Omelia (24-03-2013)
mons. Gianfranco Poma
Comportatevi tra di voi conformandovi a Gesù Cristo

La Liturgia della domenica delle Palme ci introduce nella Settimana Santa ponendo al centro il racconto della Passione di Gesù, il "tesoro" più prezioso che la Chiesa conserva.
Il racconto di Luca 22,1-23,56 riprende tutti i temi che nel corso del Vangelo sono stati anticipati: la misericordia e le scelte radicali richieste per essere autenticamente discepoli di Gesù; la salvezza; la fede che non deve mai venir meno; la preghiera; il posto delle donne; la "caduta e la resurrezione" annunciate da Simeone come occasione per la manifestazione dei pensieri di tutti (Giuda, Pietro, il Sinedrio, i due malfattori); il ritorno di Satana "al tempo fissato"; il comportamento delle autorità; la fiducia di Gesù nel Padre. E' assente il tema della gioia che ritornerà nelle apparizioni di Gesù risorto.
Anche nel racconto della Passione Luca manifesta la sua vicinanza con Paolo: la Liturgia odierna offre come chiave di lettura della pagina evangelica l'inno della lettera ai Filippesi (Fil.2,6-11), questo testo ricchissimo che Paolo introduce nella sua lettera non tanto per la densità inesauribile dei contenuti teologici, quanto perché i suoi discepoli comprendano il senso nuovo della vita a cui sono chiamati.
"Colmate la mia gioia vivendo in pieno accordo: abbiate uno stesso amore, uno stesso cuore, cercate l'unità, non fate niente per rivalità, niente per una piccola gloria, ma, con umiltà, considerate gli altri superiori a voi stessi. Ciascuno non guardi unicamente a sé, ma pure agli altri": così Paolo esorta i suoi discepoli della comunità che sta in Filippi. Egli riassume in sette richieste lo stile di vita che desidera da loro, che si racchiude nell'invito a "vivere in pieno accordo". Questo non significa certamente che tutti debbano avere lo stesso punto di vista: Paolo chiede piuttosto un atteggiamento di rispetto e di accordo fraterno che si esprime nello stile che poi descrive in modo articolato, insistendo particolarmente sull'umiltà, atteggiamento assolutamente in contrasto con il sentire comunemente condiviso nel mondo antico. L'umiltà rende possibile "considerare gli altri superiori a se stessi", anche questo in contrasto con la sensibilità del mondo che arriva, magari, al rispetto per gli altri ma privilegiando il rispetto per se stessi. Per i discepoli di Paolo l'altro deve diventare la prima preoccupazione: "considerate gli altri superiori a voi stessi".
La mancanza di amore si manifesta nelle rivalità, nella ricerca di vana gloria, nel disprezzo dell'altro; l'umiltà invita ciascuno a vedere nell'altro una persona superiore a sé.
"Vivere in Gesù Cristo" significa dunque un modo di considerare se stessi e gli altri ben diverso da quello del mondo nel quale si è immersi ed è conseguenza dell' "essere" in Lui, del capovolgimento che deriva dall'essere "afferrati da Lui, che Paolo descriverà nel cap.3 della lettera ai Filippesi.
"Abbiate in voi le stesse disposizioni che furono in Cristo Gesù": per "vivere in Lui", occorre "sentire" come Lui, condividere le sue scelte, le sue logiche.
Quello che Luca descrive narrando il racconto della passione e della morte di Gesù, Paolo sintetizza nell'inno della lettera ai Filippesi, per coglierne il senso.
Si tratta di un inno, probabilmente preesistente, di una ricchezza inesauribile, che nel corso dei secoli la teologia ha cercato di interpretare, indagando in modo particolare il significato della "forma" di Dio, della "uguaglianza" di Cristo con Dio.
"Abbiate in voi le stesse disposizioni che furono in Cristo Gesù": certamente la preoccupazione prima di Paolo è pedagogica e per questo egli guarda a Cristo Gesù dal punto di vista esistenziale. Ed è interessante il percorso che egli presenta ai suoi discepoli, che è quello stesso sperimentato da lui: Paolo non ha conosciuto Gesù nella sua vita storica, ha incontrato il Cristo risorto (lo descriverà in modo meraviglioso nel cap.3 di questa stessa lettera), il figlio di Dio, ma non un mito. Cristo risorto è Gesù della storia, la persona, il nome "Gesù" che nella concretezza di ciò che ha fatto, è al di sopra di ogni nome: il percorso fatto da Paolo nella sua esperienza, che egli indica ai suoi discepoli va da Cristo-Gesù (v.5) al Signore Gesù-Cristo (v.11).
Paolo ha incontrato il Cristo che gli ha cambiato la vita: ma chi è il Cristo, l'inviato di Dio nel mondo? Se viene da Dio, deve essere l'immagine gloriosa di Dio, deve essere uguale a Dio: ma in che cosa consiste l'uguaglianza con Dio? La razionalità umana pensa che l'uguaglianza con Dio sia il liberarsi dei limiti, l'innalzarsi nella potenza. Il Cristo che Paolo ha incontrato e che gli ha fatto sperimentare il senso nuovo della vita ha fatto la scelta contraria, razionalmente incomprensibile: non ha voluto trascendere con le sue forze il limite umano per essere uguale a Dio; ha percorso invece tutto il cammino della condizione umana con tutto quanto ha di scandaloso e di assurdo: ha scelto di stare con gli ultimi, di essere l'ultimo, svuotandosi di se stesso fino alla morte e alla morte della croce (la Kenosi). Il Cristo che Paolo ha conosciuto è tale perché, svuotandosi completamente di sé ha aperto gli spazi all'Amore, solo all'Amore: il Messia, il Cristo non è colui che cambia miracolosamente il mondo, è colui che apre nella carne gli spazi all'Amore.
"Per questo" Dio lo ha innalzato: "per questo" non è il premio per la cosa buona fatta, ma è "per la logica" dell'Amore, la logica nuova di Dio. Tutto è grazia: quanto più l'amore si dona, si annienta, tanto più diventa grande; quanto più si abbassa e tanto più si innalza.
E questo non è una idea, un desiderio, un sogno, una utopia: è "Gesù", il "Dio salva", perché è questa persona che concretamente si è svuotato di tutto se stesso per essere per noi, con noi, in noi, come Luca descrive. E' Gesù che scegliendo di discendere perché affidato al Padre è innalzato e da Lui proclamato Signore "Gesù Cristo": spazio vuoto riempito di infinito. E' la fragilità riempita d'Amore: è l'Amore che ha bisogno della fragilità. E' la gloria di Dio.
Ai suoi discepoli Paolo offre la propria esperienza: è stato afferrato da Cristo, ha sperimentato che cosa significhi la misericordia, ha conosciuto la potenza di Cristo risorto che è la potenza della fragilità riempita dell'Amore.
Ai suoi discepoli Paolo annuncia che l'esperienza della fede è "vivere in Cristo", rivivendo in se stessi, ogni momento, in ogni scelta, la sua logica: la forza dell'Amore che diventa grande accettando di discendere.