Omelia (10-03-2013)
don Alberto Brignoli
Oggi festa folle a casa di Dio

Come si fa a essere contenti quando si riceve la notizia dell'assoluzione di un colpevole? Non si può che gridare allo scandalo, urlare la propria rabbia, ricorrere in appello ai gradi superiori di giustizia, e qualora ciò non bastasse, invocare la Giustizia Divina, almeno lei infallibile.
Stando al brano di Vangelo di oggi, siamo fritti anche nel caso di ricorso alla Giustizia Divina. Bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, furto aggravato, sfruttamento della prostituzione con intenzionalità patricida da parte dell'imputato, il quale alla fine riceve assoluzione completa; non solo, ma addirittura viene ristabilito in quelle funzioni esercitando le quali aveva commesso tutti questi capi d'imputazione. Assolto perché, nonostante abbia commesso il fatto, con tanto di testimoni, è il figlio del giudice, il quale è misericordioso e solitamente assolve i suoi figli con formula piena, con successiva festa e relativo banchetto: e tra gli invitati, ci sono i pubblici ministeri con i loro impianti accusatori... questa è corruzione allo stato puro! Anzi, no, peggio: è follia assoluta. E purtroppo, senza appello.
Purtroppo o...per fortuna...visto che gli imputati colpevoli siamo noi, assolti dalla follia dell'Amore di Dio. Che l'amore abbia in sé delle dinamiche di follia non è una novità: fa parte dell'umano. Ma pensare che queste dinamiche riguardino anche l'amore di Dio nei confronti dell'umanità... mi pare perlomeno alquanto irrispettoso.
È vero: dire questo di Dio è irrispettoso. Ma mai così irrispettoso quanto la mancanza di rispetto di Dio nei confronti di farisei e scribi mormoratori, giudicatori, giudici dell'umanità e del mondo intero, persone formalmente così irreprensibili da sentirsi autorizzati a irridere, sparlare, e mormorare di tutti i peccatori e di coloro che verso i peccatori hanno atteggiamenti concilianti: "Mangi con i peccatori? Sei amico dei pubblicani e delle prostitute? Li accogli? Parli con loro? Li ascolti? Allora sei uno di loro...e farai la fine che ti meriti".
A questo punto, la follia dell'amore di Dio nei confronti dell'umanità diventa assoluta, perché invece di difendersi dall'accusa di essere peccatore e di evitare di fare la loro fine, accetta di essere condannato al patibolo per essere annoverato tra i malfattori. Follia allo stato puro, dicevamo: eppure è l'unico modo che egli ha avuto per salvare l'umanità.
Un'umanità che ama Dio; lo ama in maniera strana, perché continua a chiamarlo "padre" anche quando vorrebbe eliminarlo dalla propria vita per avere in eredità il mondo o perlomeno quella parte che gli spetta; continua a pensare a lui anche quando teme che lui si sia dimenticato - e farebbe bene, ogni tanto - dell'umanità; continua a pensare a lui anche se capisce che a un certo punto dev'essere talmente arrabbiato che non è più il caso di considerarlo un padre, quindi meglio servirlo come un padrone, anche solo per un pezzo di pane; continua a pensare a lui e a studiare quale può essere la formula migliore per chiedergli scusa; continua a pensare a lui anche quando lo può solo guardare da lontano senza sperare nulla di più. Eppure, è proprio questa l'umanità che Dio privilegia: peccatrice, dissoluta, sperperatrice di beni, diseredata e disgraziata, eppure sempre e solo "figlia di Dio". Che gli importa a Dio di un'umanità perfetta (che poi è tutto da dimostrare...), lavoratrice incallita, efficiente, fedele, mai fisicamente lontana da lui, servitrice irreprensibile, seria, dura ed esigente con se stessa, mai dedita ai piaceri e alle feste, severa e austera anche esteriormente, ma incapace a chiamarlo con il suo nome, "Padre"? Che se ne fa Dio di gente arrabbiata nei suoi confronti perché accogliente verso i peccatori, premuroso verso di loro al punto da rivestirli di dignità, da ridargli nuove opportunità d'investimento nella vita, e da fare festa per il loro ritorno alla casa del Padre?
Eppure, la sua follia arriva al punto di non abbandonare nemmeno i figli brontoloni e pedanti, i figli maggiori, quelli che sono soggetti di tutti i diritti e li reclamano sulla scorta dell'assolvimento dei loro doveri, mentre non sanno che con Dio Padre non funziona così, perché Dio Padre non ci ripaga secondo le nostre opere.
Dio va all'ascolto anche dei figli maggiori che ritenendosi giusti disprezzano gli altri, mormorano nei confronti dei peccatori, aspettano il momento propizio per lapidarli, salvo poi doversene tornare a casa gettando in terra le pietre del giudizio, perché con Dio non funziona così.
Ma questo lo lasciamo per la prossima domenica. Oggi godiamoci la gioia della festa dell'amore folle di Dio, il quale proprio non ha voglia di ragionare, è troppo ubriaco di amore per l'umanità che pecca ma che nonostante tutto continua a chiamarlo "papà".