Omelia (04-04-2004)
Paolo Curtaz
Il morire di Dio

Lettura della Passione dal Vangelo secondo Luca

Alla fine ci siamo arrivati, come ogni anno. Pronti o meno, consapevoli o meno, è finito il deserto, il tempo dell'essenziale, il tempo della riscoperta di un Dio bellissimo, che non punisce, ma come un Padre straordinario non giudica e fa festa con noi.
Dio diverso, Dio difficile da accettare, Dio esagerato.
E – come ogni anno – stacchiamo la spina, ci fermiamo davanti all'inaudito, all'inimmaginabile: giorno per giorno, in quest'ultima settimana, vivremo l'ultima settimana della vita del Maestro, ne celebreremo i sentimenti, ci siederemo a guardare, a stupirci, ad ascoltare.

Dio muore, amici, Dio muore.
In questa domenica leggiamo la narrazione intensa e vibrante che ne fa Luca, discepolo di Paolo. Lui non c'era, come noi, ma ad ascoltare le sue parole sentiamo quanto il mistero della morte di Dio lo abbia sconvolto. Ma questo mistero è ambiguo, difficile, rischiamo di perdere di vista l'essenziale. Conosco troppa gente che della Passione ritiene la crudezza dei fatti, che in questi eventi vi legge solo il proprio dolore proiettato e trasfigurato, troppo dolorismo nelle stanche prediche ad effetto di noi poveri preti. Non ho visto il film di Gibson. Ammiro il coraggio del regista, e ne rispetto il cammino di fede, lo andrò a vedere consapevole che ogni volta che affrontiamo questo tema ne usciamo perdenti. Perché non è la violenza al centro della Passione, ma l'amore. E l'amore si vive, non si rappresenta.

Perché Gesù muore, che bisogno c'era? Intorno a questa domanda ruota tutta la nostra fede.
Gesù viene a svelare il vero volto di Dio, il volto del Padre. Non è che l'ultimo tassello di una entusiasmante e originale storia d'amore fra Dio e il suo popolo, storia vissuta in prima persona da Israele tra alti e bassi. Un Dio che si racconta, che entra in relazione, che ama, che sostituisce quell'immagine connaturale ed oscura della divinità che portiamo nell'inconscio. Ma questa relazione vive momenti esaltanti, da Abramo, attraverso Mosè e Davide, fino ai Profeti, e momenti deprimenti, caratterizzati, il più delle volte, dalla fatica dell'uomo a restare fedele all'immagine che Dio svela di sé attraverso i Profeti.

Stanco, Dio diventa uomo.
Gesù è il vero volto di Dio, il raccontatore del Padre: ne parla, lo vive, lo canta. Lo canta con la sua vita, la sua serena parola, le sue vibranti provocazioni. Tutto di Dio, Gesù difende il Padre contro la visione gretta e approssimativa che ne abbiamo fatto. Ma non bastano i miracoli (ambigui), né la tenerezza (fragile), né la predicazione (controversa). Gesù arriva alla fine dei suoi intensi tre anni con un pugno di mosche in mano: l'umanità non ha capito. I suoi discepoli, preziosi e amati, sono fermi alla contraddizione del potere e della gloria e inchiodati al proprio (evidente) limite; i capi religiosi ne avvertono la forza destabilizzante; la folla segue il vento della moda: Gesù non ha alcuna possibilità di farcela, la sua scommessa è persa. Non è servito, non è bastato, non è sufficiente tutto l'amore che ha donato.
Forse aveva ragione l'avversario, là nel deserto: troppo ingenuo questo modo di operare. Davvero Dio pensava di trattare con gli uomini alla pari? Di aprire il loro cuore col sorriso? Di presentarsi vulnerabile?

La scelta da fare, ormai, è una sola: andarsene, rinunciare, gettare la spugna. Occuparsi – chissà – di un altro mondo, di altre creature che vivono a distanze siderali. Oppure...
Oppure lasciarsi travolgere, sparire, morire. Lasciare che le tenebre vincano, lasciare che le cose prendano la loro piega, osare. Osare fino a morire appeso ad una croce, fino all'eccesso.
Altro è dire: "Dio vi ama!", altro morire. Altro dire: "Il Padre vi perdona", altro pendere, nudo, da un palo. Una cosa parlare, un'altra urlare agonizzando; una cosa predicare, un'altra vivere fino in fondo ciò che si è predicato. Capiranno, gli uomini? O Dio sarà uno dei tanti sconfitti della storia, dimenticati?
La posta in gioco è immensa: l'esistenza stessa di Dio. Gesù accetta, rischia, si dona. Forse sarà tutto inutile, come insinua l'avversario nell'orto degli ulivi. Forse.

Luca racconta di questa passione come del dispiegamento della tenerezza di Dio. Gesù accetta la sua morte e tutto diventa luminoso: Pilato ed Erode diventano amici, il servo Malco, ferito all'orecchio da Pietro, viene restituito alla sua integrità, le donne di Gerusalemme sono consolate, in croce un ladro, disperato, incontra Dio. Tutto è tenerezza e pace e dono. Gesù muore affidando al Padre lo Spirito.
Ecco: Dio è evidente, ora. Osteso, mostrato, nudo. Dio è così, amici: arreso.
A noi, ora, la prossima mossa.