Omelia (10-04-2013) |
Riccardo Ripoli |
Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere I ladri agiscono di notte, gli stupratori in luoghi appartati, gli assassini lontani dalle telecamere di sorveglianza perché sanno che stanno compiendo azioni malvagie e non vogliono essere visti. Quando qualche scafista o spacciatore viene intervistato in tv da giornalisti in cerca del servizio sulla criminalità accetta solo gli oscurano il viso e camuffano la voce. Chi viceversa fa del bene e segue buoni principi si manifesta davanti a tutti senza timore né vergogna, anela a parlare delle sue esperienze per tramettere la gioia e la passione che sono così vivi in lui. Più parla e più vorrebbe raccontare perché crede veramente in quello che fa. Con i ragazzi ormai ho imparato a carpire ogni singolo gesto e vedo subito se mi stanno mentendo, se sono timorosi o se hanno combinato qualcosa di sbagliato. Spesso lascio perdere, non li contraddico, non li brontolo, ma cerco di far loro capire che ciò che stanno facendo è sbagliato, accendo una luce per mostrare la strada da prendere, lascio che siano loro a capire l'errore e andare verso la fonte di calore. I miei ragazzi molto spesso si incamminano sul sentiero illuminato, titubanti, ma al contempo fiduciosi in chi sta loro mostrando una via di uscita da una certa situazione. Purtroppo non è così fra gli adulti. C'è sempre la paura di essere giudicati nel nostro insieme per un errore fatto e ci rifugiamo nel nostro dolore, ci rinchiudiamo sempre più fino ad isolarci e se qualcuno ci mostra la luce, ci chiama a raccolta, lo ignoriamo, facciamo finta di non aver né visto né sentito, e restiamo nelle tenebre. Ci fortifichiamo nel nostro errore e aspettiamo tempi migliori, non pensando che quel male che abbiamo ci cova dentro e ci mangia come un tarlo, portandoci a fare gesti che possano far soffrire il prossimo. |