Omelia (07-04-2013) |
don Giovanni Berti |
Siamo il miracolo di Dio Clicca qui per la vignetta della settimana. Uno dei film che amo molto vedere e rivedere è "Millions" di Danny Boyle (il famoso regista inglese che ha anche curato l'apertura dei giochi olimpici a Londra). Si narra di una famiglia composta di due ragazzi che hanno appena perso da poco la mamma, e vivono con il papà vedovo in una nuova casa. Il bambino più piccolo Damien, di 9 anni (protagonista del film) ha delle visioni di santi che lo aiutano nella sua storia. Ad ogni santo che gli appare, dopo che questi lo ha aiutato, Damien chiede sempre se ha visto lassù in Paradiso una nuova arrivata che è la sua mamma. Tutti gli dicono che in Paradiso ci sono un sacco di persone e che si interesseranno al suo caso... Ad un certo punto della storia la mamma appare al bambino per consolarlo. Lui le chiede se è riuscita ad andare in Paradiso, e lei risponde che per andare là bisogna aver superato dei rigidi controlli e aver fatto almeno un miracolo. Il piccolo figlio si fa scuro in volto e pensa che allora la sua mamma non ha superato la selezione e non è entrata in Paradiso. Lei gli sorride, e abbracciandolo ancor più stretto gli risponde: "E' tutto a posto, sono in regola. Io il miracolo l'ho fatto, e sei tu". Mi è venuta in mente questa scena pensando alle ultime parole dell'evangelista alla fine dell'episodio, e che secondo gli studiosi sono la prima vera conclusione del Vangelo di Giovanni, Vangelo che poi ha subito una aggiunta con il capitolo 21. Quelli che noi chiamiamo miracoli, Giovanni nel suo vangelo li chiama più correttamente "segni", perché non sono gesti che vogliono solamente stupire e impressionare, ma sono indicatori di qualcosa che va oltre il gesto. Le azioni miracolose che Gesù compie sono appunto segni che indicano Dio. Giovanni fa un accenno a molti altri segni miracolosi che sono stati compiuti da Gesù e che hanno rafforzato la fede non solo del dubbioso Tommaso, ma anche degli altri discepoli. I segni raccontati nel Vangelo sono li per la nostra fede, perché noi abbiamo bisogno di questi segni. La fede infatti non è una adesione intellettuale frutto di ragionamenti astratti, ma si basa sull'esperienza e la vita. Gesù che muore e risorge è il grande segno-miracolo compiuto da Dio perché si creda che davvero Gesù è Figlio di Dio e che la vita vince sulla morte. Apparendo vivente ai suoi amici che lo credevano perduto per sempre, Gesù dà un segno forte che li rimette in moto e dà nuova fiducia. E quali sono i segni per noi? Dove possiamo trovare anche noi questi segni che vincono i nostri comprensibili dubbi e fanno risorgere la nostra povera fede? Il primo segno è proprio il Vangelo che racconta di Gesù e dei suoi primi amici. Questo racconto ha attraversato i secoli e ancora oggi è punto di riferimento per chiunque cerca Dio nella propria vita. Ma questo segno evangelico non è giunto a noi da solo, ma lo abbiamo in mano per mezzo dell'altro grande segno di Dio che è la comunità dei credenti: la Chiesa. La Chiesa ha raccolto la testimonianza di Gesù, e prima l'ha scritta, e poi tramandata nei secoli. La trasmissione della testimonianza di Gesù è avvenuta non in modo sterile, con la semplice trascrizione di un testo, ma con la vita. Infatti i cristiani sono diventati essi stessi dei segni viventi di Gesù. Con la loro vita, spesso anche a prezzo del sangue, hanno fatto vedere che credere in Gesù morto e risorto non è cosa inutile, ma trasforma il mondo. Gesù infatti, tra le ultime cose che dice ai suoi amici, li invita a rimettere i peccati. E' chiaro fin da subito che è nel loro perdono che si può avvertire il perdono stesso di Dio. Non è dunque un "potere" quello che Gesù risorto dà ai suoi discepoli, ma una "responsabilità". La Chiesa è chiamata ad essere segno del perdono di Dio senza essere ostacolo a tutti coloro che cercano Dio. Come la mamma di Damien dice al suo piccolo figlio, siamo proprio noi il più grande miracolo-segno di Dio. Questo è il nostro dono e la nostra responsabilità come cristiani: essere segni del perdono e dell'amore di Gesù verso tutti gli uomini affinché possano credere o ritornare a credere in Dio. Abbiamo davvero un compito grande con le nostre piccole azioni quotidiane che devono contenere sempre di più tracce del Vangelo. Non siamo chiamati a fare miracoli ma siamo chiamati a disseminare di segni evangelici quello che diciamo e facciamo ogni giorno. In questo modo, il racconto del Vangelo si dilata oltre lo scritto che è giunto a noi nei secoli, e diventa attuale e continuamente scritto e riscritto, da noi. Clicca qui per lasciare un commento |