza del credo israelitico, proteggere il popolo ignorante, mettere a tacere una voce che non può essere veritiera. E il tutto si ammanta di legittimità.

La reazione? La troviamo formulata nelle "confessioni" di Geremia in questo breve versetto che trasuda confidente abbandono nella mani di chi solo conosce fino in fondo ciò che alberga nel cuore umano e quindi può giudicare con giustizia. Egli invoca vendetta, ma non si fa vendetta, lasciando che sia Dio a pronunciare l'ultima parola.

Gesù andrà oltre: non solo non si vendicherà né chiederà a Dio di farlo al suo posto, e neppure si limiterà a perdonare, ma intercederà per ottenere dal Padre il perdono per i suoi crocifissori.

E qui, nella debolezza della Parola, si rivelerà la forza invincibile di Dio, che lava, riscatta e annienta la brutale violenza del male.

Voglio oggi fermarmi a riflettere sulla forza restauratrice del perdono: è solo spezzando il circolo vizioso dell'odio e della vendetta che si schiude l'orizzonte sconfinato e liberante del bene. Perché non essere io ad iniziare?

Donami, Signore, il confidente abbandono di Geremia che lascia a te il giudizio, e la forza del perdono di Gesù che intercede per i suoi persecutori. Porrò così anch'io, nel deserto del mondo, un piccolo seme capace di germogliare e fiorire in amore.

La voce di uno scrittore

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Hyàcinthe Vulliez