Omelia (18-04-2004)
don Romeo Maggioni
Come il Padre ha mandato me anch'io mando voi

Le domeniche di Pasqua vogliono aiutarci a capire la presenza di Gesù in mezzo alla sua comunità, la Chiesa, perché essa lo sappia riconoscere vivo e ne continui con Lui la missione nella storia.
Il mistero della Chiesa sta tutto in questa presenza viva e attiva di Gesù risorto, e principalmente in quel momento della convocazione in cui facciamo memoria della sua passione e proclamiamo la sua risurrezione. Lì lo incontriamo realmente e personalmente presente nell'Eucaristia e lo riconosciamo come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio".
Ed è da lì, dalla messa, che ogni settimana, con la forza dello Spirito santo ricevuto, usciamo di chiesa per continuare la sua missione di riconciliazione e di carità: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".

1) LA CHIESA, LUOGO DELL'INCONTRO CON CRISTO RISORTO

La comunità cristiana è raccolta di domenica - è Pasqua, la prima domenica -, e poi la domenica successiva, e lì appare Gesù, coi segni della sua passione, ma ora vivo e glorioso. "Mostrò loro le mani e il costato, e i discepoli gioirono al vedere il Signore". Giovanni, qualche decennio più in là, "rapito in estasi, nel giorno del Signore", sente viva la presenza di Cristo risorto in mezzo alla comunità cristiana raccolta alla messa, e ne sente proclamare le prerogative ormai da Signore della storia e della vita: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (II lett.). San Luca dirà che proprio "nello spezzare il pane" i discepoli di Emmaus riconobbero Gesù vivo; appunto come noi oggi crediamo di incontrarlo nell'Eucaristia che ogni domenica celebriamo.

Il nostro è un riconoscerlo nella fede, fondati sulla promessa che Lui ci ha fatto: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20); sicuri di rendere presenti quei gesti che ci ha comandato di fare in sua memoria; certi del dono del Suo Spirito, modo ormai universale e personalizzato del suo essere in mezzo ai suoi. Ma una fede radicata in una testimonianza apostolica precisa e seria, quale oggi ce la conferma il dubbio di Tommaso: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito al posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Siamo uomini di fede, ma non creduloni, perché la nostra fede è fondata su fatti ed esperienze ben concrete. "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno".

E noi crediamo alla fine ad un corpo risorto, primizia e speranza per un nostro medesimo destino di risurrezione della carne. Ma c'è di più. Quando ad ogni messa ci viene presentato alla comunione: "Il Corpo di Cristo", che cosa è in sostanza che ci viene dato, se non la persona viva di Gesù risorto che in qualche modo si unisce a noi per assimilarci alla sua vita di Risorto? "Chi mangia di me, vivrà per me. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54-58). Ecco, la messa è il luogo dell'incontro con Cristo vivo, luogo del riconoscimento come Signore, luogo di una assimilazione progressiva a Lui per vivere come Lui da risorti per l'eternità.

2) LA CHIESA, LUOGO DELLA STESSA MISSIONE DI GESU'

Se Gesù risorto è con i suoi e si unisce a loro, è per inviarli a continuare nel mondo la sua stessa missione, come suo prolungamento visibile e universale nel tempo e nello spazio. "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". La Chiesa è "il Corpo" di Cristo, cioè lo strumento a Lui congiunto che lo incarna e nel cui nome agisce: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole..." (Mt 28,19). "Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me" (Lc 10,16). E proprio quella sera di Pasqua conferisce alla Chiesa il grande potere di rimettere i peccati: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".

L'autorità viene da Cristo, ma la forza le deriva dallo Spirito santo: "Ricevete lo Spirito santo". La Chiesa non agisce per propria capacità umana, e quindi per prestigio o potere, anche morale; ma la sua fecondità è dallo Spirito Santo che guida la Chiesa con la potenza della verità e della grazia, che fa miracoli e tocca i cuori. "Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli" (I lett.). Prodigi non meno vistosi anche oggi, nella storia dei popoli dove vediamo trasformazioni sorprendenti, certamente opera dello Spirito che lavora nei cuori sinceri; e nella storia personale di ognuno dove cresce l'adesione al Signore Gesù nella fede e nella carità: "Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore".
Ed è proprio nella carità che la Chiesa si dilata e diviene polo di attrazione: "Tutti erano soliti stare insieme, e il popolo li esaltava".

Anche oggi l'unico linguaggio ancora percepito come nuovo e trasformante, è la carità. Lo sentono i giovani che formano piccole comunità di comunione fraterna in mezzo ad un mondo giovanile slavato e disperso; lo sentono quei gruppi ecclesiali più vivi che, arricchiti nella comunicazione della fede, divengono poi capaci di apostolato e volontariato generoso. Lo dobbiamo vivere noi in quella carità spicciola di attenzione ai più deboli, sull'esempio di quella comunità primitiva che si prendeva cura dei malati "da portarli nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro".

Lo scopo finale dell'azione della Chiesa è uno solo: che tutti gli uomini "abbiano la vita nel suo nome", nel nome di Gesù, riconosciuto come il Cristo e il Figlio di Dio. "Perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome". Il Cristo vuol dire l'inviato di Dio come unica salvezza, come risposta all'attesa profonda dell'uomo; e Figlio di Dio significa che la vita che ci dà è di una pienezza che va al di là delle nostre stesse aspettative più esigenti, perché è vita da Dio!
Allora anche noi oggi, a messa, rinnoviamo la precisa e commossa professione di fede di Tommaso: "Mio Signore e mio Dio", e usciamo portando questa speranza a tutti i nostri fratelli bisognosi come noi di sicurezza e pienezza di vita.