Omelia (14-04-2013)
padre Gian Franco Scarpitta
Apparso perché tutti risorgano con lui

Una volta risorto Gesù, i brani evangelici della nostra liturgia si concentrano sulle sue apparizioni. La volta scorsa si era riflettuto sull'apparire straordinario di Gesù davanti ai suoi apostoli nonostante le porte del cenacolo fossero chiuse, il suo presentarsi mani e piedi ai suoi assecondando poi le pretese di Tommaso che voleva assolutamente prove certe.
Nell'episodio di questa Domenica vi è una peculiarità in più: Gesù appare sempre nella sua gloria di Signore (tale infatti poi lo riconoscono i discepoli) e allo stesso tempo di uomo immerso nella sua contemporaneità, fra la sua gente, comunicativo "terra terra" con i suoi. Gesù è Dio che ha vinto la morte, dal corpo glorioso di elevata superiorità rispetto a quello di altri uomini, è il Signore della gloria che era stato crocifisso e adesso è risuscitato, tuttavia la sua manifestazione assume caratteri di concretezza e di immediatezza.
Questo si evince nella vivace narrazione di Giovanni, i cui particolari hanno fra l'altro una connotazione di significato profondo.
Osserviamo infatti come, mentre Pietro e gli altri hanno gettato le reti senza nulla raccogliere (cosa inverosimile in un braccio di mare come quello di Cafarnao), una persona "sconosciuta" grida loro dalla riva chiedendo qualcosa da mangiare. Chiede di condividere il pasto con loro. Ovviamente non per sua necessità: lui ormai, glorificato e nella pienezza dei favori divini, non necessita più di nutrimento né di altri bisogni fisici. La sua richiesta verte piuttosto a realizzare un incontro con questi poveri pescatori, forse ancora avviliti e disorientati poiché avevano già visto il Signore Risorto per altre due volte (questa era la terza) ma probabilmente erano ancora scossi e in preda agli interrogativi e allo sgomento, ai "perché'" e ai "cosa fare". Gesù vuole familiarizzare con loro, entrare nei loro cuori e condividere i loro problemi e le loro ansie, per cui, sebbene Signore Risorto non sottomesso a bisogni terreni, propone loro di interagire nella forma più piacevole e confortante: quella di un pasto insieme.
Anche se a chiedere da mangiare è lui per primo in incognito, il pranzo lo organizza lui stesso. Innanzitutto con l'intervento prodigioso con cui consente ai suoi una pesca improvvisa di vastissime proporzioni: la rete immersa nell'acqua su sua indicazione, viene ritirata a stento e trainata a fatica verso la riva, tanta è la quantità di pesci miracolosamente tratti dai flutti marini. In secondo luogo, Gesù fa trovare già la mensa pronta con pane e pesce, ai quali si aggiunge il pesce appena pescato e inizia il conviviale pasto. Intanto i discepoli, Giovanni e Pietro in primis, hanno riconosciuto in quel personaggio prima oscuro e misterioso, il Signore e si sono affannati a seguirlo in tutto quanto.
Ratzinger, collegando questo pranzo in riva al mare con un episodio analogo riportato da Luca, osserva che il "sedere a tavola", pratica usuale per realizzare le alleanze e i patti nell'Antico Testamento, può essere tradotto con "mangiare del sale", il cui significato è allusivo di durevolezza, di solidità e di radicalità. In altre parole si vuol dire che con questo pasto Gesù si propone come garanzia duratura e vincolante per i suoi discepoli che a loro volta si dispongono nei suoi confronti con altrettanta intenzione di radicalità e di perpetuità. Si stabilisce insomma fa Gesù Risorto e i suoi un rapporto di amichevole familiarità e di reciproca appartenenza per sempre e tale rapporto fonderà il criterio perenne di vita e di sequela di quanti si assoceranno a Cristo. Una relazione impostata però sulla fiducia, sulla stima e sulla mutua appartenenza che deve escludere ogni forma di servilismo e di timore.
Gesù Risorto infatti si propone ad ogni uomo - lo abbiamo detto in precedenza- come il Signore vittorioso ed esaltato, come il glorioso che ha vinto la morte e sarà innalzato su tutto e su tutti, ma non per questo rifiuta di avvicinarsi a noi nell'amicizia, nell'unione e nella familiarità disinvolta. Gesù Risorto entra nel nostro animo, lo conquista e chiede che anche noi realizziamo la stessa conquista di lui. Come dirà Paolo, "per me il vivere è Cristo"(Fil 1, 21) il che vuol dire fare di Cristo il mio riferimento totalizzante, il mio possesso esaustivo in conseguenza del fatto che lui stesso mi ha raggiunto e posseduto.
Il "mangiare del sale" è richiesto quindi a chiunque voglia fare esperienza duratura del Risorto, a chiunque lo voglia deliberatamente accettare e questo è vocazione universale che tutti ci riguarda. Appropriarci di Cristo e vivere in lui e per lui è richiesto a tutti coloro che, battezzati, sono risorti con lui a nuova vita e nella comunione vivono di Lui nella compagine della Chiesa. Nella comunione ecclesiale vi è infatti la possibilità di vivere la suddetta unione vincolante con il Risorto che nello Spirito Santo ci raduna nella Cena domenicale nutrendoci di se stesso e della sua Parola mentre noi realizziamo la condivisione con lui e fra di noi. Al contempo, la Chiesa estende questa comunione a tutti gli uomini, raggiunge tutti con la Buona Notizia del Risorto e tutti accoglie nel suo ambito di comunione e di salvezza.
Se torniamo infatti al contenuto della miracolosa pesca, essa conta ben 153 pesci di varie dimensioni per i quali comunque la barca di Pietro si regge a stento. Secondo gli esegeti si tratta di un numuero simbolico che indica l'universalità del popolo di Dio: le "reti" della Chiesa sono state gettate su mandato del Risorto e hanno accolto innumerevoli quantità di gruppi, etnie, culture da ogni parte della terra (del mare) e la salvezza è diventata un fatto universale. La Chiesa, scaturita dal sangue di Cristo sulla croce e fondata sugli apostoli, presente il Signore Risorto nella sua storia raccoglie a sé tutti i popoli che in Cristo diventano uno solo (Gal 3, 28).
Ma alla Chiesa Cristo vuole anche assicurare un pastore visibile che confermi nella fede i suoi fratelli e si ponga al particolare servizio della comunione ecclesiale ed è per questo che riabilita Pietro nella sua funzione di pascere pecore, capri e agnelli, essendo così a capo dell'intero popolo di Dio. La funzione di Pietro (protratta dai vari pontefici nella storia) non sarà sostitutiva di quella di Cristo, ma sarà di essa vicaria e verterà ad una funzione di speciale servizio e riverenza nei confronti di tutti i fratelli, che avranno in lui una guida e un pastore. In Pietro e nel suo ministero si realizza l'unità della Chiesa e la sua prosecuzione a realizzare la salvezza degli uomini; tale è la proprietà di cui è apportatrice la risurrezione, che a sua volta viene significata e universalizzata dalle apparizioni.
Queste non hanno una mera funzione di esibizionismo da parte del Cristo, ma vogliono renderci tutti partecipi del fatto stesso che lui è Risorto, innanzitutto chiedendoci nella fede l'atto di accoglienza di questa verità. In conseguenza di ciò, il Risorto ci invita a configurarci con lui perché anche noi sulla sua immagine viviamo da risorti, quindi a vivere la stessa ottica di gioia nella risurrezione fra di noi e con gli altri. Le apparizioni insomma fanno sì che assieme al Cristo possa risorgere anche tutta l'umanità.