Omelia (28-03-2004) |
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Avere un cuore nuovo Il richiamo alla conversione, che risuona alle nostre orecchie fin dall'inizio della quaresima, è riuscito a scuoterci dal nostro torpore spirituale? L'abbiamo preso sul serio? La preghiera che abbiamo recitato: "Donaci, Signore, un cuore nuovo e infondi in noi uno spirito di rettitudine", esprime il nostro sincero desiderio di cambiare vita e di conformarci all'esempio di Cristo? - È un lavoro che non finirà mai. Costa molto alzarsi, abbandonare il dolce tepore del focolare, le proprie abitudini, la propria indifferenza, e prendere la croce sulle spalle... "Ancora?" siamo tentati di dire: "Ma non sarà dunque mai finita?" No! La conversione non è mai finita: fatica spirituale bisognerà continuarla sempre, perché il modello è Cristo, con la sua perfezione. - Come rendere possibile questo lavoro? Non si può intraprenderlo e condurlo a buon fine se non a condizione di essere "afferrati da Cristo" come san Paolo, colpiti al cuore. Ma per questo è necessario incontrarlo: ognuno deve avere la sua "via di Damasco". Per chi è in buona fede e dà prova di onestà, Cristo si rivela con la sua luce, la sua bellezza, la sua bontà e il suo amore. - I risultati di questo lavoro. Dal momento in cui si è afferrati da Cristo, tutto ciò che non è lui perde ogni valore e, secondo la forte espressione dell'apostolo, non è che spazzatura. Qui si è nel cuore del mistero. Nulla più conta se non lui. Abitudini, comodità, benessere, livello di vita, tutto si è pronti ad abbandonare per camminare sulle sue orme e uniformarsi a lui. Solo così il cristiano realizza la sua identità: Christianus, alter Christus! Il cristiano è un altro Cristo. |