Omelia (19-03-2013)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Romani, 4, 20

"Egli credette, saldo nella speranza, e così divenne padre di molti popoli."
Rm, 4, 20


Come vivere questa parola?
La Chiesa oggi ci propone di rileggere l'esperienza di Giuseppe, lo sposo di Maria, dentro l'esperienza di Abramo. Entrambi sono uomini giusti, perché hanno saputo amare Dio dentro la Legge e oltre essa stessa. Quando la legge non riusciva più a giustificare quello che stava accadendo (il figlio donato e poi chiesto in sacrifico; la sposa promessa già incinta)il loro cuore, il centro della loro persona ha cercato una nuova sintonia con la volontà di Dio. La loro fede si è dimostrata disponibile ad un salto di qualità, si è permessa di frequentare terreni inesplorati, insicuri. Perché cercare è alla base della fede autentica. Credere senza pensare, senza discernimento continuo non è previsto nell'esperienza del Dio di Abramo e in quella del Dio di Gesù Cristo. Entrambi, Abramo e Giuseppe hanno sacrificato il buon senso del loro essere giusti e si sono avventurati nella novità proposta da Dio. Questo ha fatto si che la loro esistenza ha permesso a Dio di agire nella storia in modo impensabile e li ha resi estremamente fecondi. Le loro scelte hanno generato vita abbondante per molti popoli. Li riconosciamo nostri padri nella fede, testimoni dell'autentica giustizia.

Oggi, Signore ti chiediamo la fede intelligente, coraggiosa e tenace di Abramo e di Giuseppe. Il nostro tempo ha bisogno di protagonisti originali dell'evangelizzazione, uomini e donne di dialogo che sappiano trasmettere speranza alle generazioni più giovani, senza che le questioni di bioetica, di morale sessuale, di politica e di economia siano terra straniera da temere ed evitare.

La voce di un padre nella fede oggi

La conoscenza di Dio è perciò esperienza di fede e implica, nel contempo, un cammino intellettuale e morale: toccati nel profondo dalla presenza dello Spirito di Gesù in noi, superiamo gli orizzonti dei nostri egoismi e ci apriamo ai veri valori dell'esistenza.
Benedetto XVI - udienza del 22/11/2012