Omelia (28-03-2004) |
don Marco Pratesi |
"Misera et misericordia" Scribi e farisei hanno già condannato la donna nel loro cuore, la portano da Gesù solo per tendergli un tranello. Se Gesù assolve la peccatrice si mette contro la Legge; se la condanna si rimangia di fatto la sua predicazione e perde credibilità. Gli avversari di Gesù sono astuti: nel primo caso potranno condannarlo; nel secondo lasciarlo perdere. Non ci precipitiamo a giudicarli male: anche noi non facciamo delle acrobazie, in vario modo, per poterci sottrarre alla stringente Parola di Gesù? La lapidazione è una forma collettiva di esecuzione capitale, nella quale ognuno si mette al riparo degli altri, della massa: il mio sasso si confonde nel mucchio. L'espressione "scagli la prima pietra" ricorda Dt 13,10 dove si vuole che siano i testimoni oculari a iniziare l'esecuzione della condanna. Si tratta cioè di qualcuno che si assume una responsabilità particolare nell'esecuzione e si trascina dietro gli altri. Gesù dice: qualcuno se la sente di uscire allo scoperto, di condannarla senza ripararsi dietro il comodo paravento degli altri? Però se anche tu sei peccatore non hai il diritto di condannare. Solo Dio lo ha. Come spesso succede quando c'è da uscire allo scoperto e assumersi una responsabilità precisa, quelli che erano già con la loro pietra in mano spariscono. Sulla scena rimangono Gesù e la donna. Bellissima scena: è la rappresentazione della nostra situazione davanti al Signore. Se non lo sentiamo, se non ci sentiamo così davanti a lui, non abbiamo bisogno di Gesù, la redenzione per noi è superflua: abbiamo già una nostra salvezza. Possiamo evitare la coscienza del nostro peccato dicendo che il peccato non esiste, che è un'invenzione - magari della Chiesa: sappiamo quanto questo oggi venga ripetuto. Evitiamo di scoprirci peccatori anche riconducendo ogni comportamento sbagliato ad altre cause: la responsabilità non è nostra, ma di certi meccanismi, degli altri, della società, etc... Infine, otteniamo lo stesso scopo riducendo la legge di Dio alla nostra misura, la misura umana: se non ammazzo e non rubo sono a posto. No, la nostra situazione è quella sintetizzata da S. Agostino nella famosa frase: "Rimasero in due, la misera e la misericordia" (Relicti sunt duo, misera et misericordia - In Ioh. Ev. tr. 33,5). Solo chi si riconosce in questa donna può sentire rivolte a sé le parole del Signore: "Io, il solo che ha il diritto di condannarti, non ti condanno". Certo, la misericordia e il perdono non minimizzano la serietà del peccato: l'esortazione a non peccare più vale per noi tutti. Forti di questo perdono riprendiamo il cammino verso il Signore e la sua Pasqua. All'offertorio: Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci purifichi dal peccato, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente. Al Padre Nostro: Chiediamo al Padre che ci liberi da ogni male e perdoni i nostri peccati: |