Omelia (10-03-2013) |
dom Luigi Gioia |
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò Poche altre pagine della Scrittura offrono una così vivida rappresentazione dell'amore del Padre: Il Padre è colui che dona quello che ha, che vede da lontano, che ha compassione, che corre incontro, che si getta al collo e bacia, che ordina di far festa, che esce per supplicare. E' un Padre che non si dà pace, che costantemente va incontro, esce, si dona, non si rassegna. Una tale rappresentazione di Dio è agli antipodi di tutte quelle che potremmo concepire da soli. Ci troviamo di fronte all'inconcepibile: cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo (1Co 2,9). In contrasto con l'apertura del Padre, vi è la chiusura dei due figli. Il primo chiede la sua parte di eredità e quando il Padre gliela concede, la raccoglie, in un gesto che visualmente chiude le braccia in un cerchio che crea una separazione, rivendica uno spazio proprio dal quale il Padre è precluso. Anche per questo figlio vale ciò che il Padre dice all'altro, tutto quello che è mio è tuo. Al primo figlio però pesa il sapersi dipendente dal Padre. Vuole la sua autonomia e tale esigenza sarebbe legittima se non si trasformasse in separazione dal Padre. Quando il Signore crea il primo uomo e la prima donna, li costituisce re e sacerdoti di tutto il creato, a loro dà la dominazione (Gn 1,28), il privilegio di conferire un nome a tutti gli essere viventi (Gn 2,19). Si riserva solo la gioia di venire a passeggiare nel giardino che ha donato all'uomo e alla donna per intrattenersi con loro (Gn 3,8). Non nega loro la legittima autonomia dei figli di Dio, ma cerca di educarli a viverla nella verità, nell'azione di grazie, nella responsabilità. Anche il Padre della parabola di Luca costituisce i suoi figli amministratori di tutti i suoi averi. Quando riaccoglie il figlio che era partito lontato, gli attribuisce i segni della piena autorità su tutti i suoi beni: i sandali ai piedi, la tunica ornata e soprattutto l'anello, il sigillo cioè con il quale si è autorizzati a disporre di tutti i beni della casa. La sua gioia consiste nel saperli in vita, felici. Non è un padre tirannico, possessivo, sospettoso. Quando il primo figlio chiede la sua parte e decide di partire, il Padre acconsente, non cerca di frenarlo. Il solo legame con il quale vuole tenere i figli legati a lui è quello dell'amore, della libera adesione, della gioiosa condivisione. Occorre saper leggere tra le righe di questa pagina di Luca per capire fino a che punto un tale amore sia riuscito a trionfare della distanza, della colpevolezza, della vergogna e del rimorso del figlio e gli abbia permesso di riprendere la strada del ritorno. Quando infatti il Figlio si ritrova nel bisogno e per la prima volta rientra in sè, immediatamente vi ritrova la sicurezza di poter sempre essere accolto in casa di suo Padre: Andrò da mio Padre e gli dirò: Padre ho peccato. Visualmente, lo stesso insegnamento lo si indovina nella frase centrale di questa parabola: Quando era ancora lontano, suo padre lo vide... Il Figlio si era allontanato dal Padre, ma il Padre non aveva mai perso di vista il Figlio. Il Padre sapeva che l'amore che accetta il distacco e attende è più potente di quello che cerca di prevenire e che, anche a fin di bene, ostacola la libertà dell'altro. Da quando il figlio era partito, il Padre si era stabilito sulla terrazza di casa e mai aveva cessato di scrutare l'orizzonte nella direzione verso la quale il figlio si era allontanato. Io insegnai a Efraim a camminare, sorreggendolo per le braccia; ma essi non hanno riconosciuto che io cercavo di guarirli. Io li attiravo... con legami d'amore (Os 11,3s). Non esiste luogo dove sfuggire a questo amore. Esso ci raggiunge ovunque continuamente ci perdiamo o ci disperdiamo. Basta rientrare in noi stessi per ritrovarlo nel nostro cuore, per sentirlo, per sperimentarlo ed allora basta arrenderci ad esso, riconsegnarci ad esso e da esso lasciarci ricondurre alla casa del Padre: lasciatevi riconciliare con Dio! (2Co 5,20). Il Salmista voleva esprimere questa stessa consolante sicurezza dell'omnipresenza dell'amore del Signore quando proclamava: Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: "Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte", nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce. (Sal 139) Il male, il peccato, la colpevolezza sono una prigione solo per noi, sono tenebra solo per noi. La distanza, le mura che hanno eretto intorno a noi il nostro egoismo, la nostra ingratitudine, la nostra fuga lontano dal Signore sono insormontabili solo per noi. Il Risorto ci raggiunge e penetra ovunque, passa attraverso le mura, illumina ogni oscurità, dissipa ogni tenebra (Gv 20,19). Se il pensiero di essere sempre in presenza di Dio ci può incutere timore, occorre ricordarsi che Dio è il Padre misericordioso di questa pagina evangelica di Luca, che la sua omnipresenza e la presenza di questo suo amore. Nei labirinti nei quali ci smarriamo ogni giorno di più, basta rientrare in noi stessi per ritrovare proprio nei nostri cuori l'amore che il Padre vi ha versato per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rom 5,5): esso è il filo di Arianna che ci ricondurrà alla casa del Padre, dove liberati da ogni colpevolezza e rimorso potremo partecipare alla festa e cantare in eterno la bontà del Signore. |